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 2009  agosto 23 Domenica calendario

Francia Le grandi marche dimezzano gli ordini di uva Il caso Champagne Oltre un miliardo di bottiglie in cantina Invendute

Francia Le grandi marche dimezzano gli ordini di uva Il caso Champagne Oltre un miliardo di bottiglie in cantina Invendute. Gli esperti: ora i prezzi giù DAL NOSTRO INVIATO PARIGI – Alla vigilia della vendemmia, tra i lindi vigneti dello Champagne, è scontro al­l’ultimo grappolo. Da una parte 150 case produttrici, dall’altra 15 mila vignaioli sul piede di guerra. Tempi duri: dopo 15 an­ni di botti vuote e bevitori in au­mento, le vendite sono crollate del 23% nei primi mesi del 2009. Con la crisi, c’è poco da stappare. Tra Giappone e Stati Uniti il calo tocca il 60%. Che fanno le grandi Maison (nel 2008, due terzi del fattura­to – ovvero 130 milioni di eu­ro – sono andati ai primi cin­que gruppi guidati dal marchio Moet& Chandon ) per rientrare sui costi? Vogliono risparmiare sull’uva. Un taglio di circa la me­tà rispetto al 2008: da 14 a 7,5 tonnellate per ettaro. I vigne­rons insorgono («Sotto le 10,4 tonnellate non se ne parla») ac­cusando le Maison di voler ap­profittare della crisi per strozza­re i produttori e comprarsi le vi­gne a prezzi stracciati. Paul-Francois Vranken, leader del gruppo Vranken-Pommery, lo va dicendo da qualche mese: «Con le vendite in discesa non possiamo che abbassare le rese alla prossima vendemmia». Ma Patrick le Brun, capo del Synda­cat General des Vignerons de la Champagne fondato nel 1904, a inizio estate aveva già dato l’al­tolà: «In passato abbiamo divi­so i guadagni, ora dobbiamo di­videre le perdite». Per fare una bottiglia di champagne ci vogliono in me­dia 1,2 chili di uva. Nel 2008 il prezzo strappato dai vignaioli è stato di 5,35 euro al chilo. Ora potrebbe scendere a 4,5 euro. Per anni i coltivatori hanno avu­to la zappa dalla parte del mani­co: con un’area di produzione li­mitata a 33 mila ettari, le Mai­son pur proprietarie di grandi estensioni (la principale, Moet& Chandon , possiede 770 ettari) hanno dovuto corteggia­re i piccoli produttori pagando a peso d’oro la loro uva (e persi­no offrendo aiuto nelle vigne). Ora ci sono 1,2 miliardi di botti­glie ferme nelle cantine. Ai rit­mi attuali ci vogliono 4 anni per venderle tutte. La strategia dei grandi marchi che detengo­no il mercato internazionale è chiara. Non hanno partecipato alle svendite low-cost (bottiglie a 10 euro nei supermercati) in Francia e, a sentire gli osserva­tori, non intendono farlo in fu­turo né qui né all’estero. Lo scontro all’ultimo grappo­lo sarà il 2 di settembre quando il Civc (Comité interprofession­nel du vin de Champagne) si dovrà spremere parecchio per arrivare a un compromesso su quanta uva comprare (il resto non verrà buttato ma conserva­to). Il Civc ha un comitato com­posto da 6 vignaioli e 6 rappre­sentanti delle Maison, al di so­pra del quale c’è il commissario governativo. Partita difficile. Bernard Beaulieu, sindaco e proprietario di vigne, dice al­l’Economist che le Maison han­no manovrato per «sottrarci il lavoro». I vignaioli le accusano di aver stoccato bottiglie duran­te la recessione per alternare in loro favore gli equilibri di pote­re. Le Maison giurano di non aver previsto il calo del merca­to, dopo 15 anni di botti vuote e consumatori ubriachi. Michele Farina