Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 24 Lunedì calendario

RISTORANTI, HOTEL, TAXI L’ESTATE DELLE TRUFFE (+

intervista)

Migliaia di turisti gabbati ogni estate in Italia. I call center e i siti delle associazioni di tutela dei consumatori ormai intasati. C’è chi leggendo di truffe agli stranieri prova perfino un compiaciuto divertimento pensando all’ennesima dimostrazione della furbizia italica. Chi pensa a Totò e Nino Taranto che in «Totò truffa 62» vendono la Fontana di Trevi a un ignaro turista. Pochi, però, ricordano che la vittima della truffa è un emigrato siciliano, il signor Deciocavallo. Insomma, i truffati alla fine siamo noi: gli italiani.
Il repertorio è infinito: dai colpi classici come il «pollo» spennato al ristorante, a quelli che sfruttano le nuove tecnologie, perché i truffatori sono i primi ad adeguarsi. A cavalcare l’onda di internet.
Truffe, furbizie, il confine a volte è sottile. Spesso a essere ferito è prima l’orgoglio del portafogli, come è successo a quei turisti che pochi giorni fa su una spiaggia di Ischia si sono visti presentare un conto di 80 euro per quattro polli arrosto. Ma qui non c’è niente di penale, al massimo un «bidone».
Così come non è una truffa - ma nemmeno un affare - far pagare 5 euro per una bottiglietta d’acqua, come in certi bar intorno a via Condotti, a Roma. Ognuno pratica i prezzi che crede, al massimo, «chissenefrega», i turisti l’anno prossimo cancellano l’Italia dalla loro lista. Tutto finisce nel dimenticatoio.
Alla Maddalena il 10 agosto una famiglia milanese (non giapponese), due adulti e due bambini, si è vista presentare un conto di 856 euro. «Hanno chiesto uno spazio riservato e cibi fuori menù, aragosta e branzino», spiegano i gestori e la Finanza non rileva niente di illecito.
Al titolare di un noto ristorante accanto a piazza Navona, invece, sono arrivate una denuncia per truffa, le proteste del sindaco Gianni Alemanno e la menzione non proprio affettuosa sui quotidiani di Tokyo. La colpa? Nel giugno scorso aveva fatto pagare a due giapponesi la bellezza di 576 euro per una cena. Il menù, salatissimo non per il palato, comprendeva due antipasti, due primi, due secondi e due gelati. Più una mancia di 115,50 euro. Totale: 695 euro. Così, sarà pure colpa della crisi, ma i turisti giapponesi negli ultimi tre anni si sono dimezzati (il 30 per cento in meno rispetto al 2008). C’è poi la zona di via Veneto, un caso a parte, perché qui gli spennamenti si ripetono da decenni: il record spetta a un turista di Hong Kong che il primo luglio si è visto chiedere 990 euro per una birra (ma alla fine, bontà loro, gli hanno fatto uno «sconto» di 490 euro perché ha presentato la carta di credito). Al confronto l’americano che pochi mesi prima aveva sborsato 980 euro per due bionde aveva fatto un affare.
Nel repertorio - sempre lo stesso, nonostante tante promesse - ci sono anche i taxi. Così il signor Hiroshi ha raccontato a milioni di lettori di un quotidiano giapponese la sua disavventura sulla famigerata tratta Fiumicino-Roma: 100 euro. Era finito nella mani dei soliti tassisti abusivi. A conti fatti gli costava meno un volo low-cost per Parigi (e proprio verso la Capitale francese sono emigrati tanti turisti orientali). E se non paghi, magari, prendi botte: un tassista capitolino è stato denunciato per violenza privata perché, dopo aver presentato un conto astronomico a due inglesi, avrebbe preteso il pagamento con metodi molto spicci.
Città che vai, usanze che trovi. A Firenze andavano forte i parcheggiatori abusivi, che per pochi minuti ti facevano pagare come per la sosta di una navetta spaziale: venti euro agli stranieri, dieci e passa agli italiani. Tariffe etniche.
Ma può andare peggio, si può finire completamente prosciugati come i malcapitati turisti che dopo una notte in uno degli alberghi più lussuosi di Napoli (con suite da oltre mille euro) si sono ritrovati sulla carta di credito acquisti di televisori al plasma e vestiti di Armani. Colpa di un facchino manolesta (poi finito in manette) che in pochi istanti clonava le tessere.
In fondo, però, sono sciocchezze, rispetto alle truffe dell’ultima generazione: viaggi, hotel e appartamenti fantasma prenotati soprattutto su internet. Se vi è capitato, potete consolarvi: è successo a migliaia di persone. Così la polizia aeroportuale di Malpensa ha ricevuto decine di denunce di viaggiatori che prima dell’imbarco si sono ritrovati con un’amara sorpresa: il tour operator che aveva intascato i loro soldi era fallito. Le denunce, provenienti da tutta Italia, finora sono 400, ma potrebbero arrivare a mille e passa, tutta gente che già pregustava un viaggio al mare per pochi euro e invece se n’è rimasta alla Malpensa con le pive nel sacco.
Ma è peggio non partire oppure ritrovarsi a destinazione e scoprire che l’albergo a cinque stelle è una topaia? Una comitiva di turisti genovesi è appena tornata da Marsa Alam, sul Mar Rosso, e descrive così all’associazione Voglio Vivere il suo soggiorno: l’albergo di lusso? «Un buco pieno di scarafaggi». Gli animatori del villaggio? «Due signori di mezza età timidi e impacciati». La piscina azzurrissima del depliant? «Una pozza torbida e maleodorante con i filtri rotti». Ma almeno la fantastica spiaggia sulla barriera corallina, quella c’era? «No, per raggiungere il mare si passava in una strettoia fra le rocce, c’è chi ha rischiato la pelle per fare un bagno». Succede, però, anche a casa nostra, a Varazze per dire. Mamma e figlia appena arrivate nella casetta affittata in riva al mare hanno trovato scarafaggi da Guinness dei primati e si sono rivolti al loro «fidato» agente immobiliare. La risposta? «Che volete che siano due insetti».
Un vantaggio, forse, alla fine c’è: torni dalle vacanze rimpiangendo la tua vita di ogni giorno. Magari perfino il capufficio.



