Marco Imarisio, Corriere della Sera 28/8/2009, 28 agosto 2009
L’isola dell’utopia sull’Adriatico torna dopo 40 anni - BOLOGNA – «Lusingato», dice. Ci sono voluti quarant’anni, ma alla fine il mondo si è ricordato di lui
L’isola dell’utopia sull’Adriatico torna dopo 40 anni - BOLOGNA – «Lusingato», dice. Ci sono voluti quarant’anni, ma alla fine il mondo si è ricordato di lui. Giorgio Rosa sorride. Il salone della sua casa affacciata sui giardini Margherita è inondato di luce. I modi e le parole di questo anziano signore dal bell’incarnato sono quelli di un gran borghese, che ancora oggi, a 84 anni, riceve gli ospiti in giacca. Ma in fondo agli occhi, nello sguardo che accompagna una frase maliziosa, «gran fatica, però ci siamo divertiti», si intravede qualcosa. Una scintilla, residuo di quella energia che lo portò a realizzare una delle più bizzarre esperienze del Sessantotto. «Insulo de la Rozoj», la Repubblica dell’Isola delle Rose. Erano due anni che i sub del Dive Planet di Rimini ne cercavano i resti. Li hanno trovati all’inizio di luglio. E con i resti della piattaforma che a poche miglia dalle spiagge romagnole si fece nazione indipendente, è come se fossero riemerse anche le suggestioni di quell’avventura. Curiosa, questa riscoperta del-l’Isola delle Rose. I reperti subacquei che diventano meta di pellegrinaggio costante, un bel documentario di successo, «Insulo de la Rozoj, la libertà fa paura », uno spettacolo teatrale nel 2008, un altro in allestimento, un paio di blog tematici, un gruppo su Facebook («A war that Italy forgot-long live Insulo de la Rozoj »), una installazione al museo di Vancouver che la mette a confronto con l’Utopia di Tommaso Moro, alcuni nostalgici che progettano una nuova libera Repubblica dal nome Isola di Eden. Come se all’improvviso la voglia di fuga e di libertà avessero trovato un piccolo sfogo nell’evocazione di un episodio ormai dimenticato. «Davvero strano. Per 40 anni non mi ha cercato nessuno. All’improvviso, a partire dal 2008, tutto uno squillar di telefono. Forse perché sul piano delle libertà individuali, non è cambiato poi molto. Ad essere sinceri, il mio progetto iniziale era questo: costruire qualcosa che fosse libero da lacci e lacciuoli e non costasse molto. Sulla terra ferma la burocrazia era soffocante. Così mi venne un’idea, durante la villeggiatura a Rimini ». Una struttura di tubi in acciaio saldati a terra e appoggiati sul fondale, sulla quale poggiava un piano in laterizio, 400 metri quadrati di superficie a disposizione. Undici chilometri al largo della costa italiana, la piattaforma confinava con acque internazionali ad eccezione del lato sud-ovest. «Volevamo aprire un bar e una trattoria. Mangiare, bere e guardare le navi da Trieste che passano vicine, a volte anche troppo. Il ricordo più bello è la prima notte sull’isola in costruzione. Venne un temporale che sembrava portasse via tutto. Ma al mattino tornò il sole, ogni cosa pareva bella e realizzabile. Poi cominciarono i problemi». La capitaneria di porto ordinò la fine dei lavori sostenendo che quel tratto di mare fosse in concessione all’Eni. Il grande traffico verso la piattaforma inquietava le autorità. «Ci avrebbero fermato. Allora si studiò la possibilità di rendersi indipendenti. L’unico modo per non aver più a che fare con l’Italia». L’ingegnere fa una pausa, alza le mani che tiene sempre conserte in grembo. «E poi, diciamolo, ogni essere umano libero sogna di fondare uno Stato indipendente». Il primo maggio 1968, con atto unilaterale, nasce la Repubblica dell’Isola delle Rose. «Insulo de la Rozoj», perché la lingua ufficiale è l’Esperanto, a rimarcare la differenza con l’Italia. Il nuovo Stato fa in tempo a stampare i suoi francobolli, che oggi valgono una fortuna. Vuole battere moneta, ma non ne avrà modo. L’Italia reagisce con inusitata velocità. In Parlamento, l’Msi lamenta la violazione del suolo patrio, il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani parla di «grave pericolo», il Servizio segreto militare si dice convinto che l’Isola sia in realtà una base camuffata per l’attracco dei sommergibili sovietici, il parlamentare comunista Renato Zangheri, futuro sindaco di Bologna, sostiene invece che sia una una manovra destabilizzante del leader albanese Enver Hoxha. Mentre Rimini si riempie di giornalisti da tutto il mondo, il 24 giugno dieci pilotine con a bordo poliziotti e carabinieri circondano l’isola e ne prendono possesso. L’appello di Rosa al presidente Saragat per la restituzione non trova risposta. «Non avevamo risorse, eravamo soli. Quando il Consiglio di Stato diede parere favorevole alla demolizione, non feci ricorso. Meglio lasciar perdere. Non sono più tornato a Rimini». Il 13 febbraio 1969 gli artificieri della Marina militare minano i piloni con 1.080 chili di dinamite. Le esplosioni piegano la piattaforma. Dieci giorni dopo, una tempesta fa inabissare l’Isola delle Rose. La guerra è finita. «L’unica che l’Italia sia stata capace di vincere» dice caustico l’ingegnere. Ha lavorato fino al 2003, progettista con studio a Bologna. Dalla distruzione dell’Isola, ha smesso di esercitare i suoi diritti di cittadino. «Capii definitivamente che in Italia è impossibile essere liberi, far le cose da solo. Sono rimasto qui perché non volevo tradire gli ideali della mia famiglia. Ma non ho mai più votato. Due eccezioni: Berlusconi nel 1994, Guazzaloca nel 1999. Anche loro mi hanno deluso ». Nell’anno che doveva cambiare il mondo con la fantasia al potere, in Italia l’uomo che più si è avvicinato alla realizzazione dell’utopia e che oggi viene riscoperto come simbolo di una indomabile volontà anarchica, è stato un pragmatico ingegnere bolognese, discendente di una famiglia di militari giunta in Italia nel 1400, figlio di un ufficiale del Regio esercito, ex soldato di Salò, poi disertore e in quanto tale condannato dal tribunale della Rsi. «Sono un liberale, un indipendente che non crede nelle religioni e nei partiti. Quindi, anche oggi, l’Italia non è il posto giusto per me». Al momento dei saluti, torna quella scintilla negli occhi, l’espressione si fa divertita. «Giovanotto, quando esce di qui dia un’occhiata alle mappe su Internet. Troverà una sorpresa». Su Google map digitiamo il nome del suo Stato. Appare una bandierina rossa in mezzo al blu del mare, proprio di fronte a Bellaria- Igea Marina. L’Isola delle Rose vive ancora.