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 2009  luglio 02 Giovedì calendario

Omicidi, atten­tati, ferimenti, minacce ed estorsioni, furti e rapine, falsi­ficazioni ed evasioni: non c’è molto che l’Eta si sia fatta mancare dal codice penale, in 50 anni di esistenza

Omicidi, atten­tati, ferimenti, minacce ed estorsioni, furti e rapine, falsi­ficazioni ed evasioni: non c’è molto che l’Eta si sia fatta mancare dal codice penale, in 50 anni di esistenza. Ma il nar­cotraffico ancora non risulta. Perlomeno non al ministro de­gli Interni spagnolo, Alfredo Perez-Rubalcaba, che ieri si è trovato nell’incomoda posizio­ne di dover scagionare la ban­da armata basca da una delle accuse formulate il giorno pri­ma dallo scrittore Roberto Sa­viano: i terroristi riceverebbe­ro cocaina dalle Farc, i rivolu­zionari colombiani, per scam­biarla con le armi e l’appoggio della Camorra napoletana. Ma gli investigatori spagnoli nega­no di aver mai trovato tracce di questo patto trilaterale o del passaggio di partite di dro­ga nei covi, nelle carte o nelle confessioni dei detenuti. Invitato all’Università Me­nendez Pelayo di Santander per un seminario dal titolo «Scrittore e cittadino di fronte all’impegno», Saviano ha fat­to riferimento a indagini del Dipartimento Antimafia che avrebbe scoperto le nozze d’in­teresse tra l’Eta, le Farc e la Ca­morra: un intreccio che con­trasta con la faccia austera del­la lotta indipendentista. E di cui gli stessi terroristi baschi si vergognerebbero: «Agisco­no come un’organizzazione paramafiosa – aveva detto l’autore di Gomorra ”, ma si presentano come un’organiz­zazione politica, diffondendo un discorso moralista». Inve­ce non sarebbero migliori dei clan mafiosi o dei talebani che non ammettono di avere le mani e le tasche sporche di op­pio e derivati. A Madrid la sorpresa del mi­nistro degli Interni, ieri, aveva invece tutta l’aria di essere ge­nuina: «Non abbiamo alcuna prova che l’Eta si finanzi con il traffico di cocaina», ha assicu­rato Rubalcaba, ammettendo però che la «teoria generale» dello scrittore italiano, secon­do il quale le mafie si dedica­no a qualunque tipo di com­mercio per prosperare, «è per­fettamente credibile». Quanto è difficilmente negabile che molti «padrini» italiani si sia­no installati in Spagna e da qui dirigano i loro affari inter­nazionali: «Negli ultimi anni ne sono stati catturati almeno dieci» ha ricordato lo scritto­re, convinto che la Spagna sia «più infettata dalla mafia di quanto non si renda ancora conto». Dall’università della Canta­bria, Saviano aveva insistito sulla necessità di seguire pro­prio la pista economica per ar­rivare al cuore dell’Eta, come di qualunque altro clan mafio­so, perché dal sistema di fi­nanziamento di una banda di­pende anche il suo controllo del territorio. Ma in queste ore le indagini spagnole sono concentrate su altre urgenze: rintracciare al più presto Mai­te Aranalde, l’«etarra» liberata per una svista giudiziaria del­le autorità francesi e già torna­ta in clandestinità.