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 2009  agosto 29 Sabato calendario

DINO BOFFO PER IL FOGLIO


«Italian governments at odds with the church do not last long» (I governi italiani in contrasto con la Chiesa non durano a lungo) [1].

Venerdì 29 agosto. Il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, alla vigilia dell’incontro a L’Aquila tra il premier e il segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, per la celebrazione della Perdonanza, titola a nove colonne in prima pagina: «Il supermoralista condannato per molestie». Nell’occhiello si parla di «un incidente sessuale del direttore di Avvenire». Nel catenaccio si entra nel dettaglio: «Dino Boffo, alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nell’accesa campagna di stampa contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell’uomo con il quale aveva una relazione». Nell’articolo in prima pagina il direttore ripercorre tutta la vicenda giudiziaria, iniziata nel 2001 e conclusasi con un patteggiamento. Scrive Feltri: «Ecco che cosa risulta dal casellario giudiziario (riportiamo letteralmente). Il dottor Dino Boffo è stato condannato con sentenza definitiva con patteggiamento a una ammenda per molestie alle persone ai sensi dell’articolo 660 c.p. La condanna è stata originata da più comportamenti posti in essere dal prefato in Terni dell’ottobre 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorità Giudiziaria si è costatato il reato. Il Boffo è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni, destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo aveva una relazione omosessuale» [2].

Il quotidinano si dice pronto a documentare la storia con altri particolari. Alessandro De Angelis: «Pare che il dossier giudiziario su Boffo non sia stato divulgato interamente. La parte più imbarazzante riguarderebbe frequentazioni con minori» [3].

Il primo a scrivere della questione era stato, il 20 settembre 2005, Mario Adinolfi, oggi vice direttore di Red Tv ed esponente del Pd. In un post pubblicato sul suo blog Adinolfi non aveva nominato direttamente il direttore di Avvenire ma gli elementi per risalire alla sua identità c’erano tutti: «C’è un direttore di un quotidiano cattolico che – scriveva - subisce un decreto penale di condanna di cui non si può sapere nulla perché altrimenti le ”pregresse vicende interpersonali” tra lui e la parte offesa gli creerebbero dei danni» [4].

L’articolo di Vittorio Feltri innesca un meccanismo di risposte e reazioni che mette nei guai anche il presidente del Consiglio. Adalberto Signori: «Il giro di telefonate inizia nella tarda sera di giovedì, quando la prima pagina del Giornale ha ormai fatto capolino nelle rassegne stampa televisive. Con Gianni Letta che si mobilita subito, attivando tutti i suoi canali Oltretevere» [5].

Berlusconi, appena atterrato a Ciampino da Arcore, convinto da Gianni Letta, va in Vaticano per incontrare il cardinale Bertone. Francesco Bei: «Un faccia a faccia per tentare di spiegare di essere stati entrambi ”assolutamente all’oscuro” dell’attacco di Feltri e per cercare di attutire le inevitabili conseguenze, provando a salvare la cena all’Aquila» [6].

«Nella notte, scattato l’allarme, c’è stato più di un soggetto che s’è attivato per tentare di fermare l’operazione: ma ormai era troppo tardi e soltanto i carabinieri sguinzagliati per tutte le edicole d’Italia avrebbero potuto impedire (ma in nome di che senza l’ordine di un magistrato?) che il quotidiano del premier rovesciasse una montanga di letame su quello dell’episcopato italiano. Colpa o dolo: solo questo ora è il vero punto da accertare. Delle due, a ben vedere, la peggiore sarebbe la prima ipotesi» [7].

