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 2009  agosto 24 Lunedì calendario

QUEGLI AGENTI SCOMPARSI DALLE CARCERI


Nei padiglioni novemila uomini in meno Molti distaccati negli uffici o al ministero

Tre agenti di polizia penitenziaria sono distaccati all’Astrea, la squadra di calcio del corpo, che milita attualmente in se­rie D. Portano le borracce ai giocatori. Con tre agenti – come quelli – si può sorvegliare un padiglione a Napoli, Poggioreale, dove la pian­ta organica prevede la presenza di 946 agenti e invece ce ne sono solo 690.

Cinque agenti di polizia penitenziaria lavo­rano alla block house del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in via Lui­gi Daga. La block house è dove si svolge il pri­mo filtro all’accesso. Con cinque agenti si con­trolla un carcere medio, nelle ore pomeridiane e notturne.

Un tardo pomeriggio, qualche mese fa, Eu­genio Sarno, segretario della Uil-penitenziari, entrando al ministero della Giustizia di via Arenula, contò 13 agenti di polizia penitenzia­ria, «cinque al rilascio dei passi, tre a prendere mosche nel cortile, tre a girare nella macchina di pattuglia, un sovrintendente, un ispettore. Con 13 uomini si sorveglia un carcere intero. Forse se andate ad Avellino a quell’ora nemme­no ci sono tredici unità di servizio». E poi, un piantone alle scale di via Arenula addetto al sa­luto delle autorità e un altro pescato al Dap a fare il posteggiatore in cortile. Trenta agenti che prestano servizio a Palazzo Chigi. Appena venti giorni fa altre due «unità» sono venute a rinforzare il gabinetto del ministro, un agente da Rebibbia femminile, dove c’è stata una pro­testa cinque giorni fa, e uno da Cuneo.

Peccati veniali, si dirà. Ma questo è un mo­mento di grave crisi per le nostre case circon­dariali e case di reclusione, ventimila detenuti più della capienza, una condanna dalla Corte di Lussemburgo per sovraffollamento a Rebib­bia, proteste in molti istituti, tre evasioni negli ultimi giorni, due a Voghera, una a Monza. Co­sì, anche gli agenti distolti dai loro compiti principali sono la spia di una enorme sofferen­za. «Ci sono momenti – dice Sarno – in cui certe situazioni non possono essere tollerate. Si affama la periferia per creare nicchie di pri­vilegio. Queste vicende sono uno schiaffo alla miseria!».

Guardiamo qualche cifra. Al Dap, secondo la Uil, lavorano fra i 1.000 e i 1.700 agenti, al ministero altri 400. Secondo Roberto Santini, del sindacato Sinappe, altri 4-500 agenti svol­gono ruoli amministrativi e operativi (fanno gli autisti, per esempio) presso le scuole del­l’amministrazione penitenziaria, in tutto otto, in gran parte ferme, o impegnate soltanto in corsi di aggiornamento, perché le assunzioni vengono effettuate ormai con intervalli lun­ghissimi. Fatto è che non esiste alcuna regola, cioè alcun organico stabilito, per il ministero, il Dap, le scuole, l’Istituto superiore di studi pe­nitenziari, il Museo criminologico: questi «di­stacchi » quindi possono diminuire o, più facil­mente, crescere.

Altre 2.500 persone – secondo la Uil – so­prattutto da Roma in su stanno nelle carceri, ma lavorano ai centralini, al protocollo, negli uffici di ragioneria, compiti che potrebbero es­sere svolti proficuamente da personale civile. Francesco Quinti, Cgil, dice: «Stimiamo che 8-900 agenti di polizia penitenziaria facciano i ragionieri negli istituti. Si sottrae personale al controllo dei detenuti ed è anche inutile: da un anno e mezzo infatti le procedure contabili sono spostate al centro». Esempio: nel carcere di Padova ci sono almeno 100 agenti che stan­no in ufficio anziché nelle sezioni e nello stes­so carcere c’è un vuoto di 150 agenti.

L’organico degli agenti di custodia, fissato l’ultima volta nel 2001, prevede questo nume­ro: 42.268. A quel tempo i detenuti erano 55.000. Oggi i detenuti sono diventati più di 63 mila e gli agenti in servizio sono 40 mila, ma diventano 38 mila se si considerano i due­mila in malattia o in aspettativa per motivi di salute o in via di pensionamento. Insomma, il buco è di oltre 4.000 agenti. Entro fine anno, ha assicurato il sottosegretario Maria Elisabet­ta Alberti Casellati, però, ci saranno 300 assun­zioni. Con questi numeri ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sot­tratti ai loro compiti principali per essere dirot­tati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici. «Cambiano i governi – dice Sarno – e si verifica una sorta di spoils system an­che per la polizia penitenziaria: ogni esecutivo che arriva aggiunge i suoi ’distaccati’ e quelli precedenti non tornano a dare una mano ne­gli istituti».

Poco prima di Ferragosto sull’argomento è intervenuto il leader della Destra, Francesco Storace, che non è schierato né con il centro destra né con il centro sinistra: «Il ministro Al­fano, se gli chiedete della carenza di agenti, ri­sponderà che non ci sono soldi. Ma forse mol­ti agenti possono essere meglio impiegati...». Storace racconta di un agente impiegato all’uf­ficio stampa del ministero, di agenti negli uffi­ci e nelle segreterie. E affronta il problema scorte e tutela: « proprio necessario che l’ex ministro Fassino e l’ex ministro Mastella sia­no protetti da agenti di polizia penitenzia­ria? » .

Anche i sindacati conoscono il capitolo scor­te. Quasi un centinaio di uomini della polizia penitenziaria stanziati in Sicilia per il ministro Alfano, per il suo vicecapo di gabinetto Pisci­tello, per il direttore dell’ufficio detenuti Ardi­ta: sorvegliano le abitazioni, li aspettano quan­do scendono sull’isola. Un piccolo drappello a Padova per il sottosegretario Maritati o a Ro­ma per la responsabile dell’ufficio legislativo Iannini. Ma qui si parla di coperte corte. Per­ché le scorte (due auto) e le tutele (un’auto) se non le fanno le guardie carcerarie finiscono fra i doveri di polizia o carabinieri. Così come le traduzioni da un carcere all’altro sono state trasferite dai carabinieri alla polizia penitenzia­ria e questo significa altri 4.000 uomini tolti dagli istituti.

Da tempo, con maggiore o minore convin­zione, i sindacati della polizia penitenziaria (i principali sono almeno sette) chiedono al di­rettore del Dap se si possa definire un organi­co degli agenti necessari (se proprio sono ne­cessari) negli uffici romani e nelle scuole. Dice Sarno: «Il nuovo direttore Franco Ionta ha da­to incarico al vice capo Di Somma di preparare una proposta di organico. L’impegno era che fosse pronta a fine luglio, stiamo ancora aspet­tando » .

Nel frattempo? I sindacati provano a prende­re la questione da un altro verso. Secondo la Uil, se negli istituti fossero attivi la videosorve­glianza e i metodi a infrarossi antiscavalca­mento e antiintrusione si risparmierebbero 1.500 uomini per la vigilanza armata sui muri di cinta. E altri mille con l’automatizzazione dei cancelli che si devono aprire e chiudere per accedere alle sezioni.