Marco Zatterin, la Stampa 02/09/2009, 2 settembre 2009
Successe cinque minuti prima che la corazzata Schleswig Holstein tirasse contro la guarnigione polacca che difendeva la fortezza sulla penisola di Westerplatte a Danzica
Successe cinque minuti prima che la corazzata Schleswig Holstein tirasse contro la guarnigione polacca che difendeva la fortezza sulla penisola di Westerplatte a Danzica. Il cartello stradale che oggi augura «Benvenuto a Wielùn», cittadina del Voivodato di Lodz, esibisce l’ora con precisione: «4.40». E’ l’attimo in cui gli orologi della chiesa si fermarono a causa di quello che gli storici hanno definito il «primo bombardamento terroristico della storia». Non c’erano obiettivi militari da colpire, nulla di strategico. Solo civili, gente che in nessun modo avrebbe potuto rappresentare una minaccia per il nemico. Fu un’azione a tappeto. Cancellò il 75 per cento dell’abitato e uccise 1300 persone, un decimo della popolazione. Il doppio di Guernica. In qualche modo, però, l’orrore è rimasto ai margini della Storia ufficiale, tanto che ieri i leader hanno celebrato il 70° anniversario dell’ultima guerra a Danzica, dove il primo passo degli unni nazisti fu decisamente meno sanguinoso. Lo storico polacco Tadeusz Olejnik ha una teoria: «Persino i comunicati ufficiali che la Difesa diffuse a Varsavia dopo il primo settembre non menzionano Wielùn. Dev’essere che la città fu così pesantemente colpita che la notizia non riuscì ad arrivare nella capitale. E la lacuna non è mai stata colmata». Questione di approccio, a dir la verità. L’episodio di Westerplatte ha un valore iconico perché 180 soldati polacchi resisterono strenuamente per una settimana contro 3.500 tedeschi. Fu un atto di grande eroismo. «Non dev’essere una sfida fra Wielùn e Danzica - dice il sindaco della cittadina, Mieczyslaw Majcher -. Quella fu la prima vera battaglia, il nostro fu il primo bombardamento». Se però se ne vuole fare una questione di tempo, non ci può essere contestazione. I bombardieri sono arrivati prima delle cannonate della corazza del Fuehrer. «Non avevamo fabbriche né caserme - insiste il settantaquattrenne Olejnik -. Il Reich aveva i migliori bombardieri del mondo, erano precisi, potevano colpire esattamente dove ritenevano opportuno. Qui non centrarono la stazione, l’ufficio postale, il municipio o i ponti, ma solo le abitazioni in modo indiscriminato». Perché? «Perché la dottrina della guerra lampo conteneva un forte elemento psicologico: seminare panico, generare caos, riempire le strade di profughi in fuga». Forse non è casuale che tra i piloti dei bombardieri ci fossero anche dei veterani della Legione Condor che aveva distrutto Guernica. Fu un massacro senza ragione, che tutti in città vorrebbero fosse ricordato. Almeno in Polonia, dice il sindaco Majcher, «bisognerebbe che nessuno chiedesse "che cos’è Wielùn?"».