Edoardo Boncinelli, Corriere della sera 26/8/2009, 26 agosto 2009
SE IL MISTERO DELLA VITA SI NASCONDE NEI NUMERI
Ignorati o contestati, sono la chiave per capire la Natura
Nel celebre film di Ingmar Bergman, Il Settimo Sigillo, il nobile cavaliere Antonius Block, al ritorno dalle Crociate, s’imbatte nella Morte che è venuta a prenderlo e la sfida a una emblematica partita a scacchi. Che perderà, naturalmente, ma di sua volontà, per compiere un gesto d’amore. Mi è venuta di recente in mente questa partita simbolica, con le sue diverse fasi, pensando all’operato di uno scienziato, grande o piccolo, consapevole o inconsapevole, e al suo lavoro sperimentale. Non la Morte, ma la Natura, è Colei che ogni sperimentatore invita spesso a un incontro ravvicinato e a un serrato dialogo, nel corso del quale tenterà di carpirle qualche segreto – parziale, va da sé, e a prezzo di grandi sforzi – in un’estenuante partita a due.
Ogni esperimento è infatti un’osservazione di uno o più fenomeni naturali in condizioni particolarmente favorevoli per lo sperimentatore, perché questi si è preparato un terreno di osservazione che gli si addice particolarmente e che gli facilita il compito, e dopo aver sistemato tutto alla meglio vi ha invitato la Natura in persona, allo scopo di catturare qualche suo segreto o qualcosa che a lui appare come un segreto. Non sempre ci riesce, ma qualche cosa gli rimane pur sempre in mano, se ha fatto bene i conti e se sa almeno approssimativamente cosa chiedere, cioè se ha già un barlume di risposta. Sono solo quattro secoli che l’uomo ha cominciato a mettere in atto tale strategia, ma si direbbe che i risultati non sono mancati. I dieci esperimenti più belli da Galileo a Millikan di George Johnson (Bollati Boringhieri, pp. 176, e 20, traduzione di Franco Ligabue) racconta appunto dieci di questi tentativi di capire qualcosa di importante, realizzati da altrettanti grandi sperimentatori del passato, da Galileo a Millikan, passando per Harvey, Lavoisier, Galvani e Volta, Joule, Pavlov... Un libretto agile e svelto – pieno di fatti, di idee stantie da abbandonare e di nuove illuminazioni da corroborare – una vera boccata d’aria fresca in un mondo di chiacchiere e di fosche elucubrazioni. L’autore avverte che gli esperimenti esposti potrebbero anche essere completamente diversi – ogni classifica contiene inevitabilmente molto di arbitrario – ma ciascuno degli esperimenti descritti è di eccezionale interesse e portatore di una grossa carica di novità, dalla circolazione del sangue alla natura della combustione (e dell’ossigeno), dall’equivalenza fra energia meccanica e calore alla determinazione della carica elettrica elementare dell’elettrone, dalla natura dei colori che i nostri occhi riescono a percepire alla scoperta dell’elettricità animale. Su che cosa questi signori hanno interrogato la Natura? Fondamentalmente su due aspetti del reale, affini tra loro ma distinti: cioè su come «funziona» l’universo e su che cosa di particolare questo si è inventato nel tempo. Come dire fisica e chimica da una parte e biologia dall’altra.
Sul primo piano, ampiamente rappresentato nella serie degli esperimenti scelti dal nostro autore, si cercano le leggi eterne in obbedienza alle quali il mondo è quello che è. Sul secondo, meno rappresentato per evidenti ragioni storiche – la biologia è una scienza molto più giovane – si cerca di raffigurarsi, anche sulla base di disegni e illustrazioni, come procede questo o quel fenomeno biologico, dalla circolazione del sangue appunto al funzionamento dei nervi e dei circuiti nervosi. Nel primo caso le leggi sono universali ed eterne, nel secondo particolari e contingenti, oggetto della nostra autentica curiosità e meraviglia. Determinare come cadono i gravi, qui o in qualsiasi altra parte dell’universo, non è la stessa cosa di descrivere come circola il sangue, un’entità molto particolare presente con modalità diverse in gruppi di esseri viventi specifici.
La scienza moderna è nata con il metodo sperimentale e con la pretesa di misurare, contando (come fece Mendel con i piselli o Newton con gli anelli di colore), pesando (come fecero i primi chimici degni di questo nome per individuare la legge delle proporzioni definite o come fece Galileo con il tempo) o calcolando a partire dai risultati di molte misure diverse (come fece Millikan per determinare la carica di un singolo elettrone utilizzando una strumentazione che oggi definiremmo primordiale). Il paradosso della misurazione – che il mondo antico aveva sostanzialmente ignorato e che qualcuno anche oggi tende a biasimare in omaggio all’assunto che «qualitativo è bello» e che la misura uccide il fenomeno – è che così si riesce a dare corpo a entità insospettate: gene, atomi, particelle elementari. Il quantitativo diviene così qualitativo contribuendo a enucleare nuove entità fondamentali e discrete, la cui esistenza si poteva prima solo sospettare. L’esperimento ideale è quello nel quale lo sperimentatore pone una domanda diretta alla Natura: «Le cose stanno così oppure in quest’altra maniera? ». Ciò non è sempre possibile – essenzialmente perché non sappiamo neanche noi bene che cosa chiedere’ e può essere allora utile aggirare la perentorietà della domanda chiedendo gentilmente se si può prendere qualche misura. In un caso e nell’altro occorre farsi un’idea preliminare, immaginare come questa idea possa essere messa alla prova e farlo, in mezzo a mille difficoltà teoriche e pratiche, utilizzando i nostri sensi e il nostro cervello che non era certo stato concepito per questo, e sfidando scetticismi e gelosie di tutti i tipi. Perché quando un albero è ancora una piccola piantina tutti tentano di svellerlo e calpestarlo, mentre quando è divenuto grande tutti cercano di salirci su. E non ci sono sconti per nessuno. Nonostante tutto, poche cose sono affascinanti come un tête-à-tête con la Natura, per una notte o per la vita, senza contare che il cavalier Block del film gioca per la propria vita, mentre lo sperimentatore gioca per la vita, o per la vita piena, di molti altri uomini, cosa di cui spesso non si rende conto nemmeno lui.