Gianfranco Quaglia, La Stampa 23/8/2009, 23 agosto 2009
GIANFRANCO QUAGLIA
MILANO
Extralarge, rapida e iperabbondante. E’ la risaia superstar che fra poche settimane viene consegnata ai trebbiatori, bruciando le tappe di otto-dieci giorni rispetto alle scorse annate. Nel quartier generale dell’Ente Nazionale Risi di Milano, dove arrivano le segnalazioni di oltre 5 mila aziende, si fanno già i conti: il clima ha favorito una maturazione quasi perfetta e - se non interverranno contrattempi meteo dell’ultima ora - il raccolto sarà anticipato e sarà da record.
Il presidente dell’Ente, Piero Garrione, pur usando prudenza parla di un milione e mezzo di tonnellate di risone grezzo che sarà ricavato dai 242 mila ettari seminati in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia. Ma anche in Sardegna e in Toscana. Insomma, gli agricoltori italiani, sollecitati dai buoni prezzi spuntati all’inizio della campagna di commercializzazione e dalle quotazioni internazionali negative per mais, soia e grano, hanno puntato sul riso. Anche le disponibilità idriche non sono venute meno.
Poi il sole e il caldo giusto, un mix che ha accorciato i tempi di maturazione. Insomma, il 2009 passerà alla storia come l’anno storico della risicoltura, con superfici e produzioni oltre ogni aspettativa, tali da dipingere nuovamente d’oro il «triangolo» Vercelli-Novara-Pavia, il cuore del settore in Europa.
Ma non è solo l’Italia a brillare dal punto di vista della produzione. La Spagna, secondo produttore nell’Unione Europea, raggiungerà le 570 mila tonnellate (più 108 mila rispetto alle previsioni). Tutta la risicoltura mondiale è in espansione: per il quinto anno consecutivo la produzione globale dovrebbe attestarsi attorno ai 448,5 milioni di tonnellate su base lavorata (cioè pronta per essere venduta ai consumatori), con una superficie coltivata di 157,2 milioni di ettari, la più ampia mai registrata negli annali.
In Sudamerica uno dei Paesi che ha puntato molto sul riso è il Brasile, dove grazie al clima favorevole si raccoglie anche due volte l’anno: qui nel 2009 si passerà da 8,5 a nove milioni di tonnellate. Nel computo globale la maggior produzione brasiliana e quella spagnola bilanciano le cadute di altri Paesi produttori, soprattutto Stati Uniti d’America, Iraq e Taiwan.
A stagione conclusa le industrie di trasformazione dovrebbero disporre di una valanga di riso acquistato dagli agricoltori e rivenduto alle principali catene distributive.
Ma il nodo è proprio rappresentato dalla difficoltà di commercializzazione. I grandi quantitativi potrebbero condizionare il mercato, deprimendo i prezzi all’origine. «Per fortuna - dice Garrione - le scorte rimaste nei magazzini italiani, che sino a pochi mesi fa superavano le 300 mila tonnellate, si sono ridotte di molto, segno il mercato ha ripreso a tirare».
A metà agosto le giacenze erano attorno alle 60 mila tonnellate. Ma ora spaventa quel milione e mezzo di produzione che sta per arrivare fra poche settimane. Il consumo pro capite in Italia non è in aumento e nel 2009, complice la crisi generale, si è fermata anche la domanda dei Paesi dell’Est europeo.
I produttori risicoli hanno risposto alle richieste dell’industria che chiedeva a gran voce un aumento dell’ettarato. Poi la situazione economica globale ha raffreddato gli entusiasmi.
Per questo i produttori invocano nuovi sbocchi. Uno di questi è rappresentato dal canale aiuti alimentari che rientra nella Convenzione di Londra sottoscritta nel 1999 tra più Paesi europei. Ma l’Italia è inadempiente nei finanziamenti dal 2003, per un totale di 199 milioni di euro. Rischia pertanto di essere esclusa se non si mette in regola, con la conseguenza che i prodotti italiani (fra cui il riso) non potranno essere acquistati e utilizzati per gli aiuti.
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