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 2009  agosto 26 Mercoledì calendario

DIGIUNO, BUSINESS E PREGIUDIZI: IL RAMADAN IN MEZZO A NOI


MILANO – Il Ramadan è in mez­zo a noi, e Josè Mourinho ce lo ha ricordato con la solita brutale comu­nicatività. Al termine del non bril­lante esordio in serie A della sua In­ter, ha dato la colpa per lo scarso rendimento del ghanese Sulley Mun­tari, sostituito al 29’ minuto, pro­prio al digiuno islamico: «Ha dei problemi con il Ramadan».

Ma, provocazione di Mourinho a parte, il Ramadan, con le sue pre­ghiere e il suo digiuno, muta lo sce­nario metropolitano e diventa ogni anno di più fatto culturale e di con­fronto anche per noi che, per quan­to solo come spettatori, ne veniamo coinvolti. In questi giorni si vedono fedeli musulmani raccolti in pre­ghiera all’angolo della strada, sul tre­no, nei campi dove lavorano a racco­gliere angurie, e persino ai bordi pi­scina o in una zona della spiaggia. Colleghi di lavoro che si eclissano durante la pausa pranzo. E, in certe zone delle città, negozi etnici aperti ben oltre l’orario. Così anche l’Italia, Paese arrivato tardi rispetto ad altri all’appuntamento con la diversità, si confronta, si modifica, si adegua. Non è un caso che i maggiori leader occidentali augurino alle comunità «Buon Ramadan» come si augura «Buon Natale», lo hanno fatto Ba­rack Obama e Gordon Brown, ma anche il sindaco di Roma Aleman­no, invocando «una crescita comu­ne nella coesistenza pacifica».

«Noi abbiamo rimosso il valore del sacro, e l’improvvisa presenza fra noi di chi ha un forte senso di appartenenza religiosa e di capacità di rinuncia, potrebbe quasi conside­rarsi una provocazione positiva, di­ventare un’opportunità» commenta Paolo Branca, docente di lingua ara­ba alla Cattolica di Milano. «Perché se è vero che si può discutere sulle ragazze che portano il velo, è anche vero che le nostre ragazze hanno una forte tendenza a svelarsi». Co­me dire che anche noi occidentali potremmo riflettere almeno una vol­ta all’anno sulla società che non si pone domande e sul consumismo troppo spinto. D’altra parte, conclu­de Branca, anche la nostra religione prevedeva fioretti, digiuno e asti­nenze.

E, visto che ormai da noi il Rama­dan coinvolge quasi 500 mila perso­ne (si calcola che vi partecipino al­meno il 40 per cento degli islamici, che sono un milione e duecentomi­­la), cerchiamo di esplorare meglio questo mondo parallelo. Il mese in cui il musulmano deve osservare il digiuno dall’alba al tramonto è una forma di purificazione totale scandi­ta dalle sei preghiere della giornata che bisogna onorare, interrompen­do lavoro o altre attività. Se si è in viaggio si può rimanere eccezional­mente seduti in treno o in aereo, mentre se si è in automobile biso­gna fermarsi e trovare un luogo per inchinarsi verso la Mecca. «Il posto più strano dove mi è capitato di pre­gare è una piazzola dell’autostrada, ma la cosa curiosa è che mentre pre­gavo si è avvicinato un autostoppi­sta che insisteva a chiedermi un pas­saggio » racconta Mohamed Maher Kabakebbji, dentista di origine siria­na, che osserva un Ramadan di rito italiano che si conclude con spaghet­ti ai quattro formaggi magari mi­schiati alla shorba, piatto tipico a ba­se di carne e verdura. Perché sem­pre si finisce con la cena collettiva prima dell’ultima preghiera, e poi ancora con festa notturna.

Abitudini che però mal si concilia­no con la società dei profitti e del ren­dimento. E difatti parecchi datori di la­voro in quei giorni temono il calare delle prestazioni e i danni che il digiu­no può provocare specialmente d’esta­te (a Mantova la Coldiretti voleva ob­bligare a bere i musulmani che lavora­no nei campi). «Ma sono solo scioc­chezze. tutta gente, atleti compresi, allenata fin da piccola a sopportare il digiuno. E poi, se proprio necessario, sono previsti esoneri» dice Abdel Ha­mid Shaari fondatore dell’Istituto di viale Jenner a Milano.

Tant’è che ormai i mercati occi­dentali stanno svoltando e tendono a non considerare più il Ramadan come una minaccia, ma piuttosto co­me un’opportunità per nuovi busi­ness. Il mercato complessivo dei prodotti halal (cibo preparato in mo­do accettabile per la legge islamica) varrebbe 442 miliardi di euro l’an­no, cioè il 16 per cento dell’indu­stria alimentare globale. E difatti le idee per onorare i consumi del digiu­no germogliano. In Svizzera alcuni alberghi offrono agli ospiti musul­mani un pacchetto-Ramadan, la tele­fonia sta lanciando nuovi cellulari che suonano per annunciare le ore della preghiera, e i media curano il fenomeno: The Guardian pubblica ogni giorno gli orari del digiuno. Mentre nei grandi centri commercia­li di Dubai e Abu Dhabi è comparso Il kit del Ramadan, 49 euro, con quel che occorre per la preghiera, più 22 generi alimentari: molto ri­chiesto e spesso regalato a parenti e amici.