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 2009  agosto 29 Sabato calendario

E Giovannino rifiutò la provocante Sophia - Ci è voluto uno studente alle prese con la tesi, oltre la memoria visiva e l’intuito archivistico di Cristiano Dotti, per far emergere, dopo 55 anni, questa nuova storia legata a un film del ciclo dedicato a don Camillo

E Giovannino rifiutò la provocante Sophia - Ci è voluto uno studente alle prese con la tesi, oltre la memoria visiva e l’intuito archivistico di Cristiano Dotti, per far emergere, dopo 55 anni, questa nuova storia legata a un film del ciclo dedicato a don Camillo. Proprio così, perché nel 1954, quando la Rizzoli decide di produrre il seguito delle prime due avventure del pretone e del sindaco della Bassa, Giovannino Guareschi si trova nel carcere di San Francesco a Parma, dove sta scontando la condanna a seguito del processo De Gasperi. Difficile, per non dire quasi impossibile per Guareschi pensare e scrivere in quelle condizioni.  lo stesso Giovannino a dirlo: «La terza avventura cinematografica di don Camillo e Peppone comincia in cella: metto assieme la sceneggiatura scrivendo su fogli diligentissimamente numerati e timbrati dall’Autorità Superiore. La parte più divertente della faccenda è, senza dubbio, quella che nessun fotogramma del film potrà ritrarre: vale a dire lo spettacolo offerto dall’autore in atto di comporre.»  l’inverno 1954-’55 e Guareschi, causa l’assenza assoluta di qualsiasi forma di riscaldamento, è avviluppato in una serie di coperte, asciugamani e stracci, sormontata da una grossa cuffia di lana a strisce bianche e blu. «La parte meno divertente della faccenda è, invece, rappresentata dalle fatiche che io devo sostenere per riuscire a far entrare in galera don Camillo e Peppone. Don Camillo e Peppone (a un bel momento i personaggi delle storie diventano più forti del loro creatore) non palesano la minima intenzione di venire a farmi compagnia nella cella numero 38. Allora punto sull’umana ambizione e comunico a Peppone: ”Se vieni ti faccio deputato”. Peppone abbocca all’amo. E, naturalmente, poco dopo arriva anche don Camillo, il quale andrebbe anche in capo al mondo pur di impedire a Peppone di diventare deputato». La corrispondenza Avrete facilmente intuito che il film è il celeberrimo Don Camillo e l’onorevole Peppone. Ottenuta la collaborazione dei protagonisti inizia una fitta corrispondenza fra Guareschi, il commendator Rizzoli, e tanti altri. Queste lettere, che Giovannino ricevette in carcere, costituiscono, assieme a migliaia di altre, una parte dell’archivio guareschiano che necessita altre risorse per essere catalogata: la corrispondenza ricevuta nei 409 giorni passati dallo scrittore in San Francesco è ancora tutta avvolta nelle pagine di giornale preparate alla bisogna dallo stesso Guareschi, giorno dopo giorno. Scrive a Giovannino anche il regista scelto dalla Cineriz, Carmine Gallone, proponendo parti di sceneggiatura e, ben presto, si delinea il contrasto fra i due. Le idee di Gallone non convincono Guareschi: soprattutto quando suggerisce l’arrivo a Brescello di una donna bellissima e provocante (l’attrice che sceglie è addirittura Sophia Loren), tornata al paese perché allontanata dalla questura di Milano a causa del suo ”mestiere”. Questa donna fa perdere la testa a Peppone e don Camillo dovrebbe usare la situazione a fini elettorali. Ovvia la reazione di Guareschi che, però, volge la situazione a proprio favore e imbastisce l’indimenticabile storia della compagna inviata dal Partito per galvanizzare la sezione femminile del paese, finendo per galvanizzare il solo Peppone che però resiste e rimane sulla retta via. La discussione col regista passa anche attraverso le scene da utilizzare: Gallone vorrebbe tagliare la scena del bagno di don Camillo e relativo furto dei suoi abiti (poi utilizzata) e tenere quella della bomba recapitata da Peppone e i suoi in canonica e respinta a mani nude al mittente (poi cancellata). E dire che Rizzoli era partito con i migliori propositi per accontentare Guareschi: nessun risparmio di mezzi e addirittura, lo scrive ad Alessandro Minardi il 19 novembre del 1954, si voleva girare il film a colori! Facile immaginare quale fosse lo stato d’animo di Giovannino, costretto ancora una volta a lottare contro i ”cinematografari”. La questione pare risolversi nel momento in cui interviene Andrea Rizzoli e prende le redini del film: si farà tutto come vuole Guareschi. Alessandro Minardi a scriverglielo il 22 gennaio 1955: «Carissimo Nino, vittoria su tutta la linea!» Le richieste di Giovannino saranno accettate e il film verrà girato come se lui stesso fosse presente, anche per l’attrice che impersonerà la ”compagna”: «La Sophia Loren l’hanno cancellata: ma c’è stato qualcuno che ha proposto Yvonne Sanson (che è la stessa cosa). Andrea ha giustamente l’idea di consigliare un’attrice non famosa, un tipo di popolana, bella ma non sofisticata (verrà scelta Claude Sylvain ndr)». Non basta, perché Andrea Rizzoli vuole a tutti i costi nel film la scena della famiglia di agricoltori che si rifugia sotto i portici del comune e qui, come in un Presepe, nasce il loro bambino, così scrive a Giovannino: «A me pare una cosa magnifica e rientra nella ricetta: nel primo film la processione, nel secondo la Via Crucis, nel terzo il presepe». Censura aggirata Guareschi si entusiasma e, viste le lungaggini della censura carceraria, scrive una seconda copia della sceneggiatura, clandestina, che debitamente piegata ed inserita nelle copertine svuotate di Poesie di Giuseppe Giusti e Vita di Benvenuto Cellini consegna con uno stratagemma all’editore austriaco Otto Müller, che le farà avere a Rizzoli: quando la direzione carceraria dà il via libera alla sceneggiatura ufficiale, il film è già in lavorazione. Anche stavolta, però, Giovannino non gradirà il risultato causa le interpolazioni e le contaminazioni della sceneggiatura originale, che definisce «inaccettabili» e, visto il film in anteprima a Busseto, pur se molto contrariato, non se la prenderà con Angelo e Andrea Rizzoli: si limiterà soltanto a «dire alcune sgradevoli cose al regista Gallone».