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 2009  agosto 26 Mercoledì calendario

LE FAMIGLIE CHE SPENDONO MENO. E MEGLIO


Sono i «bilancisti», 1.200 nuclei in Italia: nel 2008 16% di risparmio Gruppi di acquisto, cibo biologico, meno vestiti, più libri

«Batti la crisi col cervello», si legge sul sito. E allora può venire la curiosità, vi­sti i tempi che corrono, di capire co­me. Mossa n˚1: «Invece dell’acqua in bottiglia, bevo quella del rubinetto». Mossa n˚2: «Invece di tenere la tem­peratura in casa a 20˚ C, la abbasso di un grado». Mossa n˚3: «Provo a te­ner conto per un mese di come spen­do i miei soldi».

Reazione diffusa (e quasi sconta­ta): vabbe’, i soliti fissati. Grandi ide­ali, vita di sacrifici, regole inapplica­bili. Però poi salta fuori un rapporto annuale con un numero che, da solo, riapre il dibattito: -16% di spesa men­sile familiare sulla media Istat nel 2008. Sono le famiglie «bilanciste»: un esperimento nato in Veneto 16 an­ni fa, e che oggi coinvolge (e monito­ra) ben 1.200 nuclei sparsi in tutta Italia, con puntate oltre confine in Austria e Germania. Il loro segreto? Semplice, a quanto pare: stare me­glio, utilizzando meno risorse.

«Gli ultimi dati della Confcommer­cio ci dicono che, a fronte di una con­trazione dell’1% nei consumi, il mer­cato dei cellulari ha subìto un’espan­sione del 15,4%. Fa pensare, no?». Don Gianni Fazzini ha uno sguardo trasparente che ti colpisce dritto da dietro gli occhiali e una stretta di ma­no ferrea. Mentre ti parla, rovista tra le carte di un ufficio a metà tra lo stu­dio di un ricercatore universitario e un porto di mare, aperto com’è a idee, persone, sogni. C’era lui, nel set­tembre 1993, quando a Verona, al quinto raduno di Beati i Costruttori di Pace, prende il volo la campagna dei Bilanci di Giustizia. Ci sarà lui sta­sera, a Oropa (Biella), per accogliere i «bilancisti» che qui passeranno i tre giorni dell’Incontro nazionale 2009. Fondatore e coordinatore, «ani­ma » di un esperimento partito in sor­dina e oggi studiato anche all’estero, questo ex prete-operaio di Marghera preferisce la sintesi delle cifre alle sbrodolature della teoria. «Il tema centrale è che anche noi puntiamo sullo sviluppo: dei servizi, delle rela­zioni. Andando, contemporaneamen­te, verso una diminuzione delle mer­ci » .

Dalla pila di scartoffie emerge un foglio A4, fronte-retro, con una gri­glia divisa per argomenti: alimenta­ri, abbigliamento e calzature, casa, trasporti, «svago, cultura e formazio­ne », igiene, beni durevoli, varie (re­gali, viaggi, colf...), salute, «investi­menti solidali e stili di vita». Per ogni voce, tre colonne: usuale, spo­stato, autoproduzione. Alla fine, il to­tale. Il meccanismo è semplice: ogni bilancista definisce un obiettivo mensile, sui cui agire «spostando» i consumi; da acquisti «tradizionali» e spesso dannosi – per la salute, per l’ambiente, per il Sud del mondo ”, a prodotti che non intacchino l’ecosi­stema e non sfruttino persone o ri­sorse. Con un occhio di riguardo per l’autoproduzione: dal pane all’ener­gia, dalla verdura ai maglioni. I bilan­ci vengono poi spediti alla segreteria nazionale, che li elabora. Non è obbli­gatorio stilarli ogni mese, «ma noi cerchiamo di farlo sempre – spiega, da Trento, il ’bilancista’ Dario Pe­drotti ”. La dimensione statistica della campagna è importante: serve a dimostrare che basandosi su que­sto tipo di consumi, il risparmio è concreto. Certo, un po’ è una scoccia­tura; ma così, a fine mese, hai già un’idea chiara sul prodotto che hai scelto come obiettivo. Per esempio, la farina: ne studi costi, tipologie. Un approccio graduale, in cui ti confron­ti anche con altri bilancisti, in Rete o con un gruppo locale».

Dal Rapporto di quest’anno, che il Corriere ha letto in anteprima, emer­ge un -49% rispetto alla media Istat sulle spese di abbigliamento, -34% su casa e trasporti, ma anche +72% su divertimenti e cultura. Per carne, salumi e pesce, i bilancisti spendono il 62% in meno della media, e però il 45% di questa spesa è «spostato»: biologico, a filiera corta. Di qualità. Il consumo di energia elettrica è addi­rittura dimezzato. «Noi finora ci sia­mo concentrati sui detersivi – inter­viene da Roma Sergio Fontana: lui e Cristiana, sua moglie, sono ’bilanci­sti’ da 13 anni ”. Niente prodotti chimici convenzionali, ricette a base di aceto e limone, a volte ci divertia­mo a fare il sapone da bucato dal­l’olio di frittura esausto. L’idraulico ci fa i complimenti perché le rubinet­terie non sono rovinate dall’antical­care... ». Sergio e Cristiana hanno due bimbe piccole, «e siamo molto atten­ti all’alimentazione. Ci sono fattorie, qui nel Comune di Roma, dove si compra tutto biologico, risparmian­do. Ma sul cibo, quello buono, siamo comunque disposti a spendere; esse­re bilancisti non significa essere pic­coli automi del risparmio».

Essere bilancisti significa condivi­dere, confrontarsi. Fare la spesa insie­me, con i Gas, i gruppi d’acquisto so­lidale. C’è un sito ( www.bilancidigiu­stizia. it ), su cui da oggi sarà possibi­le trovare il Rapporto completo e mi­surarsi con la «social card bilanci­sta »: 20 domande per 20 azioni, un primo passo per calcolare quanto possa farci risparmiare un approccio ragionato a spese e consumi (vedi grafico).

«Se prima ero attenta solo al di­scorso economico – riassume, da Messina, Giovanna Allone – con i Bi­lanci ho imparato a non guardare so­lo al mio orto, ma anche all’orto mon­diale ». Giovanna è un’insegnante in pensione, viene «da un’esperienza contadina siciliana, i principi bilanci­sti facevano già parte del mio modo di vivere. Ora, l’approccio è più meto­dico: per l’alimentare ragiono in ter­mini di prossimità, faccio molta auto­produzione, dai saponi alle conser­ve. La qualità della vita? Certo che ne guadagna, faccio le cose che mi piace fare... » .

Nel nuovo rapporto del Wuppertal Institut (vedi sotto, ndr ) c’è un grafi­co inquietante: il confronto tra cresci­ta economica e «soddisfazione della vita» in Italia. Il divario tra le due li­nee aumenta costantemente, dal 1975 ad oggi. Anche su questo si cen­tra la riflessione dei bilancisti. Che la­vorano meno della media – Dario e sua moglie Antonella hanno scelto il part time, «con i Bilanci possiamo permettercelo» – il 35,85% è sotto le 30 ore settimanali (contro il 19,9% Istat). E 2 su tre dichiarano un livello 5 o 6 (in una scala da 1 a 7) sull’arric­chimento della qualità della vita. Vi­vere con meno, essere più felici. Non male, davvero. Sia in tempo di crisi, che per quando sarà finita.