Mariangela Modafferi, ItaliaOggi 26/8/2009, 26 agosto 2009
AL SUPERMARKET ANCHE PER FAR BENE
La Coop è stata pioniera con la certificazione Fairtrade, seguita di recente da Lidl e Conad
Cresce la vendita di prodotti equo solidali. E la gdo si attrezza
Fra i banchi del supermercato c’è chi cerca il marchio conosciuto, chi il prezzo più basso e chi, infine, prodotti che oltre alla qualità siano anche portatori di valori etici e contribuiscano a fare del bene. Secondo Fairtrade, l’ente di certificazione italiano del commercio equo e solidale, l’ultima tipologia di consumatori diventa sempre più numerosa. in crisi la fiducia nei brand tradizionali o è solo una questione di consapevolezza? Quale che sia la causa, nel 2008 il consumo dei prodotti certificati è cresciuto del 20% generando un fatturato di 43 milioni e mezzo di euro (nel 2007 il giro d’affari era stato di 39 milioni). Contemporaneamente a questo nuovo interesse verso il mercato equo e solidale, sta aumentando anche il numero di insegne della grande distribuzione che decide di creare proprie linee di prodotti alimentari con la certificazione Fairtrade.
«Coop è stata la prima», spiega Paolo Pastore, direttore Fairtrade Italia. «La sua linea di prodotti certificati è nata tra il 1996 e il ’97, sei anni fa è stata rinnovata e il paniere equo e solidale è stato raccolto sotto l’etichetta Solidal Coop». Le ultime insegne che hanno scelto la garanzia del logo Fairtrade, invece, sono Lidl e Conad.
Da un’indagine commissionata dalla Fairtrade labelling organizations (il coordinamento internazionale dei marchi di garanzia) e realizzata da Globescan su 15 Paesi, risulta che gli italiani non acquistano prodotti equo e solidali perché non li trovano nei negozi che frequentano più spesso (59%) o per i prezzi alti (35%). «La reperibilità è uno dei problemi principali, soprattutto al Centro e al Sud», continua Pastore. «Uno degli obiettivi principali, infatti, è continuare ad allargare la rete di distribuzione, oltre ad adattare i prodotti ai nuovi stili di vita. Per esempio, nei punti vendita Lidl ci sono anche le cialde di caffè equo e solidale». Per quanto riguarda i prezzi, invece, secondo Pastore «le rilevazioni dicono che siamo in linea con quelli dei prodotti di marca».
Fra gli altri obiettivi di Fairtrade c’è la formazione degli addetti dei punti vendita e dei responsabili degli allestimenti: «C’è ancora una scarsa attenzione verso i prodotti certificati», spiega, «che rischiano di confondersi con gli altri». I primi mesi del 2009 stanno confermando la crescita dell’anno scorso (+20%) e per fine anno Fairtrade conta di incrementare il giro d’affari di 4 milioni di euro circa.
A testimoniare il buon momento del commercio equo e solidale c’è anche il consorzio Ctm Altromercato, una delle maggiori organizzazioni italiane del settore che gestisce le Botteghe del mondo (negozi che vendono esclusivamente prodotti del commercio equo): il bilancio 2007/2008 (chiuso a giugno dell’anno scorso) ha registrato una crescita del 7% e un fatturato superiore ai 33 milioni di euro, di cui il 73,5% dalla vendita di generi alimentari. Nei primi cinque mesi del 2009 il consorzio ha registrato un ulteriore incremento dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
La comunicazione del settore è ancora scarsa. Più che di vere campagne pubblicitarie si tratta infatti di iniziative di sensibilizzazione. Altromercato, per esempio, organizza eventi sul territorio legati a momenti di educazione e informazione in cui vengono spiegate le dinamiche del commercio tradizionale e quelle della filiera produttiva equa. Fairtrade, invece, che investe circa 150 mila euro in comunicazione, concentra le sue iniziative in occasione delle ricorrenze, come Natale o la festa della mamma, e nella campagna «Io faccio la spesa giusta», programmata per ottobre: dieci giorni in cui oltre alle promozioni sui prodotti, ci sono incontri informativi, concerti e degustazioni.