’Attenti al Web e sempre pronti a fare causa”

Wanda Zurlo è un avvocato specializzato nelle cause a tutela dei consumatori. Collabora con Confconsumatori e sulla sua scrivania sono passati centinaia di casi di turisti truffati. Avvocato, ma che differenza c’è tra un semplice «bidone» e una vera e propria truffa?
«Nella truffa è necessaria la prova del dolo, della volontà di raggirare il cliente. Ma anche dai cosiddetti bidoni, se non sono reati, ci si può difendere».
Come?
«Le compagnie aeree, le agenzie turistiche e immobiliari devono rispondere anche a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. In questi casi l’arma a disposizione dei turisti è la causa civile. Un esempio concreto: una nostra cliente è stata risarcita perché le è crollato un ombrellone in testa. La responsabilità si ferma davanti a eventi straordinari come lo tsunami».
Fare causa, non è un’arma spuntata?
«No. Di solito i danni da "vacanza rovinata" vengono risarciti».
Facciamo esempi concreti…
«L’overbooking, quando cioè le compagnie aeree o le agenzie vendono più biglietti di quelli disponibili e il viaggiatore si ritrova a terra. Normalmente si riesce a ottenere la restituzione del biglietto, ma nei mesi scorsi una sentenza ha condannato la compagnia aerea a risarcire anche il danno morale, cioè il disagio sofferto dal turista abbandonato in un aeroporto senza assistenza».
Tutto così semplice?
«Purtroppo no, c’è un rimpallo delle responsabilità tra compagnie aeree e agenzie. Oppure nel caso di bagagli smarriti, tra compagnie e gestori degli aeroporti. Ma se un turista non demorde, spesso vince».
Quali sono invece le truffe più classiche?
«Spesso i luoghi promessi nei dépliant sono molto diversi dalla realtà. Abbiamo avuto una cliente cui era stato promesso un bungalow con due stanze e gli impianti sportivi davanti alla porta di casa. Purtroppo la seconda stanza era una tenda all’aperto e la piscina era lontana dieci chilometri».
C’è poi la piaga dei casi di time-sharing.
«Centinaia di cause in tutta Italia. Anche il garante per la pubblicità è intervenuto. Le vittime preferite sono giovani coppie. Ti telefonano a casa e ti dicono che hai vinto una settimana di vacanza, soprattutto alle Baleari. Poi ecco la sorpresa: se paghi 20 mila euro di finanziamento ti fai la settimana gratis più un periodo di vacanza ogni anno per cinquant’anni. Sono operazioni realizzate con la collaborazione di alcune tra le maggiori compagnie di finanziamento italiane. Così in tanti ci cascano, ma quando provano a prenotare il soggiorno scoprono che, se va bene, possono andare al mare a novembre».
Risultato?
«Si finisce in tribunale. Spesso le società che ti hanno contattato si sono volatilizzate, ma il risarcimento arriva comunque, magari dalla stessa finanziaria».
Come evitare le truffe?
«Attenzione a Internet, la casa che sul computer sembra un sogno può rivelarsi un incubo. Quanta gente ho visto affittare un bungalow "in riva al mare" che poi era a venti chilometri dalla spiaggia…».