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 2009  agosto 20 Giovedì calendario

EFFETTO DOMINO PARTE LA CORSA AL CONDONO


A Washington la loro associazione è già al lavoro con le società di comunicazione e quelle che fanno lobby per cercare di limita­re i danni sui media e nei rapporti col Con­gresso.

Anche se il governo di Berna è riuscito a difendere, entro certi limiti, il principio del segreto bancario e se il governo di Washin­gton ha accettato una procedura complessa per ottenere – in tempi non brevi – i nomi di 4.450 clienti americani titolari di conti Ubs nei paradisi fiscali, l’intesa ufficializzata ieri ha sicuramente una portata storica. Il cli­ma permissivo, il «così fan tutti» sul quale si è adagiato per anni un esercito di ricchi ame­ricani, è svanito all’improvviso.

E Obama – un presidente improvvisamente sotto tiro sulla riforma sanitaria e che in autunno dovrà probabilmente chiedere agli americani altri sacrifici anche sul fronte tributario – potrà almeno dimostrare di aver perseguito con vigore il fenomeno del­l’evasione.

Bastano due numeri a fotografare la situa­zione: in tutto il 2008 appena cento contri­buenti si erano avvalsi del condono per chi ha esportato illegalmente capitali all’estero. Quest’anno i pentiti sono già stati migliaia, nonostante i benefici offerti dalla legge sia­no limitati quasi solo all’eliminazione delle conseguenze penali. In una settimana, a lu­glio, ben 400 contribuenti hanno confessato i loro peccati. E chi si autodenuncia fa, ovvia­mente, anche il nome della banca alla quale si è rivolto: è così che nel mirino sono già finiti una decina di altri istituti, dal Credit Suisse a Julius Baer, dalla Zurcher Kantonal­bank all’Union Bancaire Privée. Ora l’Irs, il fi­sco Usa, potrebbe anche perseguirle, come nel caso dell’Ubs. Ma, anche se non lo farà, un effetto-valanga ci sarà comunque. Anzi è già iniziato e non riguarda solo il comporta­mento dei clienti, ma anche quello degli stes­si istituti: alcuni, come la Kantonalbank di Zurigo, hanno già cominciato a congelare i rapporti con molti clienti americani, proprio nel tentativo di evitare problemi con l’Irs. Al­tri, come Raiffeisen Group e Migros Bank, continuano ad accettare versamenti prove­nienti dagli Stati Uniti, ma impongono requi­siti giuridici più stringenti.

Una vittoria per il fisco americano, ma – come detto – anche una boccata d’ossigeno per la Casa Bianca in un momento assai deli­cato. Obama, che oggi fronteggia un imprevi­sto livello di ostilità dell’opinione pubblica alla sua riforma sanitaria, in autunno subirà certamente altri attacchi per l’esplosione del deficit e del debito pubblico. Sono conse­guenze dirette del costo dei salvataggi di ban­che e assicurazioni e degli stimoli federali, varati per sostenere un’economia che rischia­va di cadere nella spirale della depressione. Ma sono anche numeri che tra breve impor­ranno alla Casa Bianca interventi sia dal lato dei tagli di spesa che da quello dell’aumento delle entrate.

Per adesso l’attenzione della politica ame­ricana è tutta concentrata sulle polemiche che continuano a scandire, giorno dopo gior­no, la discussione sulla sanità. Ma è chiaro che, quando in autunno arriveranno all’ordi­ne del giorno gli interventi per incrementare il gettito fiscale, per Obama sarà fondamenta­le poter dimostrare di aver già fatto cose as­sai concrete per ridurre le aree di elusione ed evasione dei contribuenti più facoltosi che avevano preso l’abitudine di portare i loro ca­pitali all’estero: un impegno che lo stesso presidente aveva preso coi cittadini a mag­gio, quando aveva annunciato la sua offensi­va contro i paradisi fiscali.

Il tema ha anche un suo spessore politico perché per molti contribuenti quella di porta­re soldi all’estero era diventata un’abitudine non percepita come un crimine, negli anni del laissez faire dell’amministrazione di Ge­orge Bush. Gli anni in cui Phil Gramm (l’ex senatore del Texas che durante la campagna elettorale è stato a lungo consigliere econo­mico e ministro del Tesoro in pectore del re­pubblicano John McCain), appena lasciato il Congresso, diventa vicepresidente per l ”inve­stment banking proprio della Ubs. Un cambio di casacca eseguito senza alcun imbarazzo da Gramm che, anzi, l’aveva presentato come un proseguimento della sua missione: «Applicherò nel mio nuovo lavoro i principi per i quali mi sono battuto nell’attività politica ».

Era un clima molto diverso, che ora è cambiato: si volta pagina. Oggi alcuni commenta­tori si chiedono se, vista la sua vasta espe­rienza, Gramm fosse davvero all’oscuro del modo in cui Ubs aiutava i suoi clienti a com­mettere reati fiscali. Ci si chiede anche quali fossero questi principi ispiratori, visto che l’ultima sua iniziativa, da senatore, fu pro­prio quella di bloccare la legge contro i «para­disi fiscali» sulla quale si era coagulato, per la prima volta, un consenso bipartisan.