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 2009  settembre 02 Mercoledì calendario

«NOI, I FUTURI DINOSAURI. LA LEGGE DELLA TERRA»


Il pianeta Terra è tutt’altro che ospitale. Fa esplodere le forme di vita più diverse e con altrettanto entusiasmo le spazza via. Nell’ultimo mezzo miliardo di anni - per quel che sappiamo - ha inscenato 5 colossali tragedie e nessuno ha le idee chiare sul futuro. Saremo i prossimi dinosauri? Ciò di cui si sta convincendo Adrian Melott, astronomo e cosmologo della University of Kansas, è che non ci sia nulla di casuale. Siamo, come tutti gli organismi passati, presenti e futuri, intrappolati in un ciclo condannato alla ripetizione, come nelle terrificanti mitologie azteche e maya. Ed è convinto anche di aver trovato una possibile spiegazione.
Professore, secondo la sua più recente teoria, quanto dura ogni ciclo vita-morte?
«Circa 62 milioni di anni».
E’ vero che l’idea le è venuta da una ricerca pubblicata su «Nature» nel 2005?
«Sì. Gli autori, Robert Rohde e Richard Muller dell’università di Berkeley, ipotizzavano una variazione periodica del boom e del crollo della biodiversità. Lo deducevano dalle ricerche condotte sulle testimonianze fossili».
Ma all’inizio lei aveva associato a questi «alti» e «bassi» anche una ragione astronomica: è così?
«Sì. Era legata al periodico aumento dei raggi cosmici in rapporto all’orbita che il Sole traccia nella Via Lattea. Ma ora l’idea non mi convince più».
E ne ha appena presentata un’altra.
«Esatto. E’ tutto cambiato. Abbiamo individuato nuovi indizi legati a un periodo ricorrente di circa 62 milioni di anni».
Quali sono?
«Il primo è il ritmo di deposizione dei sedimenti delle conchiglie marine, mentre il secondo è l’analisi del tasso di decadimento degli isotopi utilizzata dai geologi per misurare il grado di erosione dei continenti».
E quindi?
«C’è un’evidente correlazione tra l’intensità di questi ritmi e le variazioni violente della biodiversità. Quando si mettono insieme i tanti dati che provengono da una lunga serie di studi, si scopre - ed è questa la mia deduzione - che ciò che sta alla base del ciclo di 62 milioni di anni è il cosiddetto ”uplift”».
Lo spieghi.
«E’ la crescita dell’altezza dei continenti rispetto al livello degli oceani».
Lei è un astronomo: come hanno reagito i geologi?
«Questa conclusione è recentissima e finora l’ho discussa in pubblico una volta sola, ma le reazioni sono state piuttosto positive».
Che cosa causerebbe l’«uplift»?
«Molti dati ne confermano l’esistenza, ma la causa è ancora da individuare. Con ogni probabilità è legata a un meccanismo interno alla Terra».
Come il fenomeno della deriva dei continenti?
«E’ una possibilità».
Perché sarebbe così importante?
«Sappiamo che gli habitat migliori per la vita sono quelli marini, soprattutto nelle acque basse, e infatti la maggior parte delle testimonianze fossili proviene proprio da questo tipo di ambiente. Ogni volta che i continenti si innalzano, queste zone vengono distrutte e quindi vengono annientate anche tutte le creature che le popolano».
L’innalzamento è stato misurato?
«Non abbiamo ancora cifre certe, ma è sufficiente una variazione di appena mille metri per cancellare la maggior parte degli habitat».
Per quante volte il ciclo si è ripetuto? Per 5, come per le grandi estinzioni?
«In realtà, di più. Le testimonianze raccolte indicano la successione di 9 cicli».
A partire da quando?
«Da circa 500 milioni di anni fa e cioè da quando disponiamo di convincenti prove fossili. Per i periodi precedenti non è possibile raccogliere indizi».
E adesso, invece?
«Ci troviamo ancora nel nono ciclo».
A che punto?
«Potremmo essere all’incirca nel mezzo: lo si deduce dal brusco calo in corso della biodiversità».
E l’«uplift»?
«Si stanno raccogliendo dati geologici secondo i quali sta proseguendo».
In realtà, vi mancano ancora tante informazioni.
«E infatti il mio prossimo obiettivo è migliorare la loro risoluzione temporale».
Altri studiosi hanno imputato alle estinzioni di massa cambiamenti violenti del clima: l’«uplift» dei continenti può aver contribuito?
«Potrebbe, ma il clima è un processo di enorme complessità e non ho voluto inserirlo nelle mie ricerche».
E le cause astronomiche?
«Non le ho eliminate, ma sono tutte da riconsiderare. In primo piano, intanto, resta l’oscillazione periodica up and down».