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 2009  agosto 18 Martedì calendario

DA CHERNOBYL AL KURSK LA RUSSIA DEI MISTERI


Una fuga di antrace fu spacciata per carne andata a male

MOSCA – Di alcune catastrofi acca­dute in epoca sovietica ancora sappia­mo ben poco, mentre altre sono venu­te alla luce solamente dopo decenni, come è il caso dell’esplosione nuclea­re di Chelyabinsk, in Siberia, del 1957. Ma anche nella Russia di Vladi­mir Putin i misteri non mancano e il disastro alla centrale di Sayano-Shu­shenskaya non sembra fare eccezio­ne, con le tv di Stato che si ostinano a non dare notizia dell’esplosione avve­nuta nella sala turbine. Nel 2000 Pu­tin rischiò di perdere in una settimana tutta la popolarità che aveva acquisito per arri­vare al Cremlino. Per giorni la marina non disse nulla del­l’affondamento del sottomari­no Kursk e la Russia intera fi­nì per convincersi che la cau­sa di tutto fosse la mania per la segretezza.

Una mania che viene da lontano, come ha dimostrato anche il più grande disastro nucleare della sto­ria che accadde in piena perestrojka. Quando il reattore numero quattro della centrale di Chernobyl esplose il 26 aprile del 1986, i responsabili non dissero nulla per ore ed ore, condan­nando così a morte moltissime perso­ne che finirono contaminate dalla nu­be radioattiva.

Niente a che vedere, comunque, con la reazione dell’Urss di Nikita Khrusciov di fronte al disastro di Chel­yabinsk- 40, una delle città «chiuse» dove si conducevano esperimenti nu­cleari. Solo dopo decenni si è venuto a sapere che un’area di cento chilome­tri fu contaminata dall’esplosione di un serbatoio di scorie e che 10 mila persone vennero evacuate. Settanta­sei milioni di metri cubi di scorie ra­dioattive finirono nei fiumi uraliani, contaminandoli per decenni. Il nume­ro vero dei morti rimane ancora oggi un mistero. Come quello delle vittime della fuga di antrace da un laborato­rio chimico segreto a Sverdlovsk, sempre nella stessa regione siberiana, il 2 aprile del 1979 (Era Brezhnev). Per anni le autorità continuarono a so­stenere che le morti erano dovute a una partita di carne andata a male messa in vendita nella zona. Le vitti­me ufficiali furono un centinaio, ma anche questa cifra è assolutamente inattendibile.

Il segreto, la politica del negare ogni cosa, erano insiti nella natura stessa del potere sovietico. Nella cor­sa allo spazio, gli incidenti furono molti, ma non vennero mai annuncia­ti ufficialmente. Come quando nel 1960 un razzo diretto verso Marte si disintegrò sulla rampa di lancio a Bajkonur uccidendo decine di perso­ne. E vediamo che anche nella vicen­da della misteriosa nave scomparsa e poi ricomparsa nell’Atlantico, la Arc­tic Sea, il vecchio vizio sembra duro a morire.

D’altra parte, nella Russia succeduta all’Urss questa prassi non è mai stata abbandonata. Nel caso del Kursk, si è poi appurato che i vertici militari na­scosero per alcune ore l’incidente an­che al loro Capo supremo, il presiden­te Putin. E ancora oggi continuano a negare che la causa del disastro fu l’esplosione a bordo di siluri vecchi e tenuti male. Accu­sano un sottomarino fantasma degli Stati Uniti che, secondo loro, stava se­guendo segretamente le manovre del­la flotta russa. Gli esperti britannici e norvegesi che alla fine intervennero fu­rono costretti a minacciare di sospen­dere le operazioni per sapere cosa era accaduto fino a quel momento.

Nel 2002 quando un gruppo di terroristi ceceni prese in ostaggio centinaia di persone nel teatro Du­brovka di Mosca, le truppe speciali intervennero con successo addor­mentando terroristi e spettatori con un gas segreto. I militari fecero irru­zione, freddarono le donne kamika­ze sedute in platea con cinture di esplosivo e poi eliminarono anche gli altri terroristi. Tutto bene, solo che i vertici militari si erano guardati bene dall’informare i responsabili sanitari di quello che stavano per fare.

Così dopo la brillante operazione delle squadre speciali, 129 ostaggi mo­rirono soffocati perché nessuno era lì a soccorrerli e a farli riprendere dal gas. Poche settimane prima i terrori­sti avevano fatto saltare in aria due ae­rei con 90 persone a bordo.

Due donne si erano imbarcate con in­dosso cinture esplosive. Le autorità par­larono di incidente fino a quando il fat­to che i due «disastri» erano avvenuti a distanza di pochi minuti non rese asso­lutamente credibile questa versione.

Ma il vizio di «coprire» ogni cosa non riguarda solo eventi che hanno un risvolto politico. Dalle dighe agli impianti nucleari e perfino agli oleo­dotti. Tutto in Russia è coperto da se­greto, fino a prova contraria.

Per il Cremlino, sono sempre que­stioni di sicurezza nazionale.