Gigi Moncalvo, Libero 20/08/2009, 20 agosto 2009
LIBRO MONCALVO SUGLI AGNELLI/2
IL TESTAMENTO DELL’AVVOCATO
Nel suo testamento Gianni Agnelli indica come suoi eredi la moglie Marella e i figli Edoardo e Margherita. Le volontà testamentarie dell’Avvocato erano e sono chiare. Il particolare che sia indicato ancora Edoardo, nonostante fosse morto tre (...)
(...) anni prima del padre, è la prova più chiara che l’Avvocato non ha cambiato le sue volontà nel corso del tempo. Non è vero dunque, come hanno scritto alcuni giornali, che Gianni Agnelli aveva cambiato il testamento tre volte e ciò era avvenuto negli ultimi suoi anni di vita. L’Avvocato non ha mai cambiato il proprio testamento né i nomi di chi, fin dal 20 aprile 1999 aveva scelto come beneficiari dei suoi beni. Semplicemente ha scritto in tre date diverse ognuna delle tre schede che rappresentano le sue ultime volontà. La scansione delle date non implica un cambiamento nell’indicazione degli eredi, dato che nelle schede successive non viene revocata alcuna precedente disposizione.
In senso strettamente giuridico non si tratta di un vero e proprio testamento, ma di una serie di ”legati” testamentari. Il documento olografo, cioè scritto di suo pugno, da Gianni Agnelli si compone di tre schede scritte in tempi diversi. I tre documenti, chiusi in una busta gialla e sigillata, erano stati consegnati da Gianni Agnelli a Franzo Grande Stevens - nella sua qualità di esecutore testamentario - che li aveva chiusi nella cassaforte del suo studio.
Le tre schede
Il 30 gennaio, assente Margherita che non era stata informata, Grande Stevens aveva prelevato la busta dalla cassaforte, l’aveva mostrata a Marella Agnelli ed era stato lui, successivamente, a consegnarla – sempre nelle sue vesti di esecutore testamentario - al notaio Morone. Insieme alle tre schede, a parte, nella cassaforte di Grande Stevens c’era anche la cosiddetta ”Lettera di Monaco”, scritta di suo pugno dall’Avvocato nel luglio1996 nella clinica di Montecarlo in cui si trovava per un intervento chirgico al cuore. Questa lettera non verrà consegnata al notaio per l’apertura della successione.
Passa un mese esatto dalla morte dell’Avvocato quando, il 24 febbraio 2003 alle 10,45 nello studio del notaio Ettore Morone si procede all’apertura del testamento. Nell’atto viene indicata solo la presenza di Marella Agnelli anche se, da un certo punto della seduta in poi, arriva anche Margherita.
Il notaio detta il verbale alla sua segretaria:
’Avanti a me, dott. Ettore Morone, notaio iscritto al collegio notarile dei distretti riuniti di Torino e Pinerolo, con residenza in Torino, alla presenza dei signori Claudio Comba e Stefano Lamagni, intervenuti quali testimoni aventi i requisiti di legge, come mi confermano, è personalmente comparsa la signora Marella Caracciolo Agnelli, nata a Firenze il 4 maggio 1927, residente a Saint Moritz (Svizzera), via Clavadatsch n. 7, benestante”.
Il notaio annota:
’Detta comparente, della cui identità personale sono certo, mi mostra un estratto dell’atto di morte del signor Giovanni Agnelli, nato a Torino il 12 marzo 1921, domiciliato in vita a Torino ed ivi deceduto il 24 gennaio 2003, come consta da detto estratto di morte che, previa dispensa di darne lettura, si inserisce al presente verbale quale allegato A”.
Il verbale così prosegue: la signora
’mi fa istanza di pubblicare i testamenti olografi del defunto stesso, previamente depositati fiduciariamente, consistenti nelle seguenti schede testamentarie: la prima composta di un foglio uso bollo scritto per dieci righe della prima facciata; la seconda composta di un foglio di carta da lettere scritto per cinque righe della prima facciata; la terza composta di due fogli scritti rispettivamente per quindici e dieci righe comprese le date e le firme”.
’Su queste schede appaiono queste disposizioni testamentarie:
PRIMA SCHEDA – ”Prelego l’usufrutto vitalizio delle azioni della G.A.P.I. Spa a mia moglie Marella Caracciolo (tale prelegato è quindi da intendersi a carico di tutta l’eredità ed è da prelegarsi prima di ogni altra ripartizione). 12-12-83 Torino Giovanni Agnelli”.
