Guido Olimpio, Corriere della sera 20/8/2009, 20 agosto 2009
IL PERSONAGGIO ISSA AL MASRI
La mano dello «sceicco» dietro la nuova offensiva che sfida la normalizzazione
C’è la mano di Issa Al Masri, detto lo «sceicco», dietro la nuova offensiva terroristica in Iraq. Un uomo abituato a organizzare, pianificare e guidare anche sotto il profilo ideologico i gruppi di fuoco qaedisti.
Reduci di Albania
Egiziano, finito in galera dopo l’omicidio del presidente Sadat, Issa – ma il suo vero nome è Marjan Mustafa Salem Al Juhari ”, è amico e complice di Ayman Al Zawahiri con il quale ha militato nella Jihad. Condannato in contumacia nel processo ai «reduci di Albania», si è rifugiato in Pakistan alla corte di Bin Laden. Per diversi anni ha agito nell’area tribale e i servizi segreti sospettano che abbia partecipato ad un complotto contro Musharraf nel 2004, quindi al piano per assassinare l’ex premier Benazir Bhutto. Proprio dopo questo omicidio si era sparsa la voce che fosse stato ferito da un razzo sparato da un drone Usa.
Rifugio sicuro
Gli americani considerano lo «sceicco » uno dei responsabili militari di quello che resta della Al Qaeda originale. Per questo, in giugno, si è spostato in Siria. Fonti libanesi hanno rivelato al Corriere che Al Masri, proveniente dall’Iran, si sarebbe sistemato in un rifugio sicuro nella zona di Damasco. Protetto dal Mukhabarat, avrebbe esteso il suo controllo su un buon numero di militanti attivi in Iraq. E la sua mano si è fatta sentire con una serie di attentati spaventosi, avvenuti in momenti-chiave.
I segnali
I qaedisti hanno replicato con i kamikaze alle analisi ottimiste del governo iracheno che, pochi giorni fa, aveva sostenuto che «la sicurezza non era più un tema prioritario». Quindi hanno mandato un segnale di sangue al premier Nuri Al Maliki in visita in Siria. Una missione legata proprio all’ospitalità che Damasco concede a jihadisti e ad una robusta colonia di baathisti, ex seguaci di Saddam. Bagdad preme perché i siriani li mettano alla porta e lo stesso sta facendo con i sauditi, ma i due paesi nicchiano. chiaro che Damasco e Riad – con l’aggiunta di Teheran per quanto riguarda gli estremisti sciiti – vogliono avere delle pedine da muovere sulla scacchiera irachena.
La coincidenza
Difficile dire se gli attentati hanno un legame con le cruciali elezioni in Afghanistan – anche lì gli attentatori suicidi sono al lavoro – ma la percezione è quella di un attacco su più fronti che restituisce l’iniziativa a qaedisti e talebani. A Bagdad come a Kabul. I terroristi «votano» con le bombe, colpiscono i simboli del potere, sfidano le misure di sicurezza, ribadiscono di essere in grado di contrastare la normalizzazione raggiungendo ancora la superprotetta «zona verde».
Gli strumenti
Il ricorso a camion, letteralmente imbottiti di esplosivo, testimonia poi la determinazione nell’inseguire l’obiettivo di distruzione e nel provocare un alto numero di vittime. Arieti letali alternati con i baby-kamikaze, altro prodotto della fabbrica della morte irachena. Ragazzini di 14-16 anni capaci di immolarsi con la cintura- bomba. Piccole avanguardie di un movimento che ha atteso il ritiro dei soldati Usa dai centri abitati e la rimozione di alcuni posti di blocco per infiltrarsi. I leader che guidano alcune delle fazioni qaediste avevano promesso lotta ad oltranza, irridendo anche Barack Obama e il governo iracheno: «Non pensate che sia finita». Hanno allora chiesto ai reclutatori di fornire nuovi kamikaze e hanno studiato raid terroristici simili a bombardamenti aerei. Così sono riusciti a centrare i ministeri nel cuore di Bagdad. Lo sceicco Issa e i suoi «fratelli» hanno compiuto la missione.