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 2009  agosto 27 Giovedì calendario

LIBRO MONCALVO SUGLI AGNELLI/5


ECCO L’ATTO DI ACCUSA DI MARGHERITA
L’atto di citazione porta la data di lunedì 28 maggio 2007 e risulta depositato alla cancelleria del Tribunale di Torino lo stesso giorno. E’ composto di dodici pagine, elenca sinteticamente venticinque punti, porta in allegato ventiquattro documenti. una citazione molto schematica e senza fronzoli, scritta dall’avv. Girolamo Abbatescianni insieme con i colleghi Luigi Guerrieri di Milano e Giuseppe Celona di Torino. Tredici sono le note che indicano i precedenti giurisprudenziali.

L’atto di citazione promosso da Margherita Agnelli è rivolto contro – nell’ordine – ”Grande Stevens Avvocato Franzo, nato a Napoli il 13 settembre 1928, domiciliato in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 72; e contro Maron Signor Siegfried, nato a Basilea il 6 gennaio 1953, domiciliato in Hummelbergstrasse 94, 8645 Jona (CH); e contro Gabetti Dr. Gianluigi, nato a Torino il 29 agosto 1924, domiciliato in Torino, corso Matteotti 26”.

Donna Marella Caracciolo non compare tra i convenuti. Di lei gli avvocati parlano in fondo alla citazione spiegando che la sua chiamata serve soltanto per procedere davanti allo stesso Tribunale, dato che lei è l’unica coerede con Margherita, alla eventuale divisione dei beni supplementari che dovessero emergere dal rendiconto e che quindi non sono stati divisi nella prima fase.

La premessa muove dalla morte dell’Avvocato Giovanni Agnelli: «In assenza di istituzioni testamentarie di erede, avendo il de cuius disposto solo a titolo particolare la successione, regolata dal diritto italiano, si apriva ex lege a favore delle uniche eredi: il coniuge, Donna Marella Caracciolo, e la figlia, Signora Margherita Agnelli in de Pahlen».

Si entra subito nel vivo del problema: «Per la gestione dei propri affari, sia in Italia che all’estero, il Senatore Giovanni Agnelli si era avvalso da lungo tempo di professionisti di propria fiducia, l’avv. Franzo Grande Stevens e il dr. Gianluigi Gabetti, entrambi assistiti dal signor Siegfried Maron, ai quali aveva conferito mandato di durata per la gestione anche del proprio patrimonio mobiliare. Per il compimento di tale mandato, i tre professionisti assumevano cariche sia in società di capitali che in fondazioni e trust». Questi tre signori, «rispettosi del mandato ricevuto» da Agnelli, si sono occupati dei suoi interessi anche nell’ultimo periodo precedente la morte. «La gestione proseguiva, nonostante l’intervenuta estinzione del mandato con la morte del mandante non potendo le eredi provvedervi direttamente ed essendo i citati professionisti gli unici soggetti autorizzati a gestire anche in assenza del Senatore Agnelli».

Dunque, i tre - secondo i legali di Margherita – non hanno smesso di gestire i beni oggetto dell’asse ereditario dopo la morte dell’Avvocato, ma hanno continuato anche dopo l’apertura della successione «nell’interesse delle eredi che non hanno mai manifestato una volontà contraria. L’amministrazione del patrimonio ereditario proseguiva pertanto quale gestione di affari altrui».
I compiti

Vengono quindi passati in rassegna i compiti di ciascuno dei tre convenuti in giudizio. Grande Stevens: «L’attività da lui svolta nell’interesse prima del de cuius e, successivamente, delle eredi, oltrepassa i limiti del mandato professionale perseguendo anche gli interessi dell’altra coerede. Lo stesso Grande Stevens veniva designato, con scheda testamentaria del Senatore Agnelli del 14 gennaio 1985, quale esecutore testamentario, incarico che peraltro non accettava». Gabetti: « stato il consulente di fiducia del Senatore Agnelli per la gestione degli interessi dello stesso nelle varie società, fondazioni, trust ed enti in genere riconducibili direttamente o indirettamente a lui». Maron: « il soggetto preposto al cosiddetto ”Family Office”, denominati SADCO di Zurigo e SACOFINT di Ginevra, cui il Senatore Agnelli aveva affidato il compito di gestire, d’intesa con il dr. Gianluigi Gabetti e l’avv. Franzo Grande Stevens, il proprio patrimonio mobiliare internazionale».

