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 2009  agosto 27 Giovedì calendario

LE ANALISI UNIVERSALI DI PUOI AVATI


La seconda notte di nozze Pupi Avati, il Balzac del nostro cinema, racconta da oltre trent’anni la «commedia umana» dell’Italia a cavallo tra la guer­ra e gli anni ’50 e ’60, da anatomista affettuoso ma capace di cinismi come si vede negli ultimi e riusci­ti Il papà di Giovanna e Gli amici del bar Margherita . La se­conda notte di nozze , del 2005, è la storia tipicamente atipica della vedova Liliana che, alla fine della guerra, fugge da Bolo­gna col figlio Nino, un cialtroncello che ben anticipa l’italiano medio e mediocre che verrà. Con un’auto scassatissima van­no on the road, tanto per suggellare una mini unità d’Italia sempre messa in discussione, a casa dell’ex cognato in Pu­glia, uomo sull’orlo di una crisi di nervi che vive con due ado­rabili vecchie zie e che si innamora per la seconda volta della cognata venuta dal Nord. E da qui altre probabilità e imprevi­sti con quel piacere curio­so di raccontare che è la prima virtù di Avati. La sua - questa e altre per lui pari sono - è un’analisi co­sì approfondita nel parti­colare che diventa univer­sale: come dice Monicelli, non c’è di meglio che rac­contare noi per parlare di tutti. Il presepio Avati par­te dal primo comanda­mento, rispettare l’amici­zia, un sentimento dove si consuma il bene e il male, pure l’horror a volte, ma che prende qui scorciatoie sentimentali con questa donna che emette segnali edipici ma conquista an­che un disperato bisognoso del dr. Sacks. Fra i cuori semplici e/o complicati di Avati ci sono tipi cordiali, bislacchi, buffi ex aequo tragici: compongono un teatrino di caratteri di cui ci sentiamo subito amici, complici e amanti. Ma non è solo l’amarcord dichiaratamente felliniano del regista, confessato in tv ai tempi di Jazz band , i suoi racconti in forma di film sono le foto segnaletiche di un’Italia in mutazione che conser­va nel cassetto grettezze e misteri. Avati dirige attori straordi­nari, pure scoprendoli: qui una grande Ricciarelli, un perfido Neri Marcorè, un innocente Antonio Albanese (foto) e l’ulti­ma volta della cara zia Merlini.