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 2009  settembre 02 Mercoledì calendario

«AGNELLI EVASORE? FANGO»

Lo scorso anno,in un’intervista a margine della sua partecipazione alla riunione romana dell’Aspen, lo definì «un patriota italiano», e a quella definizione è rimasto attaccato. Secondo Henry Kissinger, vispo a dispetto dei suoi 86 anni, è la miglior sintesi per un personaggio che nella vita ha sempre coniugato l’attaccamento al suo paese con la vocazione internazionale. «Atlantica e transatlantica», precisava allora l’ex segretario di Stato di Richard Nixon, il vituperato Nixon che adesso persino l’economista liberal dei New York Times Paul Krugman ha provato a rivalutare tirando fuori una sua vecchia proposta di riforma della sanità. Che Kissinger sia stato grande amico di Gianni Agnelli lo si sa da sempre, visto che i due si sono frequentati assiduamente (e molto anche pubblicamente) per oltre un trentennio. La notizia è che adesso l’ex segretario di Stato ha deciso di venire allo scoperto, in questa che è la sua prima intervista sul tema, per difenderne la memoria. «Deeply sad», profondamente rattristato, spiega «dal modo in cui la si sta infangando».
Gianni Agnelli evasore fiscale. C’è qualcosa del suo amico che anche lei ignorava o nel tritacarne che è diventata l’Italia è finito anche il suo imprenditore più rappresentativo?
Per me resta un grande italiano, uno dei più grandi che il vostro paese possa vantare. Che tristezza se ne parli così. Personalmente lo ricordo come un uomo di molto coraggio e fantasia. E poi un convinto europeista e atlantista, uno che sapeva coltivare le relazioni mostrando competenza e lungimiranza.
Quando vi siete conosciuti?
Nel 1969, quando ho accompagnato l’allora presidente Richard Nixon nel suo viaggio in Italia. L’ho incontrato allora e mi ha fatto subito una grande impressione.
E com’è che poi siete diventati così amici?
Cosa vuole, ci siamo intesi fin da subito. C’era una forte complicità e una visione culturale comune.
Gli piaceva averla come ospite.
Sì, ho speso molti giorni a casa sua in Italia e qui a New York. Ma quello che forse lei non sa è che per vent’anni ci siamo telefonati tre volte alla settimana.
Di che cosa parlavate?
Parlavamo di tutto, ma soprattutto di politica, di rapporti internazionali. Era talmente disinteressato che mai una volta mi ha sfiorato l’idea che possa aver fatto quello di cui oggi la figlia lo accusa. E poi non è concepibile.
Che cosa?
Mi lasci dire che sono addolorato si getti fango su di un amico che non può difendersi.
La memoria storica la stanno difendendo John Elkann e Gabetti, gli avvocati lo difenderanno in tribunale dalle accuse della figlia.
Perché, come lei sa, tutto è partito da Margherita.
Sì, e pensare quanto lui l’ha amata e protetta.
L’amore è un conto, i soldi un altro. Lei che lo conosceva così bene ha mai avuto il sospetto che Gianni Agnelli avesse accumulato una provvista all’estero, si parla di un miliardo di euro, sottraendola agli occhi del fisco?
A me non ha mai detto nulla, e certo non era tenuto a farlo. Però se così fosse sarei attonito, incredulo, perché non era da lui. Non è uno che ha vissuto per i soldi. Agnelli evasore fiscale? Non ci credo neanche se lo vedo.
Allora come spiega l’accanimento di Margherita?
Infatti non me lo spiego. Forse si aspettava qualcosa che non ha avuto, che Gianni lasciasse tuttoa lei. Ma il fatto che suo padre le volesse bene non gli aveva impedito di essere obiettivo. L’aveva detto sin da subito che non poteva essere lei a ereditare la gestione operativa delle aziende, Fiat in primis.
Gli eredi dell’Avvocato furono due. Prima il povero Giovannino Agnelli, lo sfortunato figlio di Umberto, poi suo nipote John.
Sì, quando morì Giovannino il designato fu John. E non a caso l’Avvocato chiese al suo amico Jack Welch, il capo della General Electric, di prenderselo un anno sotto le sue cure.
Cosa rimprovera a Margherita?
Di non capire che suo padre amava la famiglia e aveva un grande senso di responsabilità per quello che rappresentava.
Amava anche tante altre cose, essendo uomo di mondo. Però in effetti finché è vissuto è sempre riuscito a tenere unito il numeroso casato.
Margherita dovrebbe riconoscerlo, e ammettere che suo padre non ha fatto distinzioni ma che ha sempre operato per il bene di tutti gli Agnelli.
E se invece avesse ragione?
Io credo lei non abbia ragione. Ma vede,c’è anche un altro aspetto.
Quale?
Questa lite rischia di gettare discredito su una famiglia la cui storia centenaria si confonde con quella dell’industria italiana. La cosa rattrista me e i tanti amici dell’Avvocato con cui ogni tanto mi sento. Speriamo si risolva presto.
Visto l’andazzo mi sembra solo un auspicio.
Allora che duri almeno sino al punto di non compromettere tutto. L’uomo non merita il fango che qualcuno gli sta gettando addosso.