Elsa Muschella, Corriere della Sera 28/8/2009, 28 agosto 2009
E la scelta di Céline Dion apre un caso - MILANO – «La mamma gira il mondo e il figlio congelato attende», titola Avvenire
E la scelta di Céline Dion apre un caso - MILANO – «La mamma gira il mondo e il figlio congelato attende», titola Avvenire . La vita privata di Céline Dion rimbalza da un editoriale all’altro e (per ora) ne scrivono solo le donne. Nel 2001 la cantante del Québec si rivolge al Centro fertilità di Manhattan per il concepimento in vitro: il seme di suo marito, René Angélil, che aveva scoperto di avere un tumore, è prelevato prima dell’inizio della chemioterapia e feconda due embrioni. Uno – decide la coppia – nasce subito: si chiama René Charles e oggi ha otto anni. L’altro resta congelato fino a pochi mesi fa: nascerà il prossimo maggio e i genitori sono «felicissimi» nell’annunciare la nuova gravidanza. La scelta di Céline pone seri interrogativi a Giovanna Zucconi, che domenica sulla Stampa si domandava se si trattasse di «un caso di capriccio divistico, di oltranza medico-tecnologica, di superomismo», sperava che non diventasse un’abitudine «questa di scongelare un gemello quando fa comodo. O di scongelarlo quando fa scomodo» e infine si augurava che non fosse un programma di gossip a spiegare al bambino che c’è già «che quell’intruso piccoletto ha la sua età, ma anche no». Le sue «parole sensate» sono state così riprese e interpretate da Avvenire , con il commento di ieri firmato da Gabriella Sartori: «Domande quanto mai pertinenti, umanamente attente ai diritti e alla sensibilità di chi, in quelle famosissime leggi ’avanzate’, non ha nessuna voce in capitolo: i non nati, i bambini, quelli che non votano, che non possono parlare». Preoccupato che l’ affaire Dion possa trasformarsi nell’anticamera di un sempre più esteso sistema di controllo e programmazione delle nascite, il quotidiano dei vescovi si schiera senza tentennamento alcuno a tutela dei figli desiderati ma che non possono essere trattati come «un uovo dimenticato nel frigorifero» o «uno yogurt di cui non si è certi della scadenza», quelli insomma «che si possono fabbricare, introdurre in utero o buttare, tenere in congelatore, scongelare, far nascere secondo i tempi, i modi, le esigenze di lavoro e di carriera di altri». In Italia, il congelamento degli ovuli rappresenta uno strumento clinico alternativo alle restrizioni sugli embrioni previste dalla legge 40. una tecnica praticata nei 181 centri pubblici e privati per la fecondazione assistita «censiti» nell’ultimo rapporto al ministero dall’Istituto superiore di Sanità alla quale le donne ricorrono per tre motivi: per i concepimenti in vitro, per assicurarsi un figlio in caso di tumore o – come Céline Dion – per preservare la fertilità. «A livello internazionale, i nostri centri sono tra quelli che registrano più successi – spiega Andrea Borini, responsabile scientifico della «Tecnobios procreazione» di Bologna ”: dal 1986 a oggi, dei 936 bambini venuti alla luce in tutto il mondo da ovociti congelati, più di 350 sono nati grazie alle strutture del nostro Paese ». I costi sono elevati – intorno ai 3.000 euro – perché il processo, lungo e complesso, prevede la stimolazione ormonale e i controlli periodici, un intervento in anestesia per il prelievo degli ovuli, il congelamento e la conservazione per i primi due anni. Da noi non sono ancora molte – dice il dottor Borini – le donne in età fertile che scelgono la crioconservazione degli ovuli per poter far nascere anni avanti i propri figli: «Qualche decina di casi in tutta Italia, ma finora non c’è nessun nato».