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 2009  agosto 01 Sabato calendario

QUANDO UN FUNERALE RISPECCHIA UN PAESE


Perché, mentre è possibile commuoversi seguendo un funerale in tv (le esequie erano quelle del sena­tore Ted Kennedy), non riusciamo ad allestire un programma decente per celebrare i centocin­quant’anni dell’unità d’Italia? Perché mette i brivi­di sentire intonare «America the beautiful», che è un canto patriottico, e ci scappa invece un sorriso di sufficienza quan­do i nostri calciatori non riescono a cantare l’inno di Mame­li? Perché, anche solo in tv, in una qualunque cerimonia pub­blica Usa si coglie immediata­mente il senso di una coscien­za nazionale, un sentimento che al contrario pare estraneo al nostro comune sentire?

Sabato scorso si sono cele­brati i funerali di Ted Kennedy e i maggiori network hanno tra­smesso la cerimonia in diretta (da noi era visibile anche su SkyTg24). Pioveva ma la basili­ca di Nostra Signora del perpe­tuo soccorso era assediata da migliaia di persone giunte da ogni angolo della nazione. Le ri­prese tv hanno saputo restituir­ci l’impronta dell’evento, me­scolando con cura gli elementi religiosi (il servizio funebre, le preghiere, le testimonianze dei nipoti, il «Panis angelicus» can­tato dal vecchio Placido Domin­go con la severa invocazione a essere «pauper, servus et humi­lis ») con quelli civili (il picchet­to d’onore che piega la bandie­ra sul feretro, il violoncellista Yo-Yo Ma che suona una sere­nata di Bach), il privato con il pubblico.

Pare che lo stesso Ted prima di morire abbia suggerito alcu­ni momenti dei suoi funerali celebrati da sette sacerdoti tra cui l’arcivescovo di Boston Sean O’Malley con cui più volte il senatore liberal si era scontrato. Tutto questo avviene per­ché gli americani sanno usare meglio la tv di noi oppure perché hanno una maggiore coscienza civica? La tv è ancora fondamentale nei processi identitari di un paese o è soltan­to lo specchio di una situazione più radicata?