Per questo, tutti e tre - «sia quali mandatari del de cuius sia quali gestori di affari altrui» - devono «rendere il conto del loro operato all’erede Signora Margherita Agnelli in de Pahlen». Lo stesso diritto di richiedere il rendiconto ai mandatari compete a Margherita anche qualora i tre professionisti abbiano agito, dopo l’apertura della successione, su mandato dell’altra coerede, Donna Marella Caracciolo, oppure nell’esercizio dei poteri loro conferiti in qualità di amministratori di società, fondazioni e trust.

L’atto di citazione ricorda che Margherita ha chiesto più volte ai tre chiamati in causa «di renderle il conto dell’intero asse ereditario, della sua consistenza alla data di apertura della successione e della gestione ad essi affidata (e proseguita dopo l’apertura della successione)». L’unica, parziale risposta era solo quella di Grande Stevens che dava disposizioni al commercialista Gian Luca Ferrero di comunicare ai legali di Margherita la consistenza dell’asse ereditario. Ma la comunicazione riguarda però solo i beni presenti in Italia: nessun rendiconto è stato reso relativamente «all’ulteriore patrimonio mobiliare e alle partecipazioni riferibili, direttamente e indirettamente, al de cuius». Tra queste vengono citate, oltre a ”Dicembre società semplice”, anche Calamus Trading, FIMA, CS-Group, Sikestone Invest Corp., Sigma Portfolio Corp, e Springrest Inc.
Operazione verità

Gli avvocati di Margherita indicano come dovrà essere reso il rendiconto: «In modo esauriente comprendendo non solo l’elenco dei beni sia in Italia che all’estero, ma anche l’evoluzione dell’intero patrimonio riferibile, direttamente ed indirettamente, al Senatore Agnelli». Tale rendiconto «dovrà essere sottoscritto da ciascuno dei convenuti e dovrà essere analitico e corredato della documentazione necessaria». Inoltre, il rendiconto che Margherita chiede che il Tribunale ordini ai tre gestori di esibire, non deve essere limitato al momento della morte del padre ma deve riguardare anche i dieci anni precedenti e gli anni successivi: «Il rendiconto, con l’esibizione di tutta la necessaria documentazione, relativo alla gestione di tutti i beni di proprietà del de cuius, anche se detenuti indirettamente, ovunque essi si trovino, siano essi mobili, immobili, depositi bancari, titoli, investimenti in genere anche se realizzati attraverso fondazioni, trust e analoghi istituti fiduciari, nonché partecipazioni sociali». Si chiede al Tribunale di disporre che «il conto venga sottoscritto, reso in forma analitica, cespite per cespite, con la precisazione degli atti di gestione compiuti e con l’indicazione dell’evoluzione storica del valore nei due periodi che vanno rispettivamente dal 24 gennaio 1993 e fino al 24 gennaio 2003, nonché da tale ultima data al momento della resa del conto», in modo da poter valutare l’operato dei mandatari e gestori.

Questo rendiconto si rende necessario, in particolare, dopo «la dichiarazione della Morgan Stanley con cui si afferma che un conto corrente riconducibile al Senatore Agnelli è stato movimentato dopo la sua morte, senza peraltro precisare chi ha impartito il relativo ordine e chi ha disposto che la banca non desse ulteriori informazioni».

