Giuseppe Carrus, Gamberorosso.it 28/8/2009, 28 agosto 2009
malloreddos, cicciones, ciccioneddos, maccarrones - Acqua, farine e tanto sapere. Sono solo questi gli ingredienti che servono per creare un patrimonio di inestimabile valore
malloreddos, cicciones, ciccioneddos, maccarrones - Acqua, farine e tanto sapere. Sono solo questi gli ingredienti che servono per creare un patrimonio di inestimabile valore. Quello delle paste della tradizione sarda. S’abba e su trigu, l’acqua e il grano, alimenti poveri, doni della natura e del lavoro nei campi da sempre praticato nell’isola. Per il sapere il discorso è più profondo. Manualità, creatività, dosi molto spesso quantificate senza le unità di misura che tutti conosciamo; ricette e movimenti delle mani e dei polsi tramandate per decine e decine di anni da madre in figlia, sempre con la benedizione delle nonne, carismatiche e custodi di grandi segreti: sono questi gli elementi che vanno a formare il terzo ingrediente, il sapere delle paste della tradizione. La storia, però, tante volte insegna che senza nulla di scritto il rischio è quello di perdere pezzi importanti di cultura. Far conoscere, mettere nero su bianco, divulgare ricchezze della terra diviene quindi indispensabile. Appare quindi fondamentale l’avvio da parte di Sardegna Ricerche - organismo regionale che si occupa di ricerca – di un progetto chiamato Paste fresche: Valorizzazione della tradizione alimentare sarda. Un ingente lavoro che comprende anche l’edizione del bellissimo volume "Sardegna Le paste della tradizione". ’Abbiamo un inestimabile patrimonio culturale-tradizionale da tutelare e preservare – spiega Giuliano Murgia, presidente di Sardegna Ricerche – e l’obiettivo di questo volume, e anche quello di far conoscere e tramandare saperi e sapori”. Il libro è stato curato da Gilberto Arru, giornalista, uno dei più grandi conoscitori dell’enogastronomia isolana, e le fotografie sono di Antonio Saba. Sono presenti foto di scorci e panorami della Sardegna, immagini di preparazioni e lavorazioni delle paste, come anche immagini di piatti, frutto di ricette creative ideate e realizzate dallo chef Achille Pinna: si cerca così di porre l’accento sull’importanza che possono avere i cuochi sardi nel proporre alcune pietanze preparate con l’utilizzo di antiche ricette di pasta. ’Alcuni ristoratori eccellono – afferma Arru - e creano piatti con paste di origine antica e poco conosciute che, diversamente, rischiano di essere dimenticate per sempre”. ’I più conosciuti malloreddus (gli italianizzati gnocchetti) vengono chiamati anche malloreddos, cicciones, ciccioneddos, maccarrones cravaos, maccarrones tundos, macarrones caidos, cassulli e chjusoni, ma – prosegue Arru - capita persino che paste completamente diverse assumano bizzarramente il medesimo nome; il lavoro di ricerca, per questo, è stato complesso e faticoso”. Intelligente e comoda per la consultazione del volume, infine, la suddivisione nei territori o nei singoli paesi dove la pasta ha avuto un’importanza maggiore: basta questo per capire tutte le varianti prodotte e il connubio stretto con il territorio. Sarebbe veramente un peccato perdere questo pezzo di cultura che tutti noi abbiamo il dovere di preservare e tramandare.