Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 21 Venerdì calendario

Roma ora è la capitale dei mendicanti. Corriere della Sera, venerdì 21 agosto 2009 Roma è diventata la città dei mendicanti

Roma ora è la capitale dei mendicanti. Corriere della Sera, venerdì 21 agosto 2009 Roma è diventata la città dei mendicanti. Non ne ho mai vi­sti tanti a Napoli, a Palermo e in nessun’altra città italiana. I mendi­canti vengono tutti a Roma, come per un tacito accordo, molti vengo­no anche dall’estero, e occupano le vie e le piazze del centro storico, quelle più battute dai turisti. Li ve­di appena arrivi alla stazione di Ro­ma Termini, li incontri tra il Panthe­on e l’Argentina, tra Piazza Venezia e il Colosseo, tra Piazza Navona e Campo dei Fiori. In genere sostano nei pressi dei monumenti, dei risto­ranti e caffè all’aperto, i più fre­quentati. Se ti siedi in uno di questi luoghi è inevitabile che arrivi un mendicante e tenda la sua mano. Tu stai mangiando o bevendo un caffè, ti senti in colpa e come fai a rifiutare? Solo i turisti, specie quelli del Nord, si voltano da un’altra par­te, o con lo sguardo fisso nel vuoto li ignorano. Sono più insensibili o per la loro mentalità pensano che fare l’elemosina sia immorale? Non so. So però che la differenza tra chi ha e chi non ha è oggi la tragedia del mondo e si riproduce in forme minime quando la mano tesa di un mendicante si avvicina a me e su­scita questi pensieri accompagnati da un vago senso di colpa. Ma do­po pochi minuti arriva un altro mendicante con la mano tesa, e poi un altro, e un altro ancora, e tu di­venti man mano insensibile, infasti­dito, e infine ti rifiuti. Addio nobili pensieri! No, non è possibile dare a tutti. E molti sono nel mondo i pro­blemi irrisolvibili, almeno finora. Quando ti aggiri per le strade del centro impari a distinguere vari ti­pi di mendicanti. Ci sono i profes­sionali e quelli disperati, ci sono gli abbandonati e i rassegnati, gli intra­prendenti e gli orgogliosi, i depres­si e gli ossessi; questi ultimi, da ospedale psichiatrico, ripetono ge­sti convulsi, o parlano tra sé, a vol­te rivolgono ai passanti minacce piene di urla e furore. Ci sono i mi­granti, che si muovono senza pace da un punto all’altro della città, tra­scinando carrelli stracolmi di buste di plastica dove mettono tutta la lo­ro roba come per un trasloco, avan­zi di cibo, stracci, coperte e materas­sini per la notte, cose recuperate dai recipienti della spazzatura. Ci sono poi gli sfruttati che vengono scaricati brutalmente da un furgon­cino su un marciapiede e obbligati a mendicare. Anche questo è un traffico, come lo sfruttamento della prostituzione. Vengono impiegati spesso quelli affetti da deformità fi­siche, che sono costretti ad esibire. Ne conosco uno, un romeno dalla faccia bellissima, che si trascina su un rudimentale carrettino di legno che spinge con una mano e mostra le gambe nude e stecchite e i piedi contorti. Parla a stento l’italiano, e al centro di piazza del Pantheon si sente la sua voce roca che grida a intervalli regolari: «Fate la carità! Fate la carità!». Quando gli do il mio obolo e gli chiedo chi è il suo padrone, risponde: «No padrone, no padrone», con prontezza sospet­ta. Più in là due vigili guardano in­differenti, ormai ci sono abituati a questa Roma - Benares. I neri in generale non chiedono l’elemosina, preferiscono lo scam­bio, ti vendono l’elefantino o il ca­vallo o la giraffa di legno, senza in­sistere troppo. Se invece gli offri un euro lo rifiutano dignitosamen­te. I senegalesi improvvisano sui marciapiedi mostre di borse d’ogni tipo dei grandi stilisti imitate in modo più o meno riconoscibile, e stendono i loro tappetini nei luo­ghi più affollati, sempre in allarme e pronti alla fuga se mai dovessero arrivare i vigili a sequestrare la loro mercanzia. Altri offrono ninnoli e collanine di ogni genere e di ogni provenienza e riproducono in ogni dove il loro souk. Gli slavi portano con sé cani con cui fanno vita in co­mune. Se ne stanno sdraiati sul marciapiede e aspettano con la cio­tolina davanti che qualcuno lasci cadere una moneta. Chissà come danno da mangiare ai loro cani che a volte sono grandi, cani lupo con fame da lupo; ma, come in letargo, se ne stanno quieti e indifferenti, accanto ai loro padroni. Ho notato che i barboni sono quasi scomparsi mentre i mendi­canti sono in aumento. Ne ho visto spesso qualcuno abbandonato co­me corpo morto sul marciapiede, chiuso nel sonno del proprio avvili­mento come chi ha perduto ogni volontà di sopravvivenza, e questo a Roma, in Corso Vittorio Emanue­le, tra il viavai della gente. Di notte stanno nei luoghi più impensabili, quelli appena protetti da un corni­cione sporgente, da una rientranza, da un portico, degli strani giacigli fatti di carto­ni, scatoloni, coperte aggrovigliate, e uno che dorme. Dorme mentre la gente fretto­losa gli passa accanto, mentre i rumori del traffico riempiono l’aria. A volte questi giacigli vengono im­provvisati la sera da­vanti all’ingresso di una banca o di un luo­go pubblico. A piazza Venezia, per esempio, in una rientranza che dà sul bancomat della Banca Nazionale del Lavoro, c’è spesso uno di questi giacigli occupato da un dor­miente. Se devi entra­re per un bancomat devi scavalcarlo, e puoi immaginare con quale animo ritiri il tuo danaro. C’è infine, tra le tan­te, una categoria più pittoresca di questuanti, che non possono esse­re definiti mendicanti, ma gente che per tirare a campare si arrangia come può. In genere costoro si ag­girano davanti al Pantheon, il Co­losseo, il Vittoriano, travestiti da antichi romani. Corazze d’oro scin­tillanti, elmi con cresta esagerata (che «alta sull’elmo orribilmente ondeggia»), tunica rossa, gambali e sandali borchiati, facce tutt’altro che marziali, a dir poco. Certo fan­no pensar male dei nostri antenati. Altro che padroni del mondo! Se erano come questi i padroni del mondo allora addio Storia Roma­na, addio Impero, addio grandezza! Tutto diventa risibile, una comica, specie quando appare tra questi centurioni, canuta e scapigliata, una matrona! Ma c’è sempre qual­che turista di bocca buona, o pron­to alla derisione, che si fa fotografa­re accanto a loro. Un souvenir di Roma. A volte, solitario, assorto, al­l’angolo di una strada un suonato­re di sassofono intona un ritmo jazz, e tu riconosci Gershwin, Cole Porter e la musica della tua giovi­nezza. Raffaele La Capria