Di fronte a tutto questo silenzio e «non avendo avuto una completa rappresentazione dell’asse ereditario nonostante i solleciti», Margherita non è in condizione di ricostruire esattamente il patrimonio del de cuius «anche nell’interesse dei propri figli, unici discendenti del nonno Senatore Agnelli e della nonna Donna Marella Caracciolo». Viene citato Grande Stevens, il quale - con lettera del 26 marzo 2003 avvalorando ancora una volta il suo ruolo di mandatario del Senatore Giovanni Agnelli - affermava rivolgendosi a Margherita: «Le confermo che Suo padre all’epoca della donazione a Sua mamma, a Lei ed a Jachi disse che anche tutti gli altri Suoi figli avrebbero beneficiato del patrimonio lasciato a lei ed a Sua mamma».

A ulteriore conferma che Margherita agisce anche nell’interesse di tutti i suoi figli, gli avvocati scrivono che «l’esatta ricostruzione del patrimonio ereditario costituisce il presupposto per procedere alla petizione di eredità, azione che Margherita Agnelli intende svolgere esclusivamente allo scopo di salvaguardare la parità di trattamento tra tutti i propri figli». In sostanza Margherita, non avendo potuto valutare con sua madre - in assenza di rendiconto – «le modalità della gestione e l’eventuale responsabilità dei gestori già mandatari e nemmeno la consistenza di tutti i beni che formano l’asse ereditario» afferma che solo dopo il rendiconto si potrà procedere alla completa divisione, tenuto conto anche dei beni che sono già stati divisi.

Ed eccoci all’’Accordo tombale”. I legali di Margherita scrivono: «Le operazioni di divisione di alcuni beni fino ad oggi effettuate non esauriscono l’intero asse ereditario e le rinunce - in base all’accordo, privo del requisito della forma, intervenuto il 18 febbraio 2004 ed al successivo Patto Successorio del 2 marzo 2004 - sono nulle perché contrarie a norme imperative e, in ogni caso, confliggono con l’ordine pubblico». Per questo viene chiesto al tribunale di dichiarare la nullità, annullabilità o inefficacia, degli accordi intercorsi in Svizzera. Comunque sia questi accordi non escludono una divisione supplementare qualora dal rendiconto emergessero ulteriori beni appartenenti all’asse ereditario.
La richiesta di condanna

La necessità ”tecnica” per cui anche Donna Marella viene citata in giudizio, è spiegata in questo modo: «La divisione viene chiesta, per economia di giudizi, nella presente procedura unitamente al rendiconto. Esclusivamente per tale motivo, la presente azione è svolta anche nei confronti dell’altra coerede, Donna Marella Caracciolo, litisconsorte necessario nella divisione dei beni ereditari, dichiarando Margherita Agnelli, fin da ora, la più completa disponibilità a procedervi in via amichevole, una volta ricostruito l’asse ereditario, previo accertamento della qualità di erede, collazione ed eventuale esperimento delle azioni di risarcimento del danno nei confronti dei mandatari e dei gestori».

Oltre al rendiconto viene chiesto al Tribunale, «in via principale eventuale», di condannare Grande Stevens, Gabetti e Maron, in solido al risarcimento dei «danni eventualmente provocati dalla loro violazione degli obblighi di mandatari e/o gestori di affari altrui in relazione all’asse ereditario, nella misura che verrà determinata in corso di causa, a favore delle coeredi».

Copiosa la documentazione allegata. L’elenco delle società estere controllate dall’Avvocato. L’elenco parziale redatto di suo pugno da Siegfried Maron delle Fondazioni appartenenti all’Avv. Agnelli. I certificati di costituzione delle BVI aperte nelle Isole Vergini. Lo statuto della ”Fondazione Alkyone”. Il ”rendiconto” relativo ai beni in Italia compilato da Gianluca Ferrero. Quattro lettere di Grande Stevens. Una di Gabetti. Il biglietto di condoglianze di Siegfried Maron a Margherita per la morte del padre. Due lettere di Margherita a Grande Stevens. Tre lettere dei legali svizzeri di Margherita. La copia del patto successorio firmato in Svizzera. E infine, l’importantissima lettera di Morgan Stanley.

(5 / continua)