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 2009  agosto 31 Lunedì calendario

LA FINE DELL’IDENTITA’ CHE INIZIO’ AL SUPERMARKET


Quando, attorno agli anni Cin­quanta, entrai per la prima vol­ta in un supermarket, a Los Angeles, accompagnato da amici del luogo, l’impatto che ne ebbi fu enorme: tutta quella favolosa mer­canzia a portata di mano, tutti quei pro­dotti acquistabili in un solo locale! Solo alcuni anni dopo l’evento non fu più ec­cezionale anche da noi; ma, ovviamen­te, si accompagnò con la scomparsa – o almeno con la progressiva rarefazio­ne – del negozio: del droghiere, del­l’ortolano, del bottegaio. Per cui anche il nostro rapporto con gli stessi andò co­stantemente diminuendo e scomparen­do: niente più consuetudine quasi fami­liare con il «padrone» del negozio; niente più essere trattati da «vecchi amici». Ma questo significava – e an­cor più significa oggi, di ritorno in que­sta Milano dopo le vacanze – anche scomparsa di una «identità» dei singoli esercenti, ormai trascurati in seguito al­l’avvento dei supermercati; pertanto re­grediti a un quasi totale anonimato. Quella dignitosa ambizione di «essere qualcuno» in base alla vastità della loro clientela, ora li relegava (e li relega) a una condizione di limbo anonimo. Mentre, d’altro canto, capita di sorpren­dere il commesso d’un qualsiasi empo­rio che si rivolge col tu a un cliente mai prima veduto, con una familiarità del tutto fittizia, anche se con l’unico van­taggio di aver superata la «barriera di classe» (almeno in apparenza).

Eppure questo livellamento sociale (che a suo tempo mi aveva colpito negli Usa), non va di pari passo con un ade­guamento della situazione culturale e sociale e significa ben poco per quanto riguarda una generalizzazione del co­stume, dell’educazione, del gusto. Ec­co, soprattutto il gusto: ci illudiamo che la comprensione e la valutazione di opere d’arte, arredamenti, oggetti d’uso, stia per essere diffusa a tutta la popolazione, mentre piuttosto si direb­be che si stia addirittura restringendo. La «spersonalizzazione mercantile» si traduce anche in una spersonalizzazio­ne del gusto massivo. Sicché, se da un lato assistiamo a una generalizzazione nei rapporti e negli atteggiamenti della popolazione, dall’altro assistiamo alla scomparsa inarrestabile della «indivi­dualità spontanea» del singolo. Natural­mente il fenomeno varia a seconda de­gli ambienti; ma già ora, in un medio centro urbano, sta scomparendo la per­sonalità dell’abitante, scompare l’uso dei «nomignoli» un tempo così fre­quenti e spesso il cognome prevale sul nome in molti rapporti interindividua­li.

Quanto sopra, credo già spieghi la consuetudine statunitense (ma non so­lo) di sistemare sempre ben in vista il cartellino con nome e cognome a indica­re chi sia l’impiegato, il commesso, il bancario... con il quale dobbiamo inter­loquire, dato che lo stesso ormai non possiede più una sua personale identità ed è costretto a costruirla per essere pro­tetto dall’anonimato crescente. L’anoni­mato, una delle peggiori umiliazioni non solo per chi guarda con invidia ran­corosa i mediocri divi mondani o politi­ci in tv, i «grandi fratelli», i piccoli gerar­chi, (senza rendersi conto di quanto fu­gace sia la loro notorietà), ma anche per tutti coloro che nelle sterminate conur­bazioni, lontani dai villaggi o dalle città di provincia, sono immersi entro una massa oscura dalla quale cercano di di­vincolarsi – ed è già una delle poche scappatoie – a forza di telefonini e di vacui messaggi che, tuttavia, gli permet­tono di sentirsi rinfrancati di fronte alla massa anonima che li circonda.