Armando Torno, Corriere della sera 27/8/2009, 27 agosto 2009
JANNACCI, VECCHIONI E LA CONVERSIONE (DA ADULTI)
Da Agostino a Dostoevskij: così la vita porta verso la fede
MILANO – Non c’è un’anagrafe dei convertiti. Il mondo si accorge un certo giorno che le loro vite sono cambiate e le parole che proferiscono hanno suoni diversi. Si corre verso la fede per un motivo grave oppure la si incontra per caso, a volte persino tra una leggerezza e l’altra: non c’è una regola, meno che mai una legge razionale in grado di spiegare l’accaduto. Enzo Jannacci ha dichiarato di aver avvertito «la carezza del Nazareno» su un tram, a Milano, anni fa. E un cantante quale Vecchioni, che è passato attraverso l’esperienza della malattia del figlio, da tempo ha riscoperto la sua spiritualità – monsignor Gianfranco Ravasi lo ha seguito – parla ora nel libro-intervista di Matteo Orsucci Roberto Vecchioni. L’uomo che si gioca il cielo a dadi (Aliberti Editore) del suo avvicinamento alla fede. Dubbi, domande, certezze che concludono, per così dire, i suoi racconti di Scacco a Dio , da poco editi da Einaudi.
Già, Jannacci e Vecchioni: due protagonisti che riflettono con la loro testimonianza gli ultimi tre, quattro decenni di speranze, rabbia, ironia, inquietudini e altro. Il primo, medico oltre che uomo di spettacolo, autore di Vengo anch’io? No, tu no, ha dichiarato a Il Giornale : «Amo Gesù, quel signore biondo è la più grande figura storica di sempre. Lui ha detto che ’Dio è amore’... Basta guardarsi in giro, nella politica come nello sport e nella vita quotidiana, per capire che se scendesse dalla croce ci prenderebbe tutti a calci nel sedere col piede meno rovinato dai chiodi». Vecchioni, che ha dato al mondo della canzone gioielli quali Piccolo amore o Tu, quanto tempo hai? , ammette di pregare, di recitare l’Ave Maria, il Credo, il Padre Nostro e ricorda con semplicità che «con Dio si può parlare ovunque».
Due casi, gli ultimi forse per le cronache ma non per quell’anagrafe che non c’è, anche se ogni giorno si arricchisce. Pur limitandosi alle dimensioni italiane, basterà notare che una principessa come Alessandra Borghese ha voltato le spalle agli ambienti esclusivi per testimoniare e scrivere sulla ritrovata fede; l’attrice Claudia Koll, invece, lasciò tutti di sale qualche anno fa quando rinunciò alle luci dei set, e ai vezzi connessi, per dedicarsi a Cristo. D’altra parte, la conversione è una tematica centrale del Nuovo Testamento e gli esempi sono innumerevoli, anzi si sprecano: da Zaccheo – capo dei pubblicani, piccolo e ricco, che era salito secondo il Vangelo di Luca su un sicomoro per vedere Gesù e da questi è fatto scendere per abbracciare subito la nuova fede – allo stesso Paolo che diventa l’anima e il braccio della prima Chiesa. E che dire di Agostino? Dopo aver conosciuto tutto, dai piaceri alla cultura, cambia vita e arriva a scrivere nelle Confessioni , rivolgendosi direttamente a Dio: «Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo...».
Non è detto che la conversione condizioni le capacità creative, come qualcuno si procura il piacere di sostenere. Alessandro Manzoni – lo ricordava continuamente un critico quale Franco Fortini – vale soprattutto dopo il salto di fede, e un poeta come Clemente Rebora ne è la riprova. Si convertì Vittorio Messori, e ogni giorno lo testimonia; ugualmente fece Giovanni Testori, portando con sé tutta la forza barocca che aveva dentro, arrivando ad affermare che le sue precedenti bestemmie altro non erano che un primo tentativo di preghiera. Paul Claudel, dopo scetticismo e indifferenza, ricorda che il tutto avvenne il giorno di Natale del 1886 a Notre-Dame, a Parigi, «vicino al secondo pilastro dell’ingresso del coro, dal lato destro della sacrestia »; mentre Max Jacob, di origini israelite, il 7 ottobre 1909, nella sua camera di rue Ravignan, è «condotto subitamente alla fede cattolica di Cristo». Gli era apparso «coperto d’una veste di seta gialla con paramenti blu». Il cristianesimo si alimenta di questa sostanza e da Ignazio di Loyola a Francesco d’Assisi, dagli apostoli al pilota di Hiroshima invita la storia ad abbracciare continuamente la fede. Ci sono dei convertiti anche all’ebraismo, ma il percorso è altro: in ogni caso un recente sito, seguito dal rabbino Celso Cukierkorn, guida chi desiderasse informazioni in proposito: www. convertingtojudaism. com . Si è benvenuti, giacché «Ivdu et Adonai b’simcha », «Serviamo Dio con gioia ». Inoltre va detto che non pochi occidentali, soprattutto negli ultimi decenni, hanno scelto il buddismo; così come è innegabile che l’Islam stia espandendosi, e un intellettuale quale René Guénon vi aderì nel 1930, abbandonando la Francia per un credo con «più tradizione». D’altra parte, ci sono stati dei «non convertiti» come Giuseppe Prezzolini, che ebbe addirittura l’invito da papa Paolo VI, ma lasciò cadere l’offerta. Confessò che se fosse diventato credente avrebbe tenuto la cosa per sé o per pochi intimi.
Fëdor Dostoevskij, il sommo russo che anticipò sensibilità e problematiche contemporanee, scrisse che se avesse dovuto scegliere tra la verità e Cristo, avrebbe optato per quest’ultimo. Come dire: la verità senza Cristo non c’è. O, per paradosso, perde senso.