Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 20 Giovedì calendario

ECCO QUEL ROMBO LONTANO ALLE ORIGINI DELL’UNIVERSO


La voce del Big Bang non è un tuono, ma un mormorio. Lo dicono con certezza quegli scienziati che hanno teso l´orecchio verso le onde gravitazionali nate con l´universo, e non hanno ascoltato altro che il silenzio del cosmo. Tanto eloquente è stato questo silenzio da permettere a ben mille ricercatori di rimodellare la forma del Big Bang e di pubblicare i suoi risultati sulla rivista scientifica Nature proprio in virtù del fatto di non aver scoperto nulla. «Siamo alla caccia delle onde gravitazionali, che Einstein teorizzò nel 1916 e che possono guidare il nostro sguardo fino alle prime frazioni di secondo dopo il Big Bang» spiega Francesco Fidecaro, dell´università di Pisa e dell´Istituto nazionale di fisica nucleare, responsabile scientifico di Virgo, il vertice italiano del quadrilatero di antenne gravitazionali che collega Cascina in Toscana, Hannover in Germania, la Luisiana e lo stato di Washington negli Stati Uniti.
Finora lo studio del Big Bang si basava sull´emissione di onde elettromagnetiche, che hanno iniziato a fuggire dalla materia primordiale solo 380mila anni dopo la grande esplosione. Le onde gravitazionali, con la loro evanescenza, non hanno invece incontrato ostacoli nella fuga e ci parlano direttamente dei primi istanti del cosmo. «Il fatto di non aver ascoltato nulla - prosegue Fidecaro - indica che il Big Bang ha generato meno onde rispetto a quanto teorizzato da alcuni modelli. Ora abbiamo solo bisogno di affinare i nostri strumenti per arrivare a captare queste onde. Gli diamo la caccia da decine di anni». Stesso ottimismo arriva dall´università di Chicago, dove Michael Turner dichiara a Nature: «Da 40 anni ripetiamo che le onde gravitazionali sono dietro l´angolo. Ma per la prima volta oggi abbiamo ragione di crederlo».
Le onde gravitazionali sono increspature dello spazio-tempo che si propagano nel cosmo come i cerchi nello stagno in cui è caduta una pietra. Sono generate da cataclismi come Big Bang, esplosioni di stelle supernovae o collisioni fra buchi neri. Questo almeno ci spiega la teoria, perché di fatto nessuno strumento è mai riuscito a catturare queste striature che viaggiano alla velocità della luce e non interagiscono con la materia. Unico loro effetto: modificare le dimensioni di un´antenna gravitazionale di un millesimo del diametro del nucleo di un atomo. Il telescopio Virgo, come gli altri tre, è capace di misurare variazioni nella lunghezza dei suoi bracci (che si estendono per tre chilometri nella campagna pisana) tanto infinitesime. Ma la sua sensibilità non è ancora sufficiente. Bisognerà aspettare il 2015 perché le antenne di Italia e Usa diventino dieci volte più sensibili, capaci di esplorare un volume di universo mille volte più grande dell´attuale e questa volta finalmente in grado di ascoltare la voce del Big Bang. Fosse anche debole come un mormorio.