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 2009  agosto 18 Martedì calendario

LA CALIFORNIA IN FIAMME PER COLPA DEI NARCOS


I cartelli messicani hanno comprato numerosi terreni per coltivare "erba" e oppiacei

Trentaquattromila ettari in fiamme, migliaia di persone evacuate dalla zona di Santa Barbara, ma non c´entrano il calo torrido né l´afa estiva. Per la prima volta dietro il grande incendio californiano c´è la marijuana. E non le piccole coltivazioni domestiche per il consumo privato, lascito dell´era hippy e del permissivismo sulla West Coast. Polizia e guardie forestali non hanno dubbi: ora sono i cartelli dei narcotrafficanti messicani a invadere la California con le piantagioni di "erba".
Da una settimana duemila vigili del fuoco sono impegnati a combattere l´incendio che ha già distrutto un´area del parco nazionale Los Padres Forest, nella contea di Santa Barbara. Scene "stagionali" che si ripetono dalla California: le immagini di muraglie di fiamme che avanzano divorando foreste, il dispiegamento massiccio dei vigili del fuoco aprono ogni estate i tg americani. Quest´anno però c´è una novità. «L´unità anti-stupefacenti presso lo sceriffo di Santa Barbara - si legge in un comunicato della polizia - conferma che all´origine dell´incendio c´è una coltivazione illegale di marijuana, gestita da una potente organizzazione messicana». Il focolaio iniziale, nella località La Brea, sarebbe partito dalle bombole di gas propano di un gruppo di narcotrafficanti nella loro base clandestina. «Non ricordo un altro caso simile nella storia - dice la comandante dei vigili del fuoco, Jeanne Pincha-Tulley - questa è la prima volta che un grande incendio forestale nasce da una coltivazione di marijuana. E´ tanto più preoccupante per noi, perché la polizia ha la certezza che i narcos sono ancora in zona e girano armati».
Chi non è affatto sorpreso è lo sceriffo di contea, Mike Horne. Da tempo i suoi uomini del reparto antidroga hanno lanciato la denuncia: i cartelli dei narcos messicani invadono intere zone della California, comprando terreni per coltivare marijuana e oppiacei. La ragione, paradossalmente, è il giro di vite nei controlli alle frontiere dopo l´11 settembre 2001. Il traffico al confine di Tijuana è meno scorrevole per le misure anti-terrorismo. I narcos messicani hanno aggirato l´ostacolo, "delocalizzando" la loro produzione più a Nord, vicino al loro mercato di sbocco. Le coltivazioni illegali spesso si appropriano di terreni all´interno delle aree sotto tutela paesaggistica. Su tre milioni di piantine di marijuana sradicate dagli agenti dell´antidroga sul territorio della California, il 70% erano all´interno dei parchi nazionali o in altre zone di proprietà demaniale. E´ una quantità record di marijuana, del valore di 6 miliardi di dollari.
E´ la conferma di un incubo. L´escalation della violenza in Messico, dove intere regioni sono sotto il controllo dei narcos, può attraversare la frontiera e contagiare gli Stati Uniti. La polizia californiana segnala che all´interno di queste piantagioni clandestine ci sono arsenali di armi. Solo nella foresta nazionale Los Padres gli agenti hanno sequestrato negli ultimi mesi kalashnikov Ak-47 e altre armi automatiche. «Non ricordo una sola coltivazione di marijuana - dice lo sceriffo Horne - dove non abbiamo trovato anche delle armi. Questi non c´entrano con i figli dei fiori, questo è traffico di droga su scala industriale, ed è un business indissociabile dall´uso della violenza».