Caterina Maniaci, Libero 24/8/2009, 24 agosto 2009
RIECCO I GIOCHI DA CORTILE
Un due tre... stella! Tutti fermi, altrimenti chi si gira se ti vede ti colpisce e tocca a te stare sotto! Le urla si sentivano fin dentro le case, tutte con le finestre aperte, perché d’estate non c’erano i condizionatori; l’unica aria che si muoveva era quella che spirava verso sera, dalla campagna, o dal mare, dai monti. I bambini giocavano fino a tardi, fino a notte, e le madri dovevano andare a riprenderli, tirandoseli dietro a suon di scapaccioni.
Scenette da fine Ottocento? Da libro Cuore? No, erano scene comuni in tutt’Italia, da Nord a Sud, in città come in campagna, al mare e sui monti, fino a qualche decennio fa. Sparite del tutto? Forse no. vero che a sentire i discorsi comuni sulle giovani e giovanissime generazioni sembra che fin dai primi anni di vita loro vivano attaccati alla playstation, ai computer, ai cellulari, alla tv. Che comunichino solo attraverso gli sms e facebook. Ma quelle torme di ragazzini che tirano calci ad un pallone in un cortile o si rincorrono nei vicoli, non sono scomparse del tutto. E sono in molti a volere tenacemente tenerle in vita. A Venezia, ad esempio, è uno spettacolo comune, soprattutto lontano dagli itinerari turistici, ma anche a Roma, in periferia, non è raro. Oggi libri, associazioni, festival fioriscono un po’ ovunque proprio per tenere vive le tradizioni dei giochi in strada. Esiste l’Accademia del gioco dimenticato; esiste il festival del Gioco in Strada, che si svolge a Verona il 25, 26 e 27 settembre, così come il gioco dell’Oca a Mira (Ve), escono libri sull’argomento, come ”Il giardino dei giochi dimenticati” di Giorgio Reali e Niccolò Barbiero (Salani editore). Senza contare che l’Unesco, nel 2003, ha dichiarato i giochi tradizionali patrimonio dell’umanità.
A Verona da anni - precisamente dal 2002 - l’Associazione Giochi Antichi (AGA) si batte per la salvaguardia e la valorizzazione del gioco tradizionale. Il festival si chiama, ufficialmente, ”Tocati”, che in dialetto veneto significa appunto ”tocca a te”. Così da sei anni, alla fine di settembre (quest’anno il 25, 26 e 27) , le vie e le piazze del centro storico tornano ad essere luoghi di incontro e di festa. Per tre giorni le comunità ludiche tradizionali propongono oltre 50 giochi, tra quelli italiani e quelli di un paese ospite, che quest’anno sarà la Grecia. E poi incontri e convegni, laboratori didattici, concerti di musica tradizionale e degustazioni di prodotti tipici. Tutta roba seria, a cui gli adulti - che arrivano dall’Italia e dall’estero - si dedicano con concentrazione, scimmiottati poi da frotte di ragazzini: per esempio quando giocano alla lippa, antico gioco popolare italiano che risale al XV secolo. noto con questo nome in Toscana e altre regioni italiane, ma ha anche diverse denominazioni dialettali: per esempio a Brescia è noto con il nome di "ciancol", a Verona come "s-cianco", a Treviso come "pito". Si gioca con due pezzi di legno, generalmente ricavati dai manici di una scopa, uno più corto dell’altro: si traccia a terra un cerchio e, da una certa distanza, si cerca di lanciare il pezzo di legno piccolo nel cerchio stesso. La tecnica consiste nel colpire con il pezzo lungo il pezzo piccolo su un’estremità per farlo saltare quindi, prima che ricada al suolo, colpirlo nuovamente per lanciarlo nel cerchio.
E chi si ricorda della ”campana”? Si disegna per terra una sorta di tabellone con le caselle, si lancia un sasso e, a seconda di dove cade, si deve saltare - con un piede solo o a piè pari - sulle varie caselle. A Mira, una bella cittadina in provincia di Venezia, fanno molto di più: organizzano un gigantesco ”gioco dell’oca” - sì, quello che poi è stato soppiantato dal Monopoli - che giocano tutti i paesani e anche chi viene da fuori. Mentre nelle serate fresche di maggio i ragazzi di tutte le scuole si sfidano in giochi del passato («i zoghi de quando gerimo putei», dicono da quelle parti, ossia «i giochi di quando eravamo bambini»). E allora via con infinite gare di nascondino, campana, quattro cantoni, gare di biglie... Restano spenti, in un angolo a casa, gli schermi dei computer e delle televisioni. E i bambini tornano a casa sudati e di corsa, con le mamme che gli urlano dietro. Come tanti anni fa.