Il primo a intervenire sul caso è proprio il diretto interessato che, in un comunicato pubblicato sul sito del suo quotidiano, scrive: «La lettura dei giornali di questa mattina mi ha riservato una sorpresa totale, non tanto rispetto al menù del giorno, quanto riguardo alla mia vita personale. Evidentemente il Giornale di Vittorio Feltri sa anche quello che io non so, e per avallarlo non si fa scrupoli di montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda. Diciamo le cose con il loro nome: è un killeraggio giornalistico allo stato puro, sul quale è inutile scomodare parole che abbiano a che fare anche solo lontanamente con la deontologia. Siamo, pesa dirlo, alla barbarie. […] Sia chiaro che non mi faccio intimidire, per me parlano la mia vita e il mio lavoro. Al direttore del Giornale ora l’onere di spiegare perché una vicenda di fastidi telefonici consumata nell’inverno del 2001, e della quale ero stato io la prima vittima, sia stata fatta diventare oggi il monstre che lui ha inqualificabilmente messo in campo. Nella tristezza della giornata, la consapevolezza che le gravi offese sferratemi da Vittorio Feltri faranno serena la mia vecchiaia» [8].

«Nessun killeraggio, solo la trascrizione di un documento del casellario giudiziario, cioè pubblico. E Boffo non smentisce nulla», ribatte Vittorio Feltri [5].

La storia pubblicata dal Giornale era già uscita in passato. Qualche mese fa ne aveva parlato Panorama. Lilli Garrone: «Una ricostruzione che in passato lo stesso Boffo avrebbe respinto, sostenendo che le chiamate erano sì partire dal suo telefono ma che non era stato lui a farle. E di aver accettato di patteggiare e pagare l’ammenda per chiudere la vicenda e proteggere una persona che voleva aiutare» [9].

In mattinata il direttore dell’Avvenire incassa la fiducia della Cei: «In merito alle accuse sollevate oggi da un quotidiano – scrive la Conferenza Episcopale in una nota - si intende confermare piena fiducia al dott. Dino Boffo, direttore di Avvenire, giornale da lui guidato con indiscussa capacità professionale, equilibrio e prudenza» [8].

«La Conferenza episcopale esprime piena fiducia a Boffo […] con due righe in tutto, in modo laconico e senza spendere nemmeno mezza parola sulla moralità personale del direttore. Strana difesa. E negli ambienti della Cei si dice che le stesse accuse mosse dal Giornale erano arrivate sul tavolo dei vescovi già due mesi fa, e diversi esponenti ella Chiesa, dietro l’anonimato, dicono che altri casi vedrebbero coinvolto il direttore dell’Avvenire e che della faccenda si sussurra da tempo, addirittura da anni» [10]. Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, il giorno dopo l’attacco interviene sulla vicenda prima di celebrare la messa per la festa del santuario della Madonna della Guardia e dice: «L’attacco che è stato fatto al dottor Boffo è un fatto disgustoso e molto grave. Gli rinnovo tutta la stima e la fiducia mia personale e quella di tutti i vescovi italiani e delle Comunità cristiane» [11].

All’ora di pranzo del 28/8 arriva l’annuncio dell’annullamento dell’incontro a tavola tra Berlusconi e Bertone: «Si è preferito cancellare la cena e devolverne il costo a veneficio dei terromotati», scrive in un comunicato Ciro Benedettini, numero due della sala stampa vaticana. Nel testo già distribuito dell’omelia di Bertone era compreso il saluto al presidente del Consiglio. Berlusconi si chiude a palazzo Grazioli con Letta e Bonaiuti. Il vertice dura due ore. Alla fine con una nota si dissocia dall’attacco al direttore del giornale della Cei: «Non posso assolutamente condividere ciò che pubblica il Giornale nei confronti del direttore di Avvenire e me ne dissocio». Per «evitare strumentalizzazioni» decide di non andare a L’Aquila. A rappresentare il Governo, il solo Gianni Letta.

