Piero Sardo, La Stampa 30/8/2009, 30 agosto 2009
Cheese 2009 - arrivano a Bra, Cuneo, sede dell’evento, autentiche rarità, come il motal dall’Armenia, il formaggio di yak dal Tibet, un blu naturale dalla Bulgaria, un pecorino nella corteccia di abete dalla Romania, il gigantesco formaggio nel sacco dalla Bosnia, il piccante pultost dalla Norvegia e altri ancora
Cheese 2009 - arrivano a Bra, Cuneo, sede dell’evento, autentiche rarità, come il motal dall’Armenia, il formaggio di yak dal Tibet, un blu naturale dalla Bulgaria, un pecorino nella corteccia di abete dalla Romania, il gigantesco formaggio nel sacco dalla Bosnia, il piccante pultost dalla Norvegia e altri ancora. Ci offrono profumi e sapori di terre lontane, tecniche di lavorazione e conservazione assolutamente particolari. La ricerca di Slow Food non esclude il nostro paese, forse il più ricco al mondo di specialità casearie. Potrebbe sembrare che in Italia tutto sia già stato esplorato, e invece non è così. Per esempio, in Sardegna ( la testimonianza arriva da Alghero) si produce un pecorino da cui, dopo la sgrondatura, si ricavano dodici grandi fette che vengono prima messe a bagno in una salamoia di acqua, sale e foglie di mirto, quindi, infilate in uno spiedo di perastro, e infine dorate al fuoco di braci di lentisco. Mano a mano che si colorano, sono poste in un contenitore, divise da uno strato di foglie di mirto o di alloro, dove restano a insaporirsi per alcuni giorni. Era un laboriosissimo formaggio di cui i pastori facevano dono a Pasqua e che veniva consumato con le fave fresche, con le uova o spezzettato nel brodo. Straordinario! Evoca paesaggi e gesti pastorali, sentori di macchia mediterranea, brezze marine cariche degli umori di erbe e arbusti: esattamente come scrisse Calvino a proposito dei formaggi, per lui testimoni ineguagliabili di terre, acque e venti. Ma la questione è ancora un’altra: perché queste meraviglie si perdono? Perché non riusciamo ancora a raccontare in profondità tutte quelle specialità locali che rendono unico il nostro paese? Perché ci stiamo arrendendo a una stupida omologazione alimentare, alla banalizzazione del gusto?