Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 28 Venerdì calendario

Strappo di Fini, capigruppo Pdl all’attacco - Gasparri e Quagliariello: no a lezioni di laicità

Strappo di Fini, capigruppo Pdl all’attacco - Gasparri e Quagliariello: no a lezioni di laicità. Il ministro Ronchi: non siamo in una caserma - ROMA - Il giorno dopo il trionfo di Gianfranco Fini alla Festa del Pd di Genova scoppia il caso del testamento biologico e dilania il centrodestra. Con uno scontro politico di grande violenza, in un crescendo che porta i capigruppo del Pdl al Se­nato all’attacco del presidente della Camera. Non riesce la mediazione ten­tata di prima mattina da Fabri­zio Cicchitto, capogruppo alla Camera: «Discuteremo libera­mente partendo dal testo che il Senato ha approvato che può es­sere emendato, ma non stravol­to ». Il suo vice Italo Bocchino cerca di gettare altra acqua sul fuoco: «Non possono e non de­vono esserci ordini di scude­ria » . Fini, che in un carteggio con il direttore del Mulino Piero Ignazi pubblicato dall’ Espresso rilancia sul Pdl e spiega che «non può essere strutturalmen­te populista» e che dovrà essere «sintesi» di diverse anime e non una coalizione, aveva an­nunciato un impegno personale per cambiare la legge approvata al Senato perché, «decide il Par­lamento e non il Vaticano». E prima che in Aula, la discussio­ne si apre sui banchi della presi­denza di Montecitorio. Protesta Rocco Buttiglione (Udc) vice di Fini: «Il presidente della Came­ra non entri in un caso politico di questo tipo perché il suo com­pito è di garantire che la discus­sione di questo disegno di legge si svolga nel rispetto del meto­do indicato dalla Costituzione e dai regolamenti, tutelando in egual misura le posizioni di tut­ti ». Maurizio Lupi si spinge ol­tre disegnando uno scenario in­solito: «Se Fini voterà sul testa­mento biologico lasciando il suo scranno, tireremo a sorte per chi farà il presidente della Camera, perché penso che an­che io vorrò scendere come lo vorranno Rosy Bindi e Buttiglio­ne » . La giornata procede tra inviti a trovare soluzioni: si può cam­biare ma si parte dal testo del Se­nato (Bocchino, Pdl) meglio ri­tornare al decreto Sacconi, che riguarda la sola obbligatorietà dell’idratazione (Alemanno, Pdl), bisogna partire da un altro testo perché quello del Senato è irricevibile (Sereni, Pd), è me­glio non far nulla che votare il testo Calabrò (Maria Antonietta Coscioni, radicali). La tesi che Fini voglia insabbiare il disegno di legge è avvalorata dall’inter­pretazione leghista: «Stia al suo posto istituzionale e la smetta di far danni in un dibattito poli­tico che non gli compete!», in­calza il capogruppo in commis­sione Sanità Fabio Rizzi. Ma il caso politico dentro il Pdl esplode con la dichiarazio­ne congiunta di Maurizio Ga­sparri e Gaetano Quagliariello, capogruppo e vice del Pdl al Se­nato che non vogliono essere «tacciati di clericalismo»: «Au­spichiamo che il dibattito alla Camera possa migliorare il te­sto della legge, ma non possia­mo accettare lezioni di laicità». Parole a cui replica il ministro Andrea Ronchi: «A meno che non si ipotizzi il Pdl come una caserma, è necessario prevede­re su certe questioni importanti dei fisiologici motivi di confron­to tra posizioni diverse. Dobbia­mo abituarci che su certi temi non si tratta di ricevere lezioni ma di confrontare opinioni dif­ferenti, che non sono lesa mae­stà ». Sulla stessa linea Andrea Augello. Ma Quagliariello e Gasparri chiamano in causa anche l’oppo­sizione: con il voto segreto al Se­nato anche esponenti del Pd hanno votato la legge, insisto­no. Bersani annuncia che non ci sarà libertà di coscienza nel par­tito: «Chi fa il parlamentare sa che non può tenere conto solo della sua coscienza, deve tenere conto della coscienza di tutti. In un partito ci deve essere una di­scussione, ma poi una decisione che deve essere unica».