SECONDA SCHEDA – ”Nomino mio esecutore testamentario l’avvocato Franzo Grande Stevens. Torino, 14 gennaio 1985 Giovanni Agnelli”.
TERZA SCHEDA – ”Lego gli immobili in Torino, Strada San Vito Revigliasco 256 con relative pertinenze e con tutti gli inerenti arredi, accessori, mobili ed oggetti per l’usufrutto vitalizio a mia moglie Marella e per la nuda proprietà ai miei due figli Margherita ed Edoardo in parti uguali.
’Lego ogni mia proprietà immobiliare in Villar Perosa con relative pertinenze e con tutti gli inerenti arredi, accessori, mobili ed oggetti per l’usufrutto vitalizio a mia moglie Marella e per la nuda proprietà ai miei due figli Margherita ed Edoardo in parti uguali.
’Lego gli immobili in Roma via XXIV Maggio 14 con relative pertinenze e con tutti gli inerenti arredi, accessori, mobili ed oggetti per l’usufrutto vitalizio a mia moglie Marella.
’Lego gli immobili in Torino Strada San Vito Revigliasco 45 e 63 a mio figlio Edoardo.
Giovanni Agnelli, Torino martedì 20 aprile 99”.
Le ville ai figli
Il verbale prosegue: ”Dette schede testamentarie non presentano postille, cancellazioni, o altre accidentalità degne di nota. E per tanto io notaio leggo alla comparente in presenza dei testi le schede testamentarie suddette, le quali, previa vidimazione da parte di me notaio, della comparente e dei testi, vengono inserite al presente verbale quali allegati ”B”, ”C”, ”D” per farne parte integrante e sostanziale. Del che tutto occorso alla continua presenza della comparente e dei testi, faccio io notaio constare con il presente verbale, quale leggo, in presenza dei testi, alla comparente, che su mio interpello lo dichiara conforme a sua volontà e meco in conferma si sottoscrive unitamente ai testi, alle ore 11 circa.
’Scritto da persona di mia fiducia, il presente occupa i due fogli in bollo, facciate quattro e parte della quinta.”
Seguono le quattro firme in quest’ordine: Marella Caracciolo Agnelli; Stefano Lamagni, teste; Claudio Comba, teste; Ettore Morone, notaio.
Tutto deciso nell’83
Gianni Agnelli dunque ha scritto la prima volta le sue volontà il 12 dicembre 1983. Mancano vent’anni alla sua morte, l’Avvocato ha solo 62 anni, non soffre di malattie importanti e tali da fargli presagire una fine imminente, anche se c’è la sua vita avventurosa, i continui viaggi in aereo e in elicottero, soprattutto gli imprevisti del destino sempre pronti a colpire. Questa prima manifestazione delle sue volontà può essere quindi intesa come un semplice atto per lasciare ”qualcosa di scritto” in caso di premorienza.
Stranamente però in questo documento - quasi fosse un modo che spesso i comuni mortali hanno per esorcizzare il destino -, si parla solo degli immobili poiché la ”GAPI, Gestione Amministrazione Partecipazioni e Investimenti”, è una società per azioni all’interno della quale Agnelli aveva racchiuso le sue proprietà immobiliari in Italia. Nel suo primo testamento del 1983 (la ”Prima Scheda”), l’Avvocato aveva dunque lasciato l’usufrutto vitalizio della GAPI alla moglie, con un atto chiamato in gergo tecnico ”prelegato”.
La società GAPI, poi messa in liquidazione nel 1997, vantava un patrimonio immobiliare del valore catastale di quasi dieci miliardi di lire, almeno cinque volte tanto in termini reali, suddiviso in tre prestigiosi immobili: Villar Perosa, Villa Frescot, la casa di Roma vicino al Quirinale. Accanto a queste tre proprietà figurava anche una partecipazione fino ad allora sconosciuta, la ”Svapat”, proprietaria di un altro immobile torinese in Val Pattonera, il cui valore catastale ammontava a 605 milioni di lire.
Sedici anni dopo
Quando l’Avvocato firmò questo legato lasciava dunque solo a sua moglie l’usufrutto vitalizio degli immobili contenuti nella ”GAPI”. Edoardo e Margherita, in quel 1983 in cui viene scritto il primo ”testamento”, hanno rispettivamente ventinove e ventotto anni.
