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 2009  agosto 28 Venerdì calendario

L’individualismo spezza la magia del "Noi" di Obama - Caro Bob, il re leone Ted Kennedy se n’è andato e con lui scompare uno dei più agguerriti combattenti al fianco di Obama per la riforma sanitaria

L’individualismo spezza la magia del "Noi" di Obama - Caro Bob, il re leone Ted Kennedy se n’è andato e con lui scompare uno dei più agguerriti combattenti al fianco di Obama per la riforma sanitaria. I Democratici si sono subito aggrappati all’anima del senatore guerriero sperando di far leva emotivamente sui Repubblicani con i quali l’ultimo dei veri Kennedy aveva sempre pragmaticamente lavorato, si trattasse di sanità o immigrazione. Difficile però che gli avversari si lascino intenerire. La riforma sanitaria è solo la punta dell’iceberg di un America alla quale il carisma obamiano non basta. Sul Wall Street Journal del 25 agosto è apparso un editoriale molto duro di un professore della John Hopkins University, Fouad Ajami, che accusa Obama e i democratici di aver cambiato le regole una volta al comando. Se durante la campagna elettorale la voce della comunità era tenuta in palmo di mano, ora che dalla comunità arrivano voci e anche urla contro il piano sanitario del presidente non va più bene, e il dissenso non è più cavalcato ma accusato di essere addirittura anti-americano. Ajami scrive senza mezzi termini che la nuova presidenza usa il carisma come lo potrebbe fare il leader di una nazione di quello che un tempo veniva chiamato "terzo mondo". In effetti non ha tutti i torti. Se c’è una cosa americana al 100% questo è il dissenso contro lo Stato. Definirlo anti-americano significa far finta di non conoscere l’America, cosa che un presidente non si può permettere di fare. Gli americani hanno fiducia nella propria società, ma non nel proprio Stato. Il dissenso sulla sanità mette in luce, se mai ce ne fosse bisogno, la profonda natura individualista dell’americano. Un individualismo che potrebbe essere definito puro egoismo ma non è esattamente così. L’americano non è egoista, ha un senso civico molto forte che noi italiani nemmeno ci sogniamo. Al tempo stesso vuole essere lui, come individuo e membro della propria società, a decidere quando essere altruista e quando non esserlo. L’idea quindi che dall’alto gli vengano imposte nuove tasse per coprire quel 17% del Pil necessario per il sistema sanitario universale sognato prima da Kennedy, poi da Hillary Clinton e ora da Obama, è una cosa che non gli va giù. Non gli va giù anche se il voto lo ha dato ai democratici, anche se l’amministrazione Bush gli faceva schifo.  una questione di principio. Un principio che a noi, abituati ad un generoso assistenzialismo, pare mostruoso; ma che qui negli Stati Uniti fa parte della trama di questa società. Ognuno è responsabile del proprio ruolo sociale. Se io pago la mia assicurazione privata facendo gli straordinari o tre lavori allo stesso tempo, non vedo il motivo di dover pagare altre tasse per fare avere l’assistenza sanitaria a chi il proprio destino lo ha mandato in vacca, o peggio ancora a chi manda in vacca il destino degli altri, tipo criminali comuni, spacciatori etc. etc. Ci sono persone disposte a dare milioni di dollari a ospedali, organizzazioni umanitari e a scuole. Ma sono loro a decidere a chi e quanto donare. L’idea è: io aiuto la società finanziando infrastrutture efficienti, sollevando lo Stato da questo compito, e lo Stato mi ringrazia non facendomi pagare le tasse sui soldi che io regalo. Ma regalare soldi allo Stato, questo assolutamente no. La riforma sanitaria viene quindi vista come un enorme ed ingiusto regalo allo Stato. L’americano di tutte le inclinazioni vuole decidere come i soldi che guadagna, pochi o tanti che siano, verranno spesi. I 43 milioni senza assistenza sanitaria per quell’americano che l’assistenza se la paga di tasca sua sono semplicemente 43 milioni di emeriti sconosciuti e non un problema sociale. Tantomeno un problema che lo debba riguardare. I milioni senza copertura sanitaria sono un problema di Obama e come tale deve risolverlo senza andare a frugare nelle tasche dei cittadini per trovare gli spiccioli che gli consentano di realizzare il suo sogno. Un sogno che a noi pare bellissimo ma che ad una gran parte degli americani sembra solo la bizza di un presidente viziato che vuole avere tutto quello che chiede. La riforma sanitaria è per Obama Moby Dick, la feroce balena Bianca del capitano Ahab di Melville. L’individualismo o egoismo dei suoi elettori, che lui s’illudeva lo avrebbero amato con il sole ma anche con la pioggia, si sta rivelando come quella corda, dell’arpione conficcato sul dorso dell’animale, che rimane attorcigliata al collo di Ahab trascinandolo nell’abisso dell’oceano. La magia di Obama - scrive Fouad Ajami - si sta consumando rapidamente. Il nuovo presidente, dice il professore, non è un Lincoln con il Blackberry. Dopo il carisma per fare la storia, in un paese come l’America, ci vuole la fiducia della gente qualunque, una cosa che si sta rivelando molto più difficile da conquistare dei voti.