Marco Sodano, la Stampa 31/08/2009, 31 agosto 2009
Il crac delle banche islandesi costerà 20 mila dollari a ogni abitante dell’isola - Sei miliardi di dollari da restituire agli investitori inglesi e olandesi che si erano fidati delle banche islandesi, attirati da interessi decisamente alti
Il crac delle banche islandesi costerà 20 mila dollari a ogni abitante dell’isola - Sei miliardi di dollari da restituire agli investitori inglesi e olandesi che si erano fidati delle banche islandesi, attirati da interessi decisamente alti. Il conto della crisi, per l’Islanda, è salato: equivale a metà della produzione interna di un anno, oppure a un debito di 20 mila dollari per ogni islandese, nonni e bambini compresi. E tocca pagare, perché il ciclone finanziario di questi due anni ha lasciato Reykjavik in braghe di tela, nell’impossibilità di cavarsela senza il sostegno del Fondo monetario e delle altre istituzioni mondiali. Non è il caso di litigare con due big del peso di Londra e dell’Aja. Il governo ha trovato un accordo preliminare con i due paesi alla fine di giugno, ora è arrivata anche l’approvazione del Parlamento, di stretta misura. Non è stata una passeggiata: l’opinione pubblica islandese è furibonda all’idea che tutti debbano pagare per gl artifici finanziari - maldestri - di un gruppo di banchieri castigati dalla grande crisi. Il problema è che sul tavolo dell’Unione Europea c’è la domanda di adesione dell’Islanda, documento che vale milioni di euro in finanziamenti indispensabili per uscire dalla recessione. Il testo licenziato dal Parlamento dell’isola ha ammorbidito un po’ le condizioni di pagamento: i primi versamenti arriveranno solo tra otto anni e da allora ce ne saranno altri sette per saldare l’intera cifra. Il primo ministro Jóhanna Sigurdardóttir, ha elogiato l’accordo come «il più grande impegno finanziario mai intrapresa dal governo d’Islanda». Un portavoce del Tesoro britannico ha detto che il Regno Unito «guarderà con attenzione a tutte le condizioni», ma ha riconosciuto che Rykjavik ha fatto un «passo avanti significativo e positivo». Soddisfazione anche all’Aja: una portavoce del ministero delle Finanze olandese ha salutato il voto del Parlamento come «molto positivo», spiegando che anche le autorità olandesi sono in attesa di discutere le condizioni con le loro controparti islandesi. Durante il boom finanziario dell’Islanda Landsbanki Islands - una delle tre grandi banche dell’isola - aveva raccolto miliardi, soprattutto dai risparmiatori nel Regno Unito, attraverso Icesave, una banca elettronica. Sono circa 400 mila gli inglesi e gli olandesi che hanno versato lì i loro risparmi. Quando lo scorso autunno Landsbanki è crollata travolta dal crac finanziario dell’Islanda il fondo assicurativo del paese non è stato in grado di pagare: a garantire i risparmi dei loro concittadini clienti di Icesave sono intervenuti il governo britannico e olandese. Che poi hanno presentato il conto al governo. Ora Reykjavik spera di non dover pagare di tasca propria l’intera cifra: ci sono ancora i beni immobili della banca, che saranno venduti per recuperare almeno parte del gigantesco rimborso dovuto a Gran Bretagna e Olanda.