Erika Dellacasa, Corriere della sera 24/8/2009, 24 agosto 2009
UNA MESSA PER GLI SPOSATI E UNA PER I DIVORZIATI
GENOVA – «Questa Messa non significa che una situazione vale l’altra», così monsignor Marco Granara, rettore del Santuario della Madonna della Guardia, sulle alture di Genova, apre alle cinque di pomeriggio la funzione dedicata ai separati e ai divorziati. La mattina ha celebrato la messa per le coppie fedeli, una tradizione che si ripete ogni estate: in coppia, spesso tenendosi per mano, sono entrati nella Basilica sposi che festeggiano i quaranta, i cinquanta, anche i sessant’anni di matrimonio.
Quest’anno monsignor Granara ha introdotto una novità: la messa per chi il matrimonio l’ha infranto sugli scogli della vita, per i separati e per i divorziati, per quelli «fedeli», o «subiti », come li definisce la Chiesa, che rispettano in pratica un voto di castità dopo l’allontanamento del coniuge, ma anche per i divorziati risposati o conviventi. Coloro che non possono ricevere l’assoluzione né l’Eucarestia. E monsignor Granara avverte che «una situazione non vale l’altra», così come ci sono state due messe distinte perché la prima, ha spiegato sul sagrato, è «una festa» e la seconda piuttosto «una riflessione sulla sofferenza dei divorziati credenti che è cominciata da qualche anno, ma che richiede i suoi tempi».
Una riflessione su come riavvicinare alla Chiesa chi può essersi sentito escluso.
«Nessuno – dice il monsignore nella Basilica davanti ad alcune centinaia di persone – è alla porta per chiedere qual è la vostra condizione, sposati, divorziati, conviventi: le porte del Signore sono aperte. Ci sono problemi oggettivi che richiedono schemi per regolare la vita della comunità, ma non dovete sentirvi né soli, né esclusi. Gesù vi ama. Ha detto: mangiate di me, potete farlo anche voi. Con l’amore. Leggendo il Vangelo, aiutando i poveri, frequentando la Chiesa».
Basta, dice monsignor Granara «essere offesi e arrabbiati con il Padre, Lui vi cerca, vi vuole». I «problemi oggettivi » e le «regole» di cui parla monsignore sono, appunto, quelli che non consentono la Comunione ai divorziati risposati.
la risposta che ha dato poco prima, in un incontro aperto fatto sotto tre grandi alberi ombrosi davanti al Santuario, alla signora Maria. «Sono divorziata e risposata – ha detto la donna – ho dovuto affrontare tre gravi operazioni e prima di entrare in sala operatoria ho chiesto di confessarmi e di fare la Comunione. Mi è stata sempre rifiutata. Adesso che sono arrivata all’ultima spiaggia della vita perché non posso avere questo conforto?».
E ha aggiunto: «Un prete mi ha detto: vai in una chiesa dove non ti conoscono, confessati e comunicati. Ma io voglio andare nella mia chiesa, dove sono stata bambina».
Intorno a Maria altri separati, uomini e donne, la confortano con la loro esperienza: «Mio marito ha messo incinta un’altra donna – dice Caterina – ci siamo separati ma io ho scelto di restare fedele al Sacramento, l’ho fatto per i miei figli, per trasmettere loro fiducia nei valori di un’unione per la vita. Quello che mi addolora è che mia figlia ora è innamorata di un uomo separato».
E non vorrebbe per sua figlia più apertura da parte della Chiesa? risponde «perché quando si rompe una famiglia si innesta un processo a catena che ne rompe altre». E nel celebrare la Messa monsignor Granara invoca il perdono «dei nostri peccati ed egoismi, per la cocciutaggine di aver voluto ridurre la felicità solo a noi stessi».
L’ha spiegato prima: non si può in nome della propria felicità con un’altra persona creare altre infelicità. Ma ha anche detto che Benedetto XVI nel 2005 ad Aosta ha avviato «una riflessione » sulla sofferenza dei divorziati. Un percorso è iniziato. Non solo per i cattolici. «Gli ortodossi, ad esempio – ricorda il monsignore sul sagrato ”, prevedono la possibilità di risposarsi dopo un certo periodo di anni».