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 2009  settembre 01 Martedì calendario

CALABRIA, BUCO DA 2 MILIARDI DI EURO


«Non diciamo no agli i­spettori inviati dal mi­nistro Sacconi. Che vengano pure a verificare: oltre alla sanità che non funziona - e che forse per colpa di qualche singolo ha pro­dotto le vittime di questi giorni - , tro­veranno anche realtà e medici d’ec­cellenza. E non diciamo no neppure al commissariamento: chiediamo so­lo che, prima di farlo, il ministro Sac­coni e l’esecutivo vaglino con atten­zione il Piano regionale di rientro dal debito, che presenteremo al governo il 10 settembre, prima della scadenza dei settanta giorni accordatici. Vo­gliamo solo essere trattati come le al­tre Regioni, le quali ci hanno già ma­nifestato la propria solidarietà chie­dendo al governo di ritirare il decre­to. Se poi l’esecutivo, una volta va­gliato il Piano, non lo dovesse trovare convincente, che ci commissarino pure. Non ci opporremo». Replica co­sì il presidente della regione Calabria, Agazio Loiero, al ministro del Welfa­re, Maurizio Sacconi, che sabato ave­va annunciato che la sanità calabre­se sarebbe stata presto commissaria­ta per via del deficit del settore. Un ’buco’ gli advisor del governo hanno stimato sui 2 miliardi e 165 milioni di euro, ai quali però andrebbero detratti 500 milioni che la Regione deve rice­vere dallo Stato. «Chiuderemo i piccoli ospedali». A motivare il commissariamento non sarebbero stati i controversi decessi di pazienti, quanto il deficit abissale. «Il guaio – spiega Loiero – è che il de­bito cresce per via degli enormi inte­ressi passivi. E, a quanto pare, alla Ca­labria i milioni di euro del cosiddetto ’fondino’ potrebbero non toccare, perchè dal 2005 vi hanno attinto ab­bondamente altre Regioni. Quindi il piano di rientro dovrà prevedere ne­cessariamente tagli». In Calabria ci so­no 39 ospedali, alcuni piccolissimi ma con molti dipendenti. Verranno chiu­si? « sempre un trauma chiudere un ospedale, ma inevitabilmente qual­cuno dovrà essere chiuso. Quelli mol­to piccoli, ad esempio, che sostiture­mo con ’case della salute’». Cioè? «Strutture agili con una quindicina di medici e macchinari mobili per la dia­gnostica. Meno personale, ma più ef­ficente ». E la ”ndrangheta? Come si farà a tenere lontani i suoi appetiti dai bilanci ospedalieri? «Anche sulla tra­sparenza e contro la criminalità stia­mo facendo molto: la stazione unica appaltante regionale, guidata dall’ex magistrato antimafia Boemi, presto esaminerà gare d’appalto per 150 mi­lioni di euro, proprio nel settore sani­tario ». Inchieste sulle morti sospette. In­somma il presidente Loiero è fidu­cioso, anche se gli ispettori sono solo l’ultima tegola a cadere sulla sanità regionale, già da giorni nella bufera per via di mezza dozzina di morti so­spette di pazienti sulle quali indaga la magistratura. Sono state aperte in­chieste delle procure di Locri, Catan­zaro, Vibo Valentia e Lamezia per ac­certare eventuali responsabilità di medici e infermieri nei decessi di Sa­ra Sarti, 5 anni, Antonio Caligiuri, 61, Olimpia Rizzo, di 83 e Giuseppe Fran­colino, il ventiseienne spirato all’o­spedale lametino giovedì scorso per le conseguenze di una peritonite, dopo esser stato prima condotto presso quello vibonese. Sabato il pm di La­mezia, Alessandra Ruberto, ha iscrit­to nel registro degli indagati 14 fra me­dici e sanitari dei due nosocomi, che hanno gestito le varie fasi del ricove­ro e della terapia di Francolino, per accertare eventuali responsabilità o omissioni nell’assistenza prestata.
La relazione Riccio-Serra. Debito co­lossale e morti sospette a parte, non è un mistero che la situazione della sanità calabrese sia zeppa di ’buchi neri’. Una fotografia impietosa era stata scattata, un anno fa, dal prefet­to Silvana Riccio, del Commissariato governativo anti corruzione, che ave­va proseguito il lavoro iniziato dal pre­decessore Achille Serra. La relazione della Commissione d’indagine ’sulla qualità dell’assistenza prestata dal servizio sanitario della Regione Cala­bria’, datata 14 aprile 2008 e compo­sta da 105 pagine, era un elenco di si­tuazioni sconcertanti: in 36 ospedali calabresi (su 39) furono trovate irre­golarità, oltre alla mancanza di una rete d’emergenza, per cui nel caso di un paziente ricoverato d’urgenza, la ricerca di un posto letto in caso di tra­sferimento doveva essere fatta dai medici per telefono. Per contro, ab­bondava in quasi tutti i nosocomi il personale amministrativo, prolifera­to oltre ogni decenza. In un caso, quel­lo della Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Crotone, il prefetto Riccio scriveva così: «Su 1.980 dipendenti, 353 amministrativi (con 20 dirigenti) sembrano veramente troppi», tanto più che «l’incidenza delle strutture private è straordinariamente elevata: il numero degli esami di laboratorio effettuati in ospedale è molto basso. Probabilmente, con le stesse appa­recchiature e la stessa dotazione or­ganica si possono raddoppiare o tri­plicare i fatturati (riducendo natural­mente i budget per i laboratori priva­ti ». I quali invece, annotava sconcer­tato il prefetto, «complessivamente forniscono oltre 732.000 prestazioni l’anno». Un caso emblematico di co­me possa esser cresciuto il buco sa­nitario nella dissestata Calabria, pa­tria (infelice) di ospedali pubblici che lavorano poco e di cliniche private che intascano troppo.