Paola Pollo, Corriere della sera 20/8/2009, 20 agosto 2009
L’AUTISTA PERFETTO? PANTALONI BLU E CRAVATTA
MILANO – Poco ci manca che gli stilisti chiedano un consiglio, più che suggerire cosa indossare. Fronte comune: «I tassisti milanesi sono fra i più gentili e preparati e meglio vestiti al mondo». «Vuoi mettere con i francesi (i più maleducati), i newyorchesi (i più malandati), gli inglesi (i meno disponibili)?», dice subito Luisa Beccaria, milanese doc ma anche viaggiatrice (per lavoro) instancabile. «Sono sincera, all’estero preferisco noleggiare un’auto piuttosto che salire su un taxi. Ma a Milano no. E se proprio dobbiamo pensare a una divisa per i nostri tassisti non andrei oltre una camicia grigia altrimenti si rischia l’effetto limousine o compagnia di bandiera. E non sarebbe giusto. Perché è anche vero che chi sceglie quel mestiere è perché desidera essere libero e indipendente e non costretto da padroni e imposizioni». Entusiasta invece Dirk Bikkembergs al quale il Comune di Parigi aveva a suo tempo chiesto di disegnare delle divise per gli addetti alla metropolitana: « vero che i tassisti sono lavoratori indipendenti, però non mi dispiacerebbero rigorosi, con un bel pantalone blu notte con coulisse e in tessuto tecnico – così sarebbe molto comodo per le tante ore passate al volante – e sopra una camicia bianca in jersey di cotone. Non possono mancare cravatta blu e capello sempre blu con nella visiera lo stemma del comune di Milano». Massimiliano Giornetti, stilista di Ferragamo, sta dalla parte dell’assessore Terzi, ma sino a un certo punto: «Sostengo da anni che arrivare in Italia, per chiunque, deve essere un viaggio a 360 gradi nell’estetica, nel bello, nell’armonia e nella perfezione. Detesto la sciatteria. Ed è vero che la divisa esprime ordine e pulizia. Ma è pure un concetto superato. No, direi di no. Nessuna imposizione. I tassisti milanesi, in particolare, non ne hanno bisogno. Tutt’al più qualche suggerimento. Giacche pratiche, linee morbide». Manuel Facchini, direttore creativo di Byblos, rifiuta l’idea: «La divisa è antica. E s’impone là dove occorre accomunare. Ma i tassisti sono lavoratori liberi e indipendenti, hanno età diverse, culture diverse, formazioni diverse: perché omologare? Piuttosto vedrei un lavoro sulle auto. Tutte uguali e particolari, sul modello della tradizione inglese ».
Tassisti «liberi» anche per Francesco Martini (Enrico Coveri): «Sono indipendenti, perché obbligarli? Fossi in loro non mi farebbe piacere, no. E poi, sono veramente vestiti così male? Non mi pare proprio. Se invece è un modo come un altro per chiedere agli stilisti di regalar loro qualcosa in vista dell’Expo, non ha senso. Chi siamo noi stilisti per decidere come debbano vestirsi dei liberi professionisti? Mi sembra una grande assurdità ».
Cristina Tardito, alias Kristina Ti, addirittura tira in ballo Alberto Sordi e le immagini in bianco e nero: «Ad ognuno il suo mestiere, anche quello di restare se stessi. Che poi fa parte di uno stile italiano che tutti ci riconoscono. Non a caso sono stati girati parecchi film... Un fascino che non puoi nascondere sotto a una divisa. E in più i nostri tassisti sono gentili e preparati. Che senso ha renderli ’finti’ come la piazzetta di Porto Cervo? Provare per credere, i francesi per esempio. E poi la divisa serve per educare, disciplinare. Penso ai bambini, per esempio, non a persone che da decenni fanno un mestiere in modo, fra l’altro, più che dignitoso».