L’UNITà 24/8/2009, 24 agosto 2009
6700 ANNI PER GUADAGNARE LA STESSA CIFRA LAVORANDO
Ma il denaro rende liberi o schiavi? Certo, a guardare quelle cifre (9), tutte affilate, a pensarle scritte in lettere (centoquarantasettemilioni...), a leggerle e rileggerle, si capisce che rende sicuramente spaesati. I numeri, di solito così precisi da misurare l’atomo e le montagne, i microbi e le balene, quando si tratta di soldi perdono dimensione. Conil denaro tutto dipende dai punti di vista. Quella vincita al superenalotto tanto attesa, tanto strombazzata, tanto rincorsa, è davvero così miracolosa? Per chi oggi si ritrova quella ricevuta in mano, certamente lo è. Dicono si tratti di un dipendente pubblico di mezza età. Se avesse dovuto guadagnarli lavorando, ci avrebbe messo circa 6.700 anni. Per un archeologo è un soffio: avrebbe dovuto iniziare nell’ultima fase del neolitico, l’età della pietra. Ma se si cambia continente e si cambia mestiere, ecco che i rapporti mutano inesorabilmente. Uncontadino cinese (nelle campagne si calcola un reddito medio di circa 350 euro annui) ci metterebbe più di 420mila anni. Un’eternità. Insomma, si sa: il lavoro al massimo rende benestanti, agiati, «ben messi», tranquilli.Maper arrivare a quelle quote ci vuole altro. Non solo lavoro, anche idee, intuito, magari speculazione, coraggio, fiuto, e naturalmente fortuna. Basta scorgere quegli elenchi di miliardari che ogni anno misurano le graduatorie della ricchezza. Si va dai livelli medio- bassi di un Michael Schumacher (650 milioni di patrimonio stimato), alle quote «comode» diunGiorgio Armani (5 miliardi), fino alle punte di diamante. Nel mondo c’è da sempre Bill Gates a svettare su tutti:57miliardi di dollari. In Italia per molto tempo il primato è stato di Silvio Berlusconi (9,8 miliardi di dollari, circa 8 di euro), battuto sorprendentemente dal patron della Nutella, Ferrero, che lo ha superato di circa un miliardo. Insomma, Berlusconi è come se avesse in tasca una cinquantina di biglietti vincenti. Ferrero qualcuna in più. Visto con gli occhi dei tycoon, quella del «fortunato di Bagnone» è una vita da contadino cinese? A pensarci davvero, si diventa matti. Ai miliardari però nessuno chiede miracoli o favori: la loro ricchezza è scontata, ossequiata, osannata. Impressiona poi la proporzione tra queste «ricchezze» (o povertà?) e la vita collettiva, le esigenze sociali, gli oneri dello Stato e della comunità. Finora il tesoro ha speso circa 250 milioni per caricare la social card dei poveri: con quella vincita gli aiuti potrebebro essere raddoppiati. Con quella cifra si potrebbe costruire un impianto eolico da 150 megawatt: è quanto punta a realizzare l’intera turchia per raddoppiare l’energia prodotta dal vento. Un solo cittadino, in un secondo, intasca quanto un intero stato stanzia per l’energia alternativa. Fa venire le vertigini. Ancora. Quei 147 milioni e rotti equivalgono alla metà di quanto lo Stato ha garantito ad Alitalia (la vecchia compagnia pubblica), in attesa che la cordata tricolore si facesse viva. Trecento milioni messi sul piatto da una decisione bipartisan (Prodi era già caduto, Berlusconi non era ancora in carica). A dire la verità, l’ex premier si era fermato a 100 milioni: meno del jackpot distribuito a Bagnone. Fu il centrodestra a pretednere di più. Troppo? Poco? Chissà. In questo gioco di cifre quello che conta è la prospettiva.