lastampa.it, 26/8/2009, 26 agosto 2009
Enzo Jannacci fa outing sottovoce, e arrivando da un mondo - quello della musica d’autore - nel quale spesso Dio è più uno scomodo metro di paragone che non un’idea, dice: «Credo in Dio e non sono ateo, sto vivendo una maturazione del mio credo religioso»; si ricorda di aver visto «la carezza del Nazareno ad un povero operaio stanco su un tram a Milano»
Enzo Jannacci fa outing sottovoce, e arrivando da un mondo - quello della musica d’autore - nel quale spesso Dio è più uno scomodo metro di paragone che non un’idea, dice: «Credo in Dio e non sono ateo, sto vivendo una maturazione del mio credo religioso»; si ricorda di aver visto «la carezza del Nazareno ad un povero operaio stanco su un tram a Milano». Ma è un cammino «con i piedi di piombo: uno non nasce con la fede dentro, in qualche interstizio della propria anima o dell’ipotalamo». «In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire». Come medico: «Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l’alimentazione ad un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale