Cristiana Lodi, Libero 20/8/2009, 20 agosto 2009
SEI MISTERI CHE DECIDONO IL DESTINO DI STASI
Non c’è un dato certo nel delitto di Garlasco. Un mistero, probabilmente destinato a rimanere senza soluzione. Si è detto fin da subito che Chiara Poggi conosceva molto bene l’assassino, perché quando è stata uccisa indossava il pigiama rosa della notte. Ma perfino questo elemento iniziale si è rivelato una supposizione. Nessuno infatti è riuscito a stabilire se la porta di casa fosse aperta o chiusa quando l’ombra nera è entrata e ha compiuto il massacro. L’ipotesi è che lei possa avergli aperto. Ma un’ipotesi è solo un’idea provvisoria il cui valore resta da accertare. Nel delitto di Garlasco sembra che la verità non possa trovare asilo, perché l’intero procedimento non ha fatto altro che regalare congetture. Teorie che contengono in sé il loro contrario. Il 21 ottobre si tornerà in aula e a ridosso di Natale (si prevede) arriverà sentenza.
Alberto Stasi, fidanzato 25enne della vittima, è il solo imputato e l’unico sospettato in una indagine che ha guardato unicamente a lui. L’accusa ha chiesto il massimo della pena prevista nel rito abbreviato: trent’anni. Ma alla vigilia del verdetto, al posto delle prove, ci troviamo davanti una odiosa e ambigua mescolanza di conferme e sconfessioni. Ciò che sostiene il pm è stato puntualmente invalidato dalla difesa. Tanto che il duplice interrogativo resta: si può condannare uno che potrebbe essere innocente? Si può assolvere uno che potrebbe essere colpevole? «In dubio pro reo», insegna il diritto romano. Ma vediamo quali sono le tesi di accusa e difesa.
Ora del decesso
Cominciamo dall’ora della morte. «Il decesso di Chiara Poggi è da collocarsi tra le ore 10,00 e le ore 12 del 13 agosto 2007; con maggior centratura intorno alle 11-11,30», scrive nell’autopsia il medico legale Marco Ballardini. Non è così per il professore Franco Maria Avato, consulente della difesa: «Il dato non è attendibile. L’autopsia è incompleta. Il corpo della povera Chiara non è stato pesato dopo la morte, perché all’obitorio di Vigevano non era disponibile una bilancia. Per calcolare l’ora della morte è fondamentale capire, oltre al peso, in quanto tempo il corpo si è raffreddato. E per farlo bisogna tenere conto anche della temperatura esterna, cosa che non è stata fatta. Secondo i nostri calcoli la ragazza è stata uccisa tra le 9 e le 10». Alberto ha per quell’ora ha un alibi: alle 9, 50 risponde a una telefonata della madre, che riceve sull’apparecchio fisso di casa. Però c’è il computer a smentirlo. Almeno secondo il Ris dei carabinieri: «sul pc non risulta attività fra le ore 10,37 e le 11,57, mentre lui sostiene di averlo usato fino a mezzogiorno per completare la tesi». Risultato: Alberto poteva essere sul luogo del delitto, perché (come sostiene l’accusa) Chiara è morta verso le 11 e 30. Ai consulenti della difesa risulta tutt’altro: quella mattina Stasi è rimasto a casa davanti al computer fino alle 12 e 20. La prova? Ha scritto ben quattro pagine della tesi di laurea, come dimostra la numerazione delle pagine che da 151 sono diventate 155. Come anticipato ieri da Libero, i periti del gup avrebbero confermato questo risultato.
La bicicletta
Scrive il Ris: sui pedali della bicicletta bordeaux da uomo, in possesso dell’imputato, sono state trovate tre macchioline che per forma e colore potrebbero essere riconducibili a sangue. Stasi fu arrestato e subito scarcerato per questo indizio poi venuto a cadere. Però su quella bicicletta c’è il Dna di Chiara in grossa quantità, osserva l’accusa. Ribatte la difesa: quello sui pedali non è sangue e sull’intera bici non c’è traccia di emoglobina. Chiara vi è salita più volte, per questo è presente il suo Dna. Ancora: una testimone, giudicata attendibile, dichiara di avere visto davanti alla casa della vittima una bici. Ma essa era nera e da donna, non bordeaux e da uomo come quella di Stasi.
L’assassino è il fidanzato, insiste il pubblico ministero: lo provano le sue bugie. Dice di avere trovato Chiara nel sangue e con indosso il pigiama che lui stesso descrive di colore rosa. Ma in fondo a quella scala dove giaceva il corpo senz avita, c’era buio. Alberto non poteva certo individuare il colore dell’indumento. Niente da fare: la luce della cantina era accesa e si poteva vedere bene ogni dettaglio, lo dicono perfino i carabinieri e il medico del 118 intervenuti sul luogo delitto. Inoltre Alberto aveva visto altre volte il pigiama della fidanzata.
Il pm: il pavimento di casa Poggi era ricoperto di sangue, eppure le scarpe di Stasi risultano pulite. Significa che ha ucciso e poi è andato a casa ripulirsi. Ha inscenato la storia del ritrovamento senza però entrare una seconda volta nella villetta del delitto. La difesa: in quella casa si poteva camminare senza sporcarsi, perché la scena descritta dal pm non è quella che ha trovato Stasi. Sono entrati i soccorritori e hanno sporcato ovunque. Di più: quando Alberto è arrivato il sangue era ormai secco e oltretutto le suole sono di materiale idrorepellente.
Sul suo computer sono state trovate migliaia di foto hard, alcune a sfondo pedofilo. Chiara lo ha scoperto la sera prima di morire, arrabbiata ha minacciato di rivelare l’oscenità, per questo lui l’ha uccisa. Fantasie, per la difesa. Le foto erano nel cestino del pc, risalgono al 2006 e inoltre anche sul computer della povera Chiara sono stati trovati siti pornografici che lei stessa consultava.
Il 21 ottobre si torna in aula e parleranno i periti del giudice Stefano Vitelli, che ha ordinato di rifare le indagini.