Il comunicato della sala stampa vaticana è preceduto da una serie di telefonate tra Letta e la segreteria di Stato. Alessandro De Angelis: «Gli uomini di Bertone fanno sapere che non si può fare finta di niente: sarebbe come licenziare Boffo. E chiedono a Letta un ”segnale di presa di distanza da parte del premier”» [3]. Amedeo La Mattina: «Nel frullatore delle voci che sono circolate c’è quella (improbabile) secondo cui il presidente della Cei Bagnasco abbia chiesto la storia di Feltri e non si sia accontentato della ”dissociazione” di Berlusconi» [12].

Nato ad Asolo, in provincia di Treviso, 57 anni, Dino Boffo è prima allievo alle medie e al liceo classico dei Fratelli delle scuole cristiane, poi si laurea con lode in Lettere classiche a Padova. Andrea Morigi: «La sua precoce militanza cattolica gli frutta una cooptazione dal professor Vittorio Bachelet nel Centro nazionale dell’Azione cattolica italiana. Inizia altrettanto presto la carriera giornalistica e diventa pubblicista nel 1979. Tra il 1982 e il 1991 lavora alla Vita del popolo di Treviso, di cui diventa direttore. Aveva già compiuto il salto nel 1977 entrando nel cda di Avvenire, di cui nel 1991 è nominato vicedirettore. Tre anni dopo sale al comando e da lì manovra, dal gennaio 1998, anche le emittenti satellitari televisiva Sat200 e radiofonica BluSat2000, delle quali è tuttora direttore» [13].

Era da prima del G8 all’Aquila che Silvio Berlusconi sperava in un incontro col numero due vaticano. Fino a ora le sue richieste non avevano avuto successo, anzi una prima volta Bertone si era negato per ragioni di opportunità. Senza contare il rifiuto di papa Ratzinger di incontrare Berlusconi a Viterbo il prossimo 6 settembre, in occasione dell’esposizione della machina di Santa Rosa. Secondo alcuni ambienti vaticane, Bertone non aveva gradito molto il pensiero della cena, ma alla fine aveva accettato solo per una forma di rispetto verso le istituzioni italiane [14]. A sedere a tavola con Bertone, invece, Berlusconi ci teneva molto. Su quest’evento «aveva puntato per ristabilire un clima di normalità con la Chiesa, minacciato dallo scontro tre la Lega e la Cei sui migranti, minacciato dalle tante condanne venute dal mondo cattolico sulla vicenda delle escort [15].

Nonostante quanto avvenuto, la parola d’ordine in Vaticano sembra essere comunque inclusione. A rivelare la linea della Santa Sede nei confronti del governo è un editoriale dell’Osservatore Romano di Lucetta Scaraffia in cui si precisa che la Chiesa «non entra nelle vicende politiche e cura le coscienze, non condanna. Alla Chiesa, in altre parole, si chiede proprio il contrario di quello che è un comportamento morale: la condanna del peccatore, non del peccato. Questo sarebbe una prova di nichilismo e di coinvolgimento partigiano in vicende politiche contingenti: proprio quello che invece Benedetto XVI e il cardinale Bertone cercano di evitare» [17].

NOTE:
[1] (The Economist, 29/8).
[2] (Vittorio Feltri, il Giornale 29/8)
[3](Alessandro De Angelis, il Riformista 29/8)
[4] (dal blog di Mario Adinolfi, 20/9/05).
[5] (Adalberto Signori, il Giornale 29/8).
[6] (Francesco Bei, la Repubblica 29/8)
[7] (Francesco Lo Sardo, Europa 29/8).
[8] (Avvenire.it 28/8).
[9]. Lil. Gar, Corriere della Sera 29/8).
[10] (Didimo Chierico, Europa 29/8)
[11] (repubblica.it 29/8)
[12] (Amedeo La Mattina, La Stampa 28/8)
[13] (Andrea Morigi, Libero 29/8)
[14] (Orazio La Rocca, la Repubblica 29/8)
[15](Virginia Lori, Liberazione 29/8)
[16] (Lucetta Scaraffia, l’Osservatore romano 29/8).