Andrea Garibaldi, Corriere della sera 24/8/2009, 24 agosto 2009
QUEGLI AGENTI SCOMPARSI DALLE CARCERI
Nei padiglioni novemila uomini in meno Molti distaccati negli uffici o al ministero
Tre agenti di polizia penitenziaria sono distaccati all’Astrea, la squadra di calcio del corpo, che milita attualmente in serie D. Portano le borracce ai giocatori. Con tre agenti – come quelli – si può sorvegliare un padiglione a Napoli, Poggioreale, dove la pianta organica prevede la presenza di 946 agenti e invece ce ne sono solo 690.
Cinque agenti di polizia penitenziaria lavorano alla block house del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in via Luigi Daga. La block house è dove si svolge il primo filtro all’accesso. Con cinque agenti si controlla un carcere medio, nelle ore pomeridiane e notturne.
Un tardo pomeriggio, qualche mese fa, Eugenio Sarno, segretario della Uil-penitenziari, entrando al ministero della Giustizia di via Arenula, contò 13 agenti di polizia penitenziaria, «cinque al rilascio dei passi, tre a prendere mosche nel cortile, tre a girare nella macchina di pattuglia, un sovrintendente, un ispettore. Con 13 uomini si sorveglia un carcere intero. Forse se andate ad Avellino a quell’ora nemmeno ci sono tredici unità di servizio». E poi, un piantone alle scale di via Arenula addetto al saluto delle autorità e un altro pescato al Dap a fare il posteggiatore in cortile. Trenta agenti che prestano servizio a Palazzo Chigi. Appena venti giorni fa altre due «unità» sono venute a rinforzare il gabinetto del ministro, un agente da Rebibbia femminile, dove c’è stata una protesta cinque giorni fa, e uno da Cuneo.
Peccati veniali, si dirà. Ma questo è un momento di grave crisi per le nostre case circondariali e case di reclusione, ventimila detenuti più della capienza, una condanna dalla Corte di Lussemburgo per sovraffollamento a Rebibbia, proteste in molti istituti, tre evasioni negli ultimi giorni, due a Voghera, una a Monza. Così, anche gli agenti distolti dai loro compiti principali sono la spia di una enorme sofferenza. «Ci sono momenti – dice Sarno – in cui certe situazioni non possono essere tollerate. Si affama la periferia per creare nicchie di privilegio. Queste vicende sono uno schiaffo alla miseria!».
Guardiamo qualche cifra. Al Dap, secondo la Uil, lavorano fra i 1.000 e i 1.700 agenti, al ministero altri 400. Secondo Roberto Santini, del sindacato Sinappe, altri 4-500 agenti svolgono ruoli amministrativi e operativi (fanno gli autisti, per esempio) presso le scuole dell’amministrazione penitenziaria, in tutto otto, in gran parte ferme, o impegnate soltanto in corsi di aggiornamento, perché le assunzioni vengono effettuate ormai con intervalli lunghissimi. Fatto è che non esiste alcuna regola, cioè alcun organico stabilito, per il ministero, il Dap, le scuole, l’Istituto superiore di studi penitenziari, il Museo criminologico: questi «distacchi » quindi possono diminuire o, più facilmente, crescere.
Altre 2.500 persone – secondo la Uil – soprattutto da Roma in su stanno nelle carceri, ma lavorano ai centralini, al protocollo, negli uffici di ragioneria, compiti che potrebbero essere svolti proficuamente da personale civile. Francesco Quinti, Cgil, dice: «Stimiamo che 8-900 agenti di polizia penitenziaria facciano i ragionieri negli istituti. Si sottrae personale al controllo dei detenuti ed è anche inutile: da un anno e mezzo infatti le procedure contabili sono spostate al centro». Esempio: nel carcere di Padova ci sono almeno 100 agenti che stanno in ufficio anziché nelle sezioni e nello stesso carcere c’è un vuoto di 150 agenti.
L’organico degli agenti di custodia, fissato l’ultima volta nel 2001, prevede questo numero: 42.268. A quel tempo i detenuti erano 55.000. Oggi i detenuti sono diventati più di 63 mila e gli agenti in servizio sono 40 mila, ma diventano 38 mila se si considerano i duemila in malattia o in aspettativa per motivi di salute o in via di pensionamento. Insomma, il buco è di oltre 4.000 agenti. Entro fine anno, ha assicurato il sottosegretario Maria Elisabetta Alberti Casellati, però, ci saranno 300 assunzioni. Con questi numeri ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici. «Cambiano i governi – dice Sarno – e si verifica una sorta di spoils system anche per la polizia penitenziaria: ogni esecutivo che arriva aggiunge i suoi ’distaccati’ e quelli precedenti non tornano a dare una mano negli istituti».
Poco prima di Ferragosto sull’argomento è intervenuto il leader della Destra, Francesco Storace, che non è schierato né con il centro destra né con il centro sinistra: «Il ministro Alfano, se gli chiedete della carenza di agenti, risponderà che non ci sono soldi. Ma forse molti agenti possono essere meglio impiegati...». Storace racconta di un agente impiegato all’ufficio stampa del ministero, di agenti negli uffici e nelle segreterie. E affronta il problema scorte e tutela: « proprio necessario che l’ex ministro Fassino e l’ex ministro Mastella siano protetti da agenti di polizia penitenziaria? » .
Anche i sindacati conoscono il capitolo scorte. Quasi un centinaio di uomini della polizia penitenziaria stanziati in Sicilia per il ministro Alfano, per il suo vicecapo di gabinetto Piscitello, per il direttore dell’ufficio detenuti Ardita: sorvegliano le abitazioni, li aspettano quando scendono sull’isola. Un piccolo drappello a Padova per il sottosegretario Maritati o a Roma per la responsabile dell’ufficio legislativo Iannini. Ma qui si parla di coperte corte. Perché le scorte (due auto) e le tutele (un’auto) se non le fanno le guardie carcerarie finiscono fra i doveri di polizia o carabinieri. Così come le traduzioni da un carcere all’altro sono state trasferite dai carabinieri alla polizia penitenziaria e questo significa altri 4.000 uomini tolti dagli istituti.
Da tempo, con maggiore o minore convinzione, i sindacati della polizia penitenziaria (i principali sono almeno sette) chiedono al direttore del Dap se si possa definire un organico degli agenti necessari (se proprio sono necessari) negli uffici romani e nelle scuole. Dice Sarno: «Il nuovo direttore Franco Ionta ha dato incarico al vice capo Di Somma di preparare una proposta di organico. L’impegno era che fosse pronta a fine luglio, stiamo ancora aspettando » .
Nel frattempo? I sindacati provano a prendere la questione da un altro verso. Secondo la Uil, se negli istituti fossero attivi la videosorveglianza e i metodi a infrarossi antiscavalcamento e antiintrusione si risparmierebbero 1.500 uomini per la vigilanza armata sui muri di cinta. E altri mille con l’automatizzazione dei cancelli che si devono aprire e chiudere per accedere alle sezioni.