Giampaolo Visetti, La Repubblica 19/8/2009, 19 agosto 2009
LA CADUTA DI METROPOLIS
Il cuore del nuovo mondo votato al mercato ora punta sull´Expo Ma con molte ansie
La Borsa, avvezza a macinare record, con i suoi ripetuti scricchiolii adesso erode i capitali
Nel Paese avanzano le critiche contro la megalomania imprudente della "Anversa asiatica"
Sette nuove linee della metropolitana, la nuova città degli affari, il lungofiume costato 750 milioni di dollari, potrebbero non essere mai inaugurati. Uno schiaffo senza precedenti. Del resto nella capitale degli investimenti occidentali, sette nuovi laureati su dieci sono disoccupati. Non riescono più a trovare lavoro 300 mila persone. Dall´inizio dell´anno gli stipendi sono calati del 40%. «I turisti stranieri - dice Li Bingcheng, direttore del dipartimento per la promozione - sono calati del 10%. Le presenze del 45,9. Gli alberghi applicano sconti del 50%. Un record choc, in Cina». Il Comune ha proposto di costruire la più grande Disneyland del mondo. «Potrebbe funzionare - dice Raymond So Wai-Man, docente di finanza della Chinese University - solo se oltre un miliardo di cinesi fosse ricco». Gli shanghaiesi avvertono che qualcosa si è rotto. Da loro continuano a dipendere un terzo delle importazioni estere e un quarto degli investimenti stranieri in Cina. Quattro imprese su dieci però, in sei mesi, hanno chiuso o tagliato la produzione. Il traffico-merci del porto, dopo dieci anni di crescita, nel primo semestre 2009 ha subìto una flessione del 15%. Le banchine sono la fotografia della battaglia asiatica. Migliaia di navi porta-container vuote. «Per la prima volta - dice Huang Xin, vicepresidente dello Shanghai International Port Group - le spedizioni sono in declino. Gli ordini ai costruttori navali segnano un meno 96%. Per il porto è l´anno peggiore». La gente inizia a chiedersi «se Shanghai valga ancora la pena».
Perché, dietro lo skyline a specchio creato dal più impressionante laboratorio di architettura sperimentale della storia, premono i disastri di ogni giorno. La corruzione divora 15 miliardi di dollari all´anno. Oltre 900 grattacieli fanno sprofondare la città di un centimetro all´anno. Ogni giorno, nello Yangzi, finiscono 5 milioni di liquami tossici. L´aria è diventata la più irrespirabile dell´Asia. Il traffico, dopo il salto da 15 a 21 milioni di abitanti, è paralizzato. In luglio le esportazioni sono diminuite del 24,1%. Nei quartieri più eleganti è iniziato l´esodo di giapponesi e sudcoreani, decisi a portare altrove i loro capitali. «Il quadro commerciale - dice Xue Jun, analista della Chanjiang Securites Co. - resta cupo. E, nel breve, un recupero della domanda esterna è improbabile».
Per la sua capacità di intercettare il cambiamento, Shanghai ha accusato il colpo prima e in modo più violento delle altre città cinesi. Il commercio, rispetto al 2008, è a meno 15% e nei primi sei mesi il gettito fiscale è stato negativo. Secondo Weng Jianhua, vice responsabile della commissione municipale per lo sviluppo, il fondo è già stato toccato. Solo gli immobili non frenano la corsa. Finanziati dalle banche gonfie di fondi di Stato, i cinesi continuano a comprare case. «Gli ultimi due complessi - dice Lu Qilin, della Shanghai Uwin Real Estate - hanno stabilito il record di 5.123 euro quale prezzo medio al metro. In una settimana, 300 milioni di euro». Ogni mese passano di mano un milione di metri quadri di palazzi e gli analisti ammoniscono dallo scoppio di un´epocale bolla immobiliare. Perché negli ultimi due anni l´indice di fiducia dei residenti è diminuito del 64,5% e il 90,2% ritiene che «l´onestà ponga in una situazione di svantaggio». Si delinea così una mutazione più intima del primo cliente e consumatore mondiale di creatività, lusso e stile di questo secolo. Sono passati meno di vent´anni da quando Shanghai, per contenere l´ascesa di Hong Kong, è diventata autonoma e il Pudong è stato riconosciuto "zona economica speciale". In meno di un secolo, l´Anversa dell´Asia ha visto nascere il partito comunista, avviare la Rivoluzione culturale, resistere la banda dei Quattro ed esplodere il più sfrenato liberismo. Da Mao a Deng Xiaoping, è sempre stata scelta per sperimentare i "balzi in avanti" della repubblica popolare.
Cemento e azioni non hanno però sconvolto solo le sue campagne trasformate in raccordi, tunnel e aeroporti. «Palazzi e miliardi - dice l´avvocato d´affari Victor Ho - hanno tolto la città dalla Cina e non l´hanno inserita in un´altra civiltà. Chi ci torna, ogni mese, scopre una metropoli irriconoscibile, in equilibrio tra stupore e rimpianto. Ma chi ci vive, vende la propria storia all´ebbrezza dei primati estetici». Fino a quando è piovuto denaro, nessuno si è posto problemi esistenziali. Da qualche settimana invece, sui giornali controllati dal governo, il dibattito è aperto. Salgono le critiche contro la «megalomania imprudente» di Shanghai. Intellettuali di partito osservano che una nazione che ha scelto il patriottismo quale collante sociale «non può più sostenere una città cosmopolita in cui la globalizzazione architettonica ha finito per travolgere ogni traccia di identità e di cultura». I sociologi lanciano l´allarme per una megalopoli in cui metà della popolazione è figlia unica e senza figli: cinque milioni sopra i 60 anni, un terzo dei residenti entro i prossimi dieci. Questa Shanghai invecchiata e borghese, arricchita e ora impoverita dall´Occidente, ha smesso di essere Cina ma non è ancora altro. Nemmeno il capitalismo comunista di Pechino può più controllarla. «E per un debito - ha scritto Fu Jing sul China Daily - inizia ad essere troppo».