Mattia Feltri, La stampa 26/8/2009, 26 agosto 2009
”TREMONTI, LASCIA AI MUSEI GLI INCASSI DEI BIGLIETTI”
Il manager incaricato da Bondi di valorizzare il nostro patrimonio
annuncia l’accordo con Google: in Rete i libri delle raccolte pubbliche
Mario Resca ha sessantaquattro anni, un passato noto e discusso da amministratore delegato della McDonald’s Italia, uno meno noto alla Mondadori, alla Fiat, alla Rcs e all’Eni, e affronta questo imprevedibile presente da direttore generale per la Valorizzazione del Patrimonio culturale. Si è usato l’aggettivo «discusso» perché si è dibattutto - non senza qualche pregiudizio - sull’opportunità che un manager fosse deputato alle gestione delle sacralità culturali italiane. Lui, intanto, ha deciso di affidarle a Google.
Oggi ci sarà l’annuncio ufficiale. Che cosa significa questo accordo con Google?
«Io preferisco parlare di partnership, i cui dettagli devono essere ancora discussi e nel giro di un paio di mesi li avremo definiti. Il progetto è di prendere lo sterminato patrimonio delle quarantasette biblioteche gestite dal ministero - fra cui ci sono le due biblioteche nazionali, quella di Roma e quella di Firenze - e di metterlo in Rete».
Per quali ragioni?
«Essenzialmente tre. Prima: digitalizzare e diffondere nel mondo questo enorme tesoro italiano. Seconda: poterlo conservare; l’alluvione di Firenze, per fare un esempio, provocò la distruzione di testi preziosi e ora perderemmo ancora quei gioielli, ma non il loro contenuto. Terza: promuovere la conoscenza, renderla accessibile a tutti; è anche un fatto di democrazia».
Ma che cosa significa? Che si potranno leggere nel Web gli appunti di Galilei sul termoscopio?
«Esattamente. Oppure le pagine di Leonardo da Vinci, i testi dei certosini, i trattati sull’anguilla comacchiese, sul cioccolato, sulle ricette dei mastri birrai, libri in latino, in volgare, tutto».
Lei, che apprezza esplicitamente il tornaconto economico, che vantaggio ci vede?
«Intanto a noi non costerà un soldo. I nostri tecnici stanno già lavorando alla digitalizzazione: un’impresa titanica, ma sarà proseguita da Google che dispone di tali mezzi, imparagonabili a quelli di qualsiasi altro privato, che l’attività sarà di molto accelerata. Ma l’aspetto decisivo è che il nostro Paese, che ha sessanta milioni di abitanti, e quindi è molto piccolo, non ha materie prime, ha un’industria destinata a diventare marginale, ecco, il nostro Paese ha una ricchezza unica nel pianeta: il patrimonio culturale. Attraverso Google io conto di fargli girare il mondo, di farlo conoscere, di attrarre visitatori. Uno vede su Google un incunabolo, lo legge, e poi sa esattamente dove si trova, gli viene voglia di andarlo a vedere, di approfondire. Il nostro patrimonio deve costituire un’attrattiva e una risorsa economica. Io conto di dare un mano alla lingua italiana, al gusto per la lettura, all’industria tipografica e all’industria del turismo».
Quanto ci vorrà perché la digitalizzazione sia completa?
«Ci vorranno molti mesi. Ma non moltissimi, spero. Noi siamo il primo Paese a promuovere un’iniziativa del genere».
C’è anche la Francia.
«No, soltanto la Biblioteca Nazionale di Francia».
Come è nata l’idea?
«Siamo andati noi dagli amministratori di Google e abbiamo scoperto che loro volevano venire da noi, per gli stessi obiettivi, ma non sapevano come fare spaventati dalle burocrazie. Bene così».
A proposito di possibilità economiche, lei spesso dice che i soldi dei biglietti dei musei e dei siti archeologici devono rimanere ai musei e ai siti archeologici. Tremonti è d’accordo?
«Berlusconi sì. Lo ha detto in una conferenza stampa proprio al ministero. Tremonti deve capire che i denari incassati dalla cultura non possono essere utilizzati come tasse. I soldi della cultura devono servire, almeno in buona parte, per finanziare la cultura. Berlusconi è d’accordo, quindi ubi maior...».
Il problema, però, è che gli italiani non hanno voglia di andare nei musei. Il Cratere di Eufronio - riportato con merito in Italia da Francesco Rutelli - giace nell’indifferenza al museo di Villa Giulia, mentre al Metropolitan era una star.
« vero, anche se il New York Times, che diede la notizia, fece un po’ di strumentalizzazione. Il nostro obiettivo, il mio e del ministro Bondi, è quello di rendere i musei più friendly (Resca usa molti termini inglese, ndr), ma anche le biblioteche. Uno non si deve immaginare che siano luoghi polverosi abitati da anziani pedanti. Devono essere invece luoghi con personale sorridente, dove si trovano libri, stampe, bar funzionanti, gadget. anche un questione di linguaggio».
Di linguaggio?
«La cultura non è più affare privato di alcune categorie che l’hanno dominata fino a trenta-quarant’anni fa. Oggi il turismo culturale in Italia è, credo, il 50 per cento del totale. Ci sono 2500 siti archeologici, eppure il 99 per cento è pressoché sconosciuto. Noi dobbiamo usare un linguaggio diretto ai giovani, agli adulti che parlano come i giovani, dobbiamo invogliarli a visitare l’Italia. Anche perché cultura vuol dire pure teatro, musica. La partnership con Google va assolutamente in questa direzione».