Fabio Martini, La stampa 20/8/2009, 20 agosto 2009
PADELLARO E TRAVAGLIO "IL FATTO" CONTRO TUTTI
Sarà per appassionata fiducia nei promotori. Sarà per fideismo. Sarà quel che sarà, ma ventimila persone hanno già sottoscritto (al buio) altrettanti abbonamenti al "Fatto quotidiano", il giornale che sarà in edicola il 23 settembre. Un’attesa febbrile per un giornale che si propone di saziare quella fascia di elettori-lettori di sinistra indignati, convinti che Berlusconi sia il male assoluto, che il Pd sia un’arma spenta e che i magistrati abbiano sempre ragione. E’ quella fascia sempre più larga di opinione pubblica intransigente che ha alimentato fenomeni pur diversi tra loro come i Girotondi, i cortei della Cgil di Cofferati, gli show di Beppe Grillo, gli exploit elettorali di Di Pietro, gli share di Michele Santoro. La scommessa dei promotori-ideatori del "Fatto quotidiano", Antonio Padellaro (che ne sarà il direttore), Furio Colombo, Marco Travaglio e Oliviero Beha è che una parte di questa opinione pubblica possa diventare il pubblico del nuovo quotidiano.
Una scommessa che ruota anzitutto attorno al fenomeno-Travaglio, il giornalista torinese che oramai è riuscito a diffondere la sua attività di inchiesta e di denuncia su tutti i mezzi di comunicazione (manca soltanto il cinema), diventando per il suo pubblico un autentico "divo". Due libri contemporaneamente in classifica, un tour teatrale che fa registrare il tutto esaurito, oggetto di piccoli fenomeni di idolatria, Travaglio sarà la star del "Fatto": ogni giorno in «prima» comparirà un suo commento. Per limitare i costi (il punto di pareggio è a 10.000 copie), il giornale sarà in edicola sei giorni su sette (si salta il lunedì) a un euro e venti, la distribuzione sarà limitata ai capoluoghi di provincia, lo sfoglio sarà di 16 pagine, anche se l’intenzione è quella di coprire tutti gli ambiti informativi, sport compreso. Il progetto sta esercitando una certa suggestione anche nel mondo dei giornali, se è vero che hanno deciso, o stanno decidendo, di lasciare i loro posti "sicuri", giornalisti dell’"Espresso" come Peter Gomez (partner di Travaglio in libri di successo), Marco Lillo (autore di scoop giudiziari) e Francesco Bonazzi, come Luca Telese che al "Giornale" era «il comunista» e lo sarà anche al "Fatto" dove gli ex-Pci scarseggiano. Forse sarà della partita anche Mauro della Porta Raffo, l’erudito pignolo che da anni sul "Foglio" racconta gli sfondoni dei giornalisti italiani, anche se la sua disponibilità si sta scontrando con l’ostilità di potenziali lettori e di alcuni soci fondatori. La colpa? Avere scritto sul giornale di Giuliano Ferrara.
Sarà dunque un quotidiano lapidario, antiberlusconiano a prescindere, magari fiancheggiatore di Di Pietro? Il direttore Padellaro scuote la testa: «No, sarà un giornale di giornalisti, che racconterà i fatti, senza predicozzi e senza antiberlusconismo di maniera, che non chiederà mai un finanziamento pubblico col trucco come fanno certi giornali da 2-3000 copie. La storia di Furio Colombo, la mia e quella degli altri è una storia professionale dignitosa, di chi non si è mai messo a disposizione del politico di turno». Un progetto editoriale anticonformista in un Paese ad alto tasso consociativo può tenere lontani finanziatori e pubblicità, ma Padellaro non è pessimista: «Io non sono mica il presidente del Real Madrid che può attingere a risorse senza fine per le sue campagne-acquisti. Noi ci dobbiamo contentare dell’autofinanziamento, come la mia Roma, con un impegno che ci siamo presi: evitare che ci sia un azionista di riferimento». Il risultato di queste premesse è una proprietà-patchwork: nell’Editoriale "Il Fatto" possiedono quote a titolo personale Lorenzo Fazio (l’artefice del fenomeno "Chiare lettere"), lo stesso Padellaro, la Aliberti Editore di Reggio Emilia, il magistrato Bruno Tinti, una società di comunicazione di Parma che si occupa degli spettacoli di Travaglio, una galassia di imprenditori che vorrebbero partecipare con piccole quote.