Lucia Annunziata, la Stampa 02/09/2009, 2 settembre 2009
DONNE SULL’ORLO DEL CRAC
Due donne sull’orlo di una crisi. Non di nervi, come abitudine vorrebbe, ma, più banalmente sia pur più drasticamente, di crisi finanziaria. Anche di questi dettagli è fatto il grande buco nero della crisi americana che ha mangiato insieme alla economia degli eccessi, anche i suoi simboli, teorie, sacerdoti e sacerdotesse.
Parliamo di Annie Leibovitz, fotografa, e Anna Wintour, direttore di Vogue America, due imperatrici, in modo diverso, di uno dei settori più rilevanti del business mondiale; due grandi intellettuali - ebbene sì, lo sono davvero - che hanno dato forma al nostro mondo; nonché due delle donne più di successo che oggi si conoscano. Entrambe rischiano di essere rovinate dalle loro stesse esagerazioni, ritornate, come nemesi, a divorarle. Storia squisitamente finanziaria, che nel risvolto rivela - come nei migliori romanzi dell’appena deceduto Dominick Dunne, scrittore «sociale», cioè bardo di quello stesso mondo dell’economia dell’eccesso - i vizi e le fragilità degli Dei.
Annie, perfezione ed eccessi
La più in difficoltà delle due è Annie Leibovitz, il cui fallimento, in senso tecnico, ha una scadenza precisa, l’8 settembre. Il dissesto finanziario è molto semplice: nonostante gli enormi guadagni (per esempio, solo da Vogue - diretta appunto da Anna Wintour - prende 2 milioni di dollari annui) il suo stile di vita le ha fatto accumulare un debito tale da averle fatto far ricorso a un prestito di 24 milioni di dollari presso la società Art Capital Group (Acg), considerata una sorta di strozzino ufficiale nel mondo dell’arte, che presta soldi con interessi fra il 6 e il 16 per cento.
Nel caso, come sembra, che la società non accordasse un prolungamento del prestito, il patrimonio della Leibovitz, stimato intorno ai 50 milioni di dollari, sarà venduto. Cosa abbia portato questa celebre fotografa alla rovina pare sia, nei salotti di New York, il pettegolezzo del giorno. La Leibovitz, fotografa di cui tutti nel mondo hanno visto almeno una foto, per esempio il ritratto nudo di John Lennon e Yoko Ono scattato appena prima che il Beatle venisse ucciso, o l’altro nudo di Demi Moore incinta, o Whoopi Goldberg in un bagno di latte, o la castellana Elisabetta II chiusa in una cappa che sa più di difesa dal freddo che segno di indole reale.
Prigioniera del suo personaggio
Niente che non fosse meno che perfetto, si racconta, ha mai fermato il suo lavoro. Cifre da 50 a 100 mila dollari a servizio; all’insegna del tutto si può, come far chiudere per un intero giorno Versailles per fotografare Kirsten Dunst come Marie-Antoinette. Ma non è stato solo l’amore per la perfezione a rovinare la Leibovitz, come ha rivelato poco tempo fa il settimanale New York Magazine. La giovane fotografa alternativa che sedusse tutta New York nei primi Anni Ottanta con la sua austera e angolosa figura, si è trasformata nel corso degli anni «in uno dei suoi stessi soggetti», un personaggio in cui tutto fosse magnifico, dalle ben tre case tutte collegate a Manhattan, all’appartamento sulla Senna a Parigi per la sua amante di una vita, la scrittrice Susan Sontag, morta nel 2004.
Uno spuntino da 5000 dollari
Soldi come spiccioli, ed eccesso come perfezione, sono sempre stati il credo anche dell’altra protagonista di cui parliamo Anna Wintour, molto più potente della Leibovitz essendo l’imperatrice della moda nel mondo. La sua non è una bancarotta personale, ma uno sguardo che per la prima volta deve prendere atto della realtà. Il gruppo che pubblica Vogue e Vanity Fair, Condé Nast, come tutti i media ha risentito della caduta di pubblicità e ha ordinato tagli del 15 per cento per le sue riviste. Per la prima volta, inoltre, l’editore ha inviato nelle sacre sale di Vogue un team di esperti finanziari incaricati di fare un revisione dei costi, anticipando nuove «razionalizzazioni» nelle spese.
Uno smacco sicuro per una rivista che negli anni recenti ha fatto del lusso l’indicazione della sua impeccabilità. Giusto per fare alcuni esempi dei costi: un servizio fotografico di Vogue può venire a costare fino a 150 mila dollari - con 5000 dollari solo di cibo e bevande per il team sul set. Di questi servizi la Wintour ne ha per altro strappato più di uno. Tra i benefit del direttore di Vogue ci sono 200 mila dollari annui per i vestiti. Naturalmente sono cifre-noccioline se si pensa a quanti introiti la moda assicura in pubblicità. Ma ora che c’è la crisi? Pare che persino a Condé Nast si pongano la domanda.
Paradossalmente per la Wintour è stato proprio il documentario che doveva celebrare il suo trionfo ad averne sottolineato il cambio dei tempi. Il film si chiama «The september issue» e l’autore documenta il lavoro per fare il favoloso numero del settembre 2007 di ben 840 pagine, un vero e proprio volume. Destino ha voluto che il documentario venisse presentato oggi, in coincidenza con il numero di settembre del 2009 che coincide con una caduta pubblicitaria del 37 per cento.
Celebrazioni sul Titanic
Altro segno dei tempi, in questo numero settembrino si presentano capi meno costosi, di circa duemila dollari l’uno. Visto oggi, ironizza il New York Times, il documentario racconta in realtà la felicità del Titanic.
Eppure, la crisi di queste due donne, attira l’attenzione su un ulteriore aspetto di quella vera e propria rivoluzione della sensibilità sociale, che quotidianamente viene rimodellata dentro la crisi economica.