Piero Bianucci, La stampa 18/8/2009, 18 agosto 2009
KEPLERO E GALILEO AMICI IMPOSSIBILI
L’Onu ha proclamato il 2009 Anno dell’Astronomia perché quattro secoli fa Galileo per la prima volta puntò al cielo un cannocchiale. però giusto dire che il 1609 è anche l’anno in cui Giovanni Keplero pubblica l’Astronomia nova, dove spiega che le orbite dei pianeti sono ellittiche, colpo mortale al sistema tolemaico. Succedeva a settembre, il quarto centenario vicino.
Galileo cambiò la nostra immagine dell’universo. Ma non volle mai abbandonare le orbite perfettamente circolari di Aristotele e Tolomeo neanche davanti all’evidenza che non funzionano. Keplero si muoveva a tentoni tra scienza e magia. Ma rigettò le orbite circolari, mise alla prova orbite a forma di uovo, vide che non andavano bene, e infine scoprì che in realtà sono ellittiche rovesciando il punto di vista, operazione tipica del genio: immaginò di osservare il moto della Terra da Marte, anziché il moto di Marte dalla Terra.
Galileo e Keplero non erano fatti per capirsi. Quando nel 1609 Galileo riceve una copia dell’Astronomia nova fresca di stampa, la sfoglia appena e poi la mette da parte senza neppure inviare all’autore una risposta di cortesia. Lo farà soltanto quattro mesi dopo, ma ignorando l’implorazione di Keplero che gli chiedeva uno di quei cannocchiali che il pisano costruiva e vendeva in quantità. Intanto Keplero inventa un nuovo tipo di telescopio senza menarne vanto né farne commercio, divulga i logaritmi, pone le basi del calcolo infinitesimale, sviluppa la teoria dei poliedri, formula la congettura sull’impilamento delle sfere che verrà dimostrata solo nel 1998 con l’aiuto del computer, abbozza la legge di gravità e intuisce la causa delle maree, tema sul quale Galileo ha idee del tutto sbagliate.
Per apprezzare la grandezza di Keplero si può leggere la biografia che ne ha scritto Anna Maria Lombardi (ed. Codice). Ma forse ancora più interessante è Il sogno di Keplero, curato dalla Lombardi per l’editore Sironi. Nel Somnium Keplero immagina che creature lunari osservino la Terra dal loro punto di vista. Trovata geniale per mettere in discussione la prospettiva antropocentrica, e quindi geocentrica, della vecchia cosmologia di Tolomeo. La storia del Somnium è così lunga che neppure l’autore ne vide la fine. Già nel 1593, quando era studente all’Università di Tubinga, Keplero scrive L’astronomia lunare, un saggio su come apparirebbe il cielo a chi si trovasse sulla Luna. Gli appunti restano in un cassetto. Nel 1609 Keplero li trasforma in un racconto di fantascienza. Ma ancora una volta non va alle stampe. Sono gli anni in cui la madre di Keplero finisce sotto processo per stregoneria e il figlio non vuole aggravare la posizione propria e quella materna con un testo eretico. Dal 1621 al 1630 Keplero torna però a lavorare sul Somnium corredandone le poche pagine con 223 puntigliose note, un commento tre volte più lungo del testo.
Nel 1630 Keplero muore e la sua fatica, durata 38 anni, rimane ancora nell’ombra fino all’8 settembre 1634, quando il figlio Ludovico, laureando in Medicina, lo pubblica con dedica al landgravio d’Assia.
Keplero descrive la Luna come un pianeta simile alla Terra e non come la sfera levigata degli aristotelici. In più, la sua Luna risponde a una fisica che anticipa i concetti moderni di forza, inerzia (è Keplero a introdurre la parola) e gravità, qui ancora concepita come una forma di magnetismo, ma capace di produrre le maree.
L’aspetto più affascinante del Somnium è il ribaltamento del punto di vista. Alla nota 146 scrive: «Tutti strepitano che il moto delle stelle intorno alla Terra è evidente agli occhi di chiunque, come pure lo stato di quiete della Terra stessa. Io ribatto che agli occhi dei lunari risultano invece evidenti la rotazione della nostra Terra, e anche l’immobilità della Luna». un «eppur si muove» alla Keplero, un inno alla ragione, all’osservazione e all’analisi teorica che non ci aspetteremmo dal figlio della fattucchiera.
La descrizione di come dalla Luna si vede la Terra è istruttiva ancora oggi. Capita spesso di leggere che gli astronauti fotografarono il sorgere della Terra sull’orizzonte lunare. Errore grave. Dato che la Luna compie una rotazione su se stessa esattamente nel tempo in cui completa una rivoluzione intorno alla Terra, il nostro pianeta non sorge né tramonta ma si mantiene stabile nel cielo visibile dal lato della Luna rivolto verso di noi. Detto con le parole della nota 127: «Poiché la Luna volge sempre le stesse macchie verso la Terra, la linea che congiunge tra loro i centri di Terra e Luna interseca la superficie lunare sempre nella stessa macchia e coloro che vivono in quella macchia hanno sempre la nostra Terra sulla verticale».
Mentre Keplero è pronto a riconoscere i meriti di Galileo e a imparare da lui, Galileo si rivolge a Keplero solo se ne ha un tornaconto, come quando gli sollecita – e subito ottiene – una lettera di approvazione al Sidereus nuncius. Nei comportamenti privati e nella vita sentimentale Galileo è tutt’altro che irreprensibile. La storia con la veneziana Marina Gamba e due figlie naturali frettolosamente sistemate in convento sono lì a dimostrarlo. Sappiamo anche che Galileo frequentava con disinvoltura luoghi di piacere: scrisse il poemetto Contro il portar la toga proprio perché gli dava fastidio essere riconosciuto come docente universitario durante le sue scappatelle.
A bilanciare questi trascorsi c’è l’amore crepuscolare per Alessandra Bocchineri, rievocato da Paolo Scandaletti in Galileo privato (ed. Gaspari). Alessandra era sorella di Sestilia, la moglie di Vincenzio Galilei, il figlio nato da Marina Gamba che Galileo aveva riconosciuto. La famiglia Bocchineri era ricca e di buona fama. Vincenzio aveva conosciuto Sestilia grazie all’amicizia che suo padre Galileo aveva con Geri Bocchineri, fratello di Alessandra e Sestilia, addetto alla segreteria del Granduca di Toscana.
Quando, nell’estate del 1630, si innamora di Alessandra, Galileo ha 66 anni e molti acciacchi. Lei è una bella trentenne ma non le manca l’esperienza: uno dopo l’altro, tre mariti (nell’ordine, Nati, Rasi e Buonamici) l’hanno già lasciata vedova, ha frequentato la corte ducale di Mantova e ha vissuto a Vienna. Abituato ad apprezzare soprattutto la carne, Galileo in Alessandra scopre il fascino dell’intelligenza femminile. Di lei scrive, dopo vari incontri ad Arcetri: «sì rare si trovano donne che tanto sensatamente discorrino». Alessandra subisce il fascino dello scienziato ma poi saggiamente si ritrae. A pochi giorni dalla morte, Galileo le porge un invito estremo, che lei respinge con gentile imbarazzo per «non dare scandalo o gelosia». Galileo risponde: «Le bacio con affetto cordialissimo le mani». il Natale del 1641. Morirà l’8 gennaio.