La seconda ”manifestazione di volontà” di Gianni Agnelli porta la data del 14 gennaio 1985, poco più di un anno dopo la ”prima scheda”. Il documento non parla né di beni né di destinazioni ma è ugualmente importante poiché Agnelli fa entrare in scena l’avv. Grande Stevens e lo nomina suo esecutore testamentario.
L’ultima scheda del testamento, quella dell’aprile 1999, prevede la destinazione degli immobili a Marella, Edoardo e Margherita e in pratica annulla la prima scheda. La GAPI infatti era già stata liquidata da due anni e tutte le sue proprietà immobiliari erano passate direttamente in capo all’Avvocato, compresa la Svapat.
Sono passati sedici anni dal primo legato, anzi dal pre-legato del 1983, al 20 aprile 1999. Questa è la terza e ultima volta in cui Gianni Agnelli prende carta e penna e stabilisce la destinazione dei suoi beni. Egli ovviamente non lo sa, ma lo attendono meno di quattro anni di vita. Ha 78 anni, la sua salute non è delle migliori, i problemi si moltiplicano, lo spirito è ben diverso dal giorno in cui, sedici anni prima, aveva scritto per la prima volta le sue volontà. Adesso sa che occorre essere più precisi e dettagliati. Questa dunque è la più importante delle tre fasi temporali in cui l’Avvocato ha scritto le proprie volontà. Prima di tutto poiché è la più ravvicinata alla sua morte. In secondo luogo poiché dà indicazioni su come deve essere suddiviso il suo patrimonio. La sua volontà di conferire tutto a Marella, Margherita e Edoardo è inequivocabile.
L’Avvocato non lo può certo immaginare ma Edoardo diciotto mesi dopo sarebbe tragicamente scomparso. Si è parlato molto dei rapporti tormentati e contrastati tra padre e figlio, e tra figlio e padre. Ma, quel giorno di aprile 1999 in cui Gianni Agnelli designa Edoardo fra i tre unici suoi eredi, una cosa è certa: suo figlio viene designato tra gli eredi. Anche se di fatto da tempo è stato ”tagliato fuori” dal papà, spesso in modo ostentato e sgradevole, da ogni attività aziendale. Anche se da anni è stato privato di ogni ruolo e ogni onore e spesso lo si è voluto anche umiliare perfino lasciandolo senza denaro anche per piccole spese correnti. Anche se è stato dolorosamente, e senza riguardo alcuno, emarginato.
Edoardo riabilitato
All’esterno si è sempre pensato che il padre abbia voluto far ”pagare” in quella maniera ostentata al primogenito la sua ribellione, la sua indipendenza, la sua libertà di pensare e di parlare, le sue prese di posizione provocatorie e mai concordate, comunque considerate ”non consone”, inadeguate, dannose all’immagine della Famiglia prima e della Fiat poi. Mentre accade tutto questo, mentre ogni cosa vista dall’esterno lascia pensare che si sia raggiunto il punto più basso nei rapporti tra padre e figlio, ecco che invece l’Avvocato non disereda suo figlio, non dà un segno di estrema, definitiva e palese emarginazione che in futuro – al momento della morte e dell’apertura del testamento – sarebbe stato chiaro e ovvio, alla luce di quanto era avvenuto fino a quel momento. No, Gianni Agnelli ”riconosce” appieno a Edoardo il suo ruolo di figlio, quasi in un gesto di palese ed estremo ”perdono”, di cancellazione definitiva delle colpe di cui si è macchiato negli anni quel figliolo così solo, sensibile, ma anche irrequieto e incontrollabile. Nonostante lunghi anni di parole non dette, freddezza, distacco, impazienza, quasi avversione verso quel figlio intemperante ma così bisognoso di aiuto e amore, Gianni Agnelli nel momento di scrivere le sue ultime volontà compie un vero e proprio gesto di ”riabilitazione” nei confronti di Edoardo.
Lo riammette nella famiglia a pieno titolo, lo riprende con sé, lo riabilita agli occhi del mondo, rovescia le attese e le cattiverie di chi si aspetta che il figlio Edoardo venga colpito dall’ultimo, terribile anatema di un padre: essere diseredato.
(2/ continua)