Carlo Presti, Gamberorosso.it 31/8/2009, 31 agosto 2009
I cocktail di questa estate hanno sapori più freschi e meno alcol. ALASSIO (SV)- Si chiama Dom Costa, anzi no: Domenico Costanzo
I cocktail di questa estate hanno sapori più freschi e meno alcol. ALASSIO (SV)- Si chiama Dom Costa, anzi no: Domenico Costanzo. E’ nato a New York, anzi no: in Calabria a Vibo Valenzia. Di mestiere fa il barman, anzi no: fa anche il barman. Alla fine non gli credi più. Ma è un gioco nel quale ti trovi invischiato leggendo le note biografiche (false) sul sito del suo locale, il Liquid di Alassio [...] Con una bananiera arriva in Oriente non prima di aver viaggiato anche su una bisca navigante e aver imparato i trucchi del bartender. Compresi quelli dell’affabulazione che del resto fanno di ogni barman che si rispetti la copia dei colleghi visti al cinema e di ognuno di noi avventori un Hemingway in piccolo con un Daiquiri in mano, appoggiato al bancone del Floridita all’Havana.[...] Seduto più modestamente con noi nella piazzetta sul lungomare di Alassio dinanzi al suo locale, a due passi dal Muretto, Dom conferma: ”E’ vero, siamo davvero come ci vede la gente. E come ci vuole. Un po’ confessori, amici, testimoni dei nostri clienti. Siamo la spalla su cui piangere. Siamo uomini di mondo, moderni marinai. E siamo anche le pagine gialle che sanno suggerire il posto giusto dove mangiare, dove andare. Un po come i concierge dei grandi hotel”. Per fare il barman bisogna saper trasmettere emozioni. All’estero dove c’è più competenza, dove la gente beve i super alcolici in modo più consapevole i grandi barman sono personaggi della tv, un po’ come da noi sono diventati i grandi chef.” E qui Dom Costa – che di anni in effetti ne ha appena 50 e neanche compiuti – con un sospiro guarda il passato. ”In Italia abbiamo perso la tradizione dei grandi barman che lavoravano sulle navi da crociera di lusso e a fine carriera, tornati a terra, aprivano il loro locale e tramandavo l’arte.” Lui sulle navi da crociera c’è stato – Caraibi, Alaska, navi che facevano il giro del mondo – e poi nei Ritz, negli Hilton quando erano mete per pochi. E così oggi riconosce al volo i clienti: ”i tedeschi preferisco la caipirinha, gli svizzeri il mojito, gli americani di tutto. Cominciano con la vodka e poi esplorano. La clientela anglosassone ha la passione per il bere. La MayFlower, la nave dei padri pellegrini, si fermò a Cape Cod perché avevano finito i distillati.” L’esperienza gli permette anche di indicare l’età dei suoi clienti. ’I ventenni sono i più influenzati dalla pubblicità, scelgono bevande già pronte improponibili. I trentenni li vedi più attenti, hanno viaggiato e scelgono in funzione delle esperienze fatte, delle cose viste. I quarantenni e i cinquantenni sono quelli meno propensi a sperimentare. Chiedono sempre le stesse cose.” ’Ma la colpa – aggiunge – è anche un po’ di chi sta dietro al bancone, di chi organizza il locale. Alla fine sono sempre e solo una ventina e sempre i soliti i cocktal richiesti. Ma perché sono una ventina e sempre i soliti quelli che offriamo. Io credo che bisognerebbe avere una carta degli aperitivi, dei cocktail e dei vini offerti.”