Paolo Viana, L’Avvenire 20/8/2009, 20 agosto 2009
PERICOLO FRANE
Il dissesto idrogeologico, aggravato da incuria e spesso abusivismo edilizio, minaccia tutto il Paese da Nord a Sud Cominciamo da Agnano un viaggio-inchiesta in alcune delle situazioni più critiche e ’dimenticate’
Nel 1997, l’ennesimo comitato tecnico aveva riconosciuto la «fragilità intrinseca» del suolo campano, gli «equilibri limite» di queste terre vulcaniche, talmente friabili da trasformarsi in «colate detritiche» al primo acquazzone. Eppure, quando, l’anno successivo, una valanga di fango investì Sarno, nessuno riuscì a stabilire perché erano morte 159 persone. Corsi e (sinistri) ricorsi: «Anche il rischio che una frana si abbatta sulla tangenziale e sulle abitazioni di Agnano è noto da anni. Lo abbiamo denunciato noi e non è stato fatto nulla». A parlare così è il direttore del consorzio di bonifica della conca di Agnano e dei bacini flegrei, Paolo D’Alba. Il 19 maggio del 1997 ha inviato un dossier al Comune di Napoli e alla Tangenziale Spa. Un anno prima di Sarno, tre prima di Soverato, dodici prima di Borca di Cadore, l’ultima tragedia avvenuta nel luglio scorso.
La denuncia del consorzio individua con precisione gli smottamenti sopra lo sbocco della galleria che collega il capoluogo con Pozzuoli: siamo di fronte alla porta ovest della metropoli, da dove passano ogni giorno più di quarantamila veicoli.
Tutt’intorno solo palazzi e imprese; oltre questa galleria, lo stadio San Paolo, Mergellina, via Caracciolo... Un bel guaio, insomma. Che quest’area fosse a «elevato rischio di esondazioni e smottamenti» lo sapevano già i Borbone e il pericolo «per la pubblica incolumità» – segnalato fin dal 1986 – emerge anche dal piano dell’autorità di bacino Nord Occidentale, che definisce l’area «ad alta pericolosità»; fa lo stesso il piano delle bonifiche, approvato dalla Regione. Insomma, nessuno può dire di non sapere, eppure non si trovano i fondi necessari a consolidare queste pendici friabili, martoriate dalle piogge e dagli incendi e seviziate dall’abusivismo edilizio. Il dissesto sopra la tangenziale si sviluppa per 700 metri e non è certo l’unico caso, nella conca e fuori: in Campania, secondo il Ministero dell’Ambiente, 2600 chilometri quadrati – il 19% del territorio – e 504 comuni – cioè il 91% – sono «ad alta criticità idrogeologica».
«Una frana a monte della tangenziale – argomenta D’Alba – potrebbe causare delle vittime, compromettere la stabilità degli abitati a monte e a valle del cavone degli Sbirri, in prossimità della Masseria grande, paralizzare le vie di collegamento con Napoli e ostruire le opere idrauliche, allagando la conca». Se si bloccasse la rete di scolo andrebbero a mollo le terme, l’ippodromo e il comando Nato, oltre al popoloso quartiere che salda Fuorigrotta con Bagnoli. Sarebbe un mesto ritorno all’antico: la conca di Agnano, una volta, era occupata da un lago ricco di sorgenti
In Campania, secondo i dati del ministero dell’Ambiente, 2.600 chilometri quadrati (il 19% circa del territorio) e 504 comuni, pari al 91%, sono classificati come ad alta criticità idrogeologica solfuree, scoperte al termine della bonifica, nel 1866, quando fu inaugurato il canale sotterraneo che scarica in mare le acque del cratere. «Una prodezza ingegneristica per l’epoca – spiega D’Alba – ma ormai inadeguata, perché la sfrenata urbanizzazione e la tropicalizzazione del clima hanno modificato i flussi idraulici».
Analisi corretta ma incompleta: è vero che qui cadono ogni anno 900 millimetri di pioggia (321 solo in gennaio), tuttavia i ’flussi’ risentono soprattutto degli scarichi delle abitazioni abusive, sorte anche a monte della frana dormiente. Non a caso, il nuovo emissario progettato dal consorzio prevede una condotta fognaria che porterà al depuratore ciò che ora imbratta il bagnasciuga di Bagnoli. I lavori sono fermi al secondo lotto di tre – mancano undici milioni – anche se tutti dicono che vanno terminati: «Disinquinare questo tratto di mare è indispensabile per convertire il vecchio polo siderurgico» sottolinea Giuseppe Balzamo. Il presidente della decima municipalità è «un Pd, ex fgci, ex pci, ex pds, ex ds» (parole sue) che rastrella più del 30% dei voti e che l’anno scorso è riuscito a smontare il progetto di costruire qui il nuovo inceneritore di Napoli. Questo campione della sindrome Nimby ( not in my backyard, non nel mio giardino) chiede di intervenire in fretta, perché «Agnano ha una vocazione nel turismo. Stiamo realizzando il parco più grande del Sud e aspettiamo un milione di persone per il forum delle culture, nel 2013». Francamente, è difficile cogliere tutto questo fermento dal lungomare arrugginito dell’Ilva. certo invece che le frane sono un’emergenza bipartisan. «Il dissesto idrogeologico è nemico dei progetti di sviluppo di questa città – conferma Carlo Lamura, capogruppo di An in consiglio comunale e vicepresidente Anci – al Consorzio mancano i soldi e il Comune, che dovrebbe versare il contributo di bonifica per i suoi immobili, è moroso». Balzamo rilancia: «La colpa è la connivenza tra le amministrazioni locali e l’abusivismo sfrenato.
L’80 per cento di Agnano è fatto di costruzioni abusive». Sorte anche sulle frane: alla Masseria grande Domenico Di Fusco ha acquistato una scuderia «quando – racconta – c’erano dieci case, oggi sono un paese, per di più privo di fognature. Quando inizia a piovere corro lassù e mi metto ad aprire varchi con la pala meccanica, per far scorrere l’acqua». In questo modo si evitano le frane, ma la conca va ugualmente a mollo.
Qualche anno fa, il ristorante Due Palme, un metro sul livello del mare, dopo una nottata di pioggia è finito sott’acqua: «Ho dovuto caricarmi mia suocera in spalla – racconta Antonio Infimo, il titolare – e siamo usciti nuotando». Duecentomila euro di danni e un’inquietudine che non ti abbandona neanche in giornate come questa, quando il sole gonfia i grappoli di falanghina e gli avventori non ricordano ’quella sera’. Balzamo estrae un cornetto e tira le somme: «ad Agnano siamo stati fortunati, per ora». E, scaramanticamente, ricorda un proverbio napoletano: «A fortuna è comme l’anguilla: cchiù penzammo d’a putè agguantà e cchiù ”nce scìulia’. Cioè, la fortuna è come l’anguilla: quando credi di averla presa, ti sfugge.