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 2009  agosto 20 Giovedì calendario

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI


BERLINO – Me ne frego. Di quel­lo che dite, di quello che pensate, del film che vi siete fatti su di me. Caster Semenya si è spazzolata le spalle alla partenza, e poi ancora all’arrivo. « una donna» dice la Iaaf. Però sono in corso due indagini parallele e se si scoprirà che bara le verrà tolto l’oro. «Il test quella non lo passa» ghigna la russa Savinova, quinta. La Cusma è durissima: « gente che non do­vrebbe correre con noi».

Lui o lei? She o he? Oro, argento, bronzo. Donna, uomo, ermafrodito. La confusione dei sessi nel novem­bre 2003 ha fatto irruzione al Cio, chiamato a fare i conti con il mondo che cambia e che preme per entrare in pista, in piscina, sul ring, sul par­quet con il pomo d’adamo e gli occhi bistrati, la muscolatura da macho e il passaporto da lady. Giochi aperti ai transessuali. Nel 2004 la prima ad ac­corgersene fu la judoka italiana Lu­cia Panico, che uscì dal tatami di Ate­ne con i lividi: «Ho la sensazione di aver combattuto con un uomo...». Aveva appena sconfitto per il bronzo la brasiliana Edinaci Silva, ermafrodi­to operato, donna di silicone.

Basta un bisturi per mettersi in re­gola con la carta olimpica, non con la coscienza. L’armadio è pieno di sche­letri. La polacca Stanislawa Wala­siewicz vinse i 100 metri ai Giochi del ”32 e si piazzò seconda quattro an­ni dopo a Berlino. Una donna non può avere la barba, protestarono le al­tre: toglietele la medaglia. Il test del­la femminilità provò che era tutto re­golare. 44 anni più tardi fu uccisa nel posteggio di un supermercato di Cle­veland. Il coroner trasecolò: la Walsh aveva entrambi i cromosomi e il suo corpo era dotato di organi di riprodu­zione maschili ma non femminili.

Caster rischia. La prima atleta a non superare l’esame del sesso fu la polacca Klobukowska, quarta frazio­nista della staffetta 4x100 oro a To­kyo ”64: la commissione medica del­la Iaaf ritenne che la sprinter non pre­sentasse in modo certo organi fem­minili. Ai Giochi di Pechino montò la polemica su Pamela Jelimo, kenia­na, regina annunciata degli 800 me­tri che qui a Berlino è uscita nella se­mifinale della Cusma. La sua voce ro­ca è musica in confronto al tono bari­tonale della Semenya. L’indiana San­thi Sundarjan, argento negli 800 ai Giochi Asiatici 2006, nel dubbio fu privata della medaglia.

Non ci sono più i mostri della Ddr. Andreas Krieger, nata Heidi, costret­ta a diventare uomo dagli steroidi, non abita più qui. Ma c’è un gran ca­os d’anime nel playground del mon­do. Nel golf (Mianne Bagger, operata nel ”95, gioca a golf nel Pro Tour), nella mountain bike (Michelle Duma­resq, canadese transessuale), nel ki­ckboxing (Parinya Kiatbusaba, tran­sgender thailandese), nel tennis (Sa­ra Gronert, 22 anni, tedesco ermafro­dito ora donna, è al centro di un caso perché considerata troppo forte per giocare nel Wta Tour), e chissà quan­te/ quanti non hanno il coraggio di in­traprendere la battaglia di Renée Ri­chards, all’anagrafe Richard Raskind, che nel ”76 portò la Feder­tennis americana davanti alla Corte Suprema per partecipare agli Open Usa. Doppio e sesso misto.

La Iaaf in tarda serata si è fatta più cauta: «Questa persona aveva il dirit­to di partecipare». Né lui né lei. Né she né he. Soltanto Caster Semenya.

Gaia Piccardi