Gigi Moncalvo, Libero 26/08/2009, 26 agosto 2009
LIBRO MONCALVO SUGLI AGNELLI/8
COSI’ I ”PROTETTORI” HANNO DIVISO GLI AGNELLI
Margherita è adirata. venuta a sapere da sua madre un fatto gravissimo. Grande Stevens le ha consigliato di farsi un avvocato in Svizzera «perchè sua figlia ha intenzione di scatenare la guerra contro di lei e lei deve essere difesa. Mi pare che sua figlia abbia molta voglia di litigare con lei», avrebbe detto a Marella. In sostanza è accaduto questo. Grande Stevens ha visto, dalla lettera precedente, che Margherita (...)
(...) si è rivolta a uno studio legale di Ginevra. Contemporaneamente, Franzo - secondo Margherita - ”mette” sua madre nella mani di un avvocato, dopo averla convinta che Margherita vuole litigare anche con lei. Margherita si arrabbia anche perché Grande Stevens, forse per uscire dalla situazione che si fa difficile e stringente data la non docilità della figlia di Agnelli, mette sua madre nelle mani di un illustre sconosciuto, «a difenderla ma contro chi?».
I nuovi chiarimenti
«Qui bisogna chiarire le cose, non aggiungere altri paraventi perché non serve a nessuno», invoca Margherita con estrema decisione e stanca di aspettare. Pone dunque le sue precise domande, da tre mesi senza risposte, e comincia nero su bianco a esplicitare i suoi crescenti ”sospetti”, citando un fatto specifico - in contrasto con la vaghezza della ”tradizione orale” di Gabetti e Grande Stevens - e chiedendo: «Mio padre, dinnanzi a R. Brandolini e a conoscenza ugualmente di S. Maron, ha messo a disposizione per me degli averi, per il quale il mio nome con passaporto e permesso B sono stati notificati. Dove sono? Pare siano svaniti: lei crede che è possibile?».
Margherita rivela dunque che suo padre le fece chiedere le copie del passaporto e del documento B (per chi risiede in Svizzera), e tutto venne notificato allo scopo di accreditarle e metterle a disposizione «degli averi». Dove sono finiti questi averi? Dove si dovevano prelevare e perché non le sono mai stati accreditati? In questo caso la volontà di suo padre, espressa davanti a due testimoni, perché non ha valore e non è stata eseguita?
Margherita ribadisce di essere stata costretta a rivolgersi a un avvocato e, gettandosi ironicamente la croce addosso di fronte alla ”grandezza” dei suoi due illustri interlocutori torinesi, scrive: «Abbia pazienza e scusi la mia lentezza intellettuale nel non percepire a volo d’aquila strutture di cui né io né mia madre abbiamo l’abitudine».
Margherita dunque, in poche righe, si è auto-attribuita il titolo di ”casalinga, ”donna di casa e non di affari”, persona che ha ”una lentezza intellettuale” rispetto al ”volo d’aquila” con cui i due consulenti percepiscono rapidamente complicatissime e ardite architetture finanziarie. Due consulenti che - dall’alto della loro superiorità e magnificenza - non si abbassano e non si degnano di spiegare nulla nemmeno all’erede legittima del ”datore di lavoro” da cui dipendevano e dipendono e di cui erano ”al servizio”.
Siamo allo splash-down. Margherita si è rivelata un osso duro, non demorde, lo sta mettendo alle strette, meglio defilarsi. Una settimana dopo la lettera di Margherita, Franzo scrive per l’ultima volta. il 22 aprile. Con voluta freddezza invia un fax molto formale e senza più alcun riguardo nemmeno stilistico:
Rispondo alla lettera datata 15 aprile 2003 inviatami per fax la sera del 18 aprile quando ero sul punto di partire per il week-end di Pasqua:
1) Giustamente Lei mi dice che essendo una donna e una casalinga ha dovuto chiedere l’assistenza di avvocati. Credo che la Sua scelta sia stata ottima;
2) Altrettanto giustamente Lei dice che, come Lei, anche Sua madre non ha familiarità (’abitudine”) con strutture giuridiche. proprio per questo e cioè per seguire il Suo giusto comportamento che ho indicato a Sua madre avvocati altrettanto bravi, di uno studio altrettanto reputato, nella stessa città dei Suoi avvocati dei quali sono amici. E così, fra tecnici, potranno chiarire e venire a capo d’ogni cosa. Sia Lei che Sua madre non chiedono agli avvocati un atteggiamento ostile verso chicchessia ma le consulenze che alle eredi sembreranno necessarie ed opportune.
3) I Suoi avvocati m’hanno scritto che le Sue richieste erano rimaste lettera morta mentre a me sembrava e sembra che ho sempre risposto alle Sue domande e Le ho inviato tutti i documenti che ogni volta m’ha domandato. Ho pregato allora, a scanso di equivoci, il dottor Gian Luca Ferrero di inviare, tramite i loro colleghi ginevrini, un dossier completo di tutti gli atti ai Suoi avvocati di modo che essi possano soddisfare ogni Sua esigenza di informazione e darLe tutti i pareri giuridici che Lei desidera. Dopo l’incarico che essi hanno ricevuto da Lei non posso permettermi di invadere il loro campo e di interferire nei Vostri rapporti per esprimere un parere sugli istituti giuridici cui Lei fa cenno.
