Michele Giordano, Chi, 2 settembre 2009, 2 settembre 2009
Dopo 42 anni Tinto Brass torna al Festival di Venezia con una retrospettiva che offrirà tre suoi corti: due trasgressivi lavori antisistema degli inizi, ”Nerosubianco” (’67) e ”Tempo libero, tempo lavorativo” (’64), e la sua ultima fatica, ”Hotel Courbet”, dove esordisce la sua nuova musa, Caterina Varzi, che è anche la sua psicanalista
Dopo 42 anni Tinto Brass torna al Festival di Venezia con una retrospettiva che offrirà tre suoi corti: due trasgressivi lavori antisistema degli inizi, ”Nerosubianco” (’67) e ”Tempo libero, tempo lavorativo” (’64), e la sua ultima fatica, ”Hotel Courbet”, dove esordisce la sua nuova musa, Caterina Varzi, che è anche la sua psicanalista. Laureata in legge, è stata ricercatrice alla cattedra di procedura penale dell’Università di Catanzaro, ha conseguito un dottorato alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo e, dopo una crisi esistenziale, è divenuta prima paziente e poi allieva prediletta di Aldo Carotenuto, psicanalista tra i massimi esponenti dello junghismo internazionale. Da quattro anni è analista con un avviato studio a Trastevere. Come è nato il suo rapporto con Brass? «Ci incontrammo per definire questioni legali relative ad alcuni suoi dvd. Ho notato in lui una lucidità giuridica sorprendente. D’altronde, pochi lo sanno, Brass è laureato in legge. Lui disse di essere rimasto folgorato dalla mia presenza e mi propose subito un film. Lui stava elaborando il lutto per la scomparsa della moglie Carla, io per quello della morte del mio maestro Aldo Carotenuto. E ci siamo compensati». Lei proviene da una tradizionale famiglia calabrese. Come hanno preso la notizia che si spoglierà per Brass? «A Soverato l’hanno presa benissimo. Mamma e papà tengono solo alla mia felicità. Ho vissuto una crisi esistenziale pesante, in gioventù: un matrimonio andato a rotoli, annullato dalla Sacra Rota per impotenza del coniuge, un ritiro in una comunità della Romagna come apicoltrice, un periodo ”zen” per riconciliarmi con la vita. Avevo un pessimo rapporto con me stessa e con il mio corpo. Un fortunato giorno, mi trovai per caso a una conferenza di Aldo Carotenuto, il mio futuro maestro. Da allora la mia vita è cambiata. E, dopo quattro anni di analisi, divenni sua assistente alla cattedra di teoria della personalità e, infine, psicoanalista io stessa». Ha informato i suoi pazienti che si sarebbe spogliata sullo schermo? «Cero, era un mio dovere professionale. E ho trovato in loro grande entusiasmo per la mia scelta. Del resto noi lavoriamo molto sulla creatività e i tabù, anche quelli relativi al rapporto con il proprio corpo». Michele Giordano