4) Lealmente sin dalla prima riunione presso il notaio Morone Lei ha manifestato, senza giri di parole, ”diffidenza”, ”sospettosità” e nella Sua ultima lettera lamenta di ”reticenze” che a me pare non vi siano state. Lei capirà agevolmente che un rapporto professionale deve presupporre un’assoluta fiducia. Mancando questa da parte Sua e cioè da una delle due eredi di Giovanni Agnelli, ho dovuto declinare l’incarico di esecutore testamentario
5) Infine Le confermo che il quarantennale rapporto con Suo padre è stato per me molto gratificante; ma non è stato un rapporto ”di servizio” come scrive Lei bensì di reciproco rispetto. Ero l’avvocato cui Suo padre si rivolgeva più spesso per chiedere assistenza e consulenza per le numerose ed importanti operazioni del Gruppo che egli presiedeva. Non dimenticherò mai che il garbo, l’attenzione, la gentilezza, la fiducia con i quali Egli si rivolgeva a me come al Suo avvocato di fiducia erano esemplari.
Grazie della Buona Pasqua; in ritardo auguro anche a Lei ed ai Suoi tanta serenità
avv. Franzo Grande Stevens”.
Com’è cambiato il tono di Grande Stevens rispetto alle altre sue lettere e dopo l’ultima missiva di Margherita! Quando credeva di parlare solo a una ”sprovveduta donnetta” considerandola ”incapace” di capire e quindi degna solo di risposte generiche e fuorvianti, prive di qualunque dato di fatto concreto, era garbato e faceva ritenere di voler dare spiegazioni e di essere a disposizione. Ora invece tutto cambia. C’è la consapevolezza che esiste un avvocato che esamina le sue lettere, le valuta e ne sa pesare le mancate risposte. A proposito dei legali svizzeri cui Margherita si è rivolta, scrive: ”Credo che la Sua scelta sia stata ottima perché si tratta di avvocati di prim’ordine che stimo molto e che fan parte di uno degli studi di maggior reputazione”. Colto in castagna sul fatto di aver consigliato a donna Marella di ”farsi un avvocato” per difendersi dagli attacchi della figlia, Grande Stevens ammette di averlo fatto: ” proprio per seguire il Suo giusto comportamento che ho indicato a Sua madre avvocati altrettanto bravi, di uno studio altrettanto reputato, nella stessa città dei Suoi avvocati dei quali sono amici. E così, fra tecnici, potranno chiarire e venire a capo d’ogni cosa”. Grande Stevens glissa sul fatto gravissimo di aver consigliato a una delle due eredi di ”farsi l’avvocato” mettendola in contrasto con la famiglia arrivando a paventare uno scenario di ”conflitto”.
La gira così: dato che le due signore non hanno familiarità (’abitudine”) con strutture giuridiche, Franzo ha indicato bravi avvocati. E aggiunge, per evitare l’accusa di aver fatto credere a donna Marella che la figlia vuole la guerra: ”Sia Lei che Sua madre non chiedono agli avvocati un atteggiamento ostile”. Ma che ne sa, Grande Stevens, di quello che Margherita chiede ai suoi avvocati? Perché non domanda a se stesso, e non domanda anche a Gabetti, come si è arrivati a quel punto, chi ha la responsabilità di aver creato quella situazione di confusione e incomunicabilità, e quanto è stato voluto tutto questo al fine di mettere la madre contro la figlia, o viceversa, o di fare in modo che all’esterno si creda sia così.
Il sassolino
C’è un ultimo sassolino che Franzo vuole togliere dalla sua scarpa. Una frase con cui Margherita ha evidentemente colpito nel segno, quella definizione (’di servizio”) per delimitare il rapporto tra l’Avvocato e il suo avvocato. ”Ma quale uomo di servizio?”, dice Grande Stevens. ”Il quarantennale rapporto con Suo padre è stato per me molto gratificante; ma non è stato un rapporto ”di servizio” come scrive Lei bensì di reciproco rispetto. Non dimenticherò mai che il garbo, l’attenzione, la gentilezza, la fiducia con i quali Egli si rivolgeva a me come al Suo avvocato di fiducia erano esemplari”. Un modo come un altro per dire che Margherita con lui - contrariamente al padre - non ha avuto garbo, attenzione, gentilezza, fiducia. Per quanto riguarda quest’ultimo termine non ci sono dubbi di sorta. Per quanto riguarda il ”reciproco rispetto”, meglio non approfondire.
Dopo Gabetti, anche Grande Stevens, dopo un mese e mezzo di scambi epistolari, interrompe ogni contatto diretto e formale con Margherita. Da questo momento lei viene cancellata dai due ”grandi vecchi”.
Ora bisogna fare in modo che anche la famiglia la cancelli, molto di più e molto più visibilmente e platealmente di come è stato fatto finora.